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Gran Bretagna: dati sulla sicurezza stradale

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Gran Bretagna, si attenua la striscia di sangue I morti calano sotto quota 2.000, i feriti si fermano a quota 208.000

Si guida dal lato opposto, ma i dati vanno per il verso giusto. Sgombriamo il campo da equivoci: tra Italia e Regno Unito si parla la stessa

lingua in fatto di sicurezza stradale. Il 2010 è stato infatti un comune anno di giubilo, con incidenti in calo sia Oltremanica che al di

sotto delle Alpi. Se in Italia gli schianti dell'anno passato si sono fermati a 207mila, giù del 3,9 percento secondo i dati Istat, in Gran

Bretagna il calcolo dei crash tiene conto anche di quei sinistri non rilevati dalle forze dell'ordine, che, a sentire l'Annual Report del

Dipartimento dei Trasporti inglese, si aggirerebbe sui 730mila. Questi, hanno portato sui registri 208mila feriti, contro i "nostrani"

296mila. Stime che rivelano i grandi passi in avanti dell'ultimo decennio dal Paese guidato prima dai Laburisti e oggi dai Conservatori. È

infatti il dato comparato della mortalità a ricordarci che, dalle nostre parti, come Asaps insiste da tempo, c'è ancora molto da fare

riguardo la prevenzione: se i morti nel Belpaese hanno sfiorato quota 4mila, nella patria della Regina Elisabetta si sono fermate a 1850. Il

rapporto è insomma più felice in Gran Bretagna: in casa nostra, nonostante i trend positivi degli ultimi anni, si viaggia ancora a ritmi

preoccupanti di quasi un decesso ogni cento feriti. Là dove si marcia sulla corsia di sinistra, invece, hanno buone ragioni per esultare:

rispetto al periodo 1994-98, ad esempio, le vittime sono calate del 48%, dato superiore alla media europea, ma non ancora sufficiente per

tagliare il traguardo del dimezzamento ai sinistri fatali (ma loro sono partiti da una cifra già molto bassa). Il traguardo è comunque a

portata di mano, come, del resto, per gli Italiani, appena più indietro al 43% di vite salvate sulle strade. Il tetto inglese è ancor più

confortante, però, se si tiene conto del massiccio incremento di traffico avvenuto lungo le arterie britanniche: il 13% di veicoli in più si

mettono ogni giorno in movimento da quindici anni a questa parte. Oltre le scogliere di Dover, sono le strade di campagna il teatro preferito

degli incidenti (62%), segno che, un po' dappertutto, i controlli sulla velocità portano sì ottimi frutti, ma non devono finire col

cancellare dall'agenda la manutenzione delle carreggiate, da sempre il primo pericolo per gli automobilisti più irresponsabili. E veniamo al

triste capitolo delle stragi giovanili: anche per i teenager inglesi, nella giungla del traffico si disputa una battaglia cruenta, con un

decesso su quattro tra i 15 e 19enni che avviene sull'asfalto. I neopatentati vittime della strada rappresentano ancora il 24% della striscia

di sangue sui veicoli anche in Gran Bretagna, benché il dato sia in calo rispetto al 2009. Altro killer spietato, come noto, è sempre l'

alcool: Oltremanica il 5% dei feriti in collisioni tra mezzi di trasporto ha visto coinvolto un pilota con il gomito un po' troppo alto. I

morti, invece, sono stati 250 nel 2010. In generale, comunque, si può dire che anche sotto la "Union Jack" la guida distratta resti una delle

trappole preferite degli automobilisti: sommando i fattori, siamo al 61% globale in fatto di incidenti causati da disattenzioni al volante.

Infine, un accenno ai costi, macigno che grava sulle collettività di tutti gli Stati più evoluti: in Italia, per dire, si naviga a circa 30

miliardi di euro annui. La musica, purtroppo, non cambia di molto nelle strade d'Inghilterra: 15 milioni di sterline, circa 5 miliardi in

meno rispetto al salato conto nostrano. Per chiudere, l'Asaps non può tralasciare come una volta di più si confermi come la sicurezza

stradale sia tutto fuorché materia governata dal caso. Al contrario, si tratta di un campo dove politiche ben congeniate e scelte individuali

improntate alla responsabilità possono, anzi devono unire le forze, per debellare finalmente questa piaga infinita che non ammette confini.

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)