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Hcv: nuovi farmaci nel labirinto della burocrazia

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Hcv: farmaci nel labirinto della burocrazia
Per immettere un nuovo farmaco sul mercato sono necessarie le procedure di due commissioni dell'Aifa con 14 passaggi formali. E intanto i pazienti aspettano


Una stima di circa 1.500.00-1.800.000 portatori del virus e di 230 mila persone con cirrosi; ogni anno più di 11 mila morti per cirrosi e tumori epatici e almeno 500 trapianti di fegato. Sono alcuni numeri del virus dell'epatite C (Hcv) in Italia, di cui si è parlato ieri a Roma, in un incontro promosso da I.think, un "think tank" che si occupa di ricerca scientifica e innovazione. Numeri che, tra l'altro, ci fanno conquistare il non invidiabile primato in Europa per numero di persone con Hcv: una piaga che ha importanti conseguenze dal punto di vista medico, sociale ed economico per il Servizio sanitario nazionale.


Quest'ultimo, come ha ricordato Ignazio Marino, presidente di I.Think, per le epatiti spende ogni anno circa 900 milioni di euro, senza contare i costi indiretti per la società dovuti alla perdita di produttività di chi si è ammalato. E questo nonostante solo il 2% delle persone malate sia assistito in maniera efficace. «Ma i protocolli terapeutici, nella maggioranza dei casi, non consentono la guarigione del paziente, anche per i ritardi nella disponibilità di farmaci innovativi. I Paesi europei - ricorda Marino - hanno una metodologia abbastanza consolidata per valutare l'innovazione di una molecola e avviare le procedure di determinazione del prezzo e della rimborsabilità. In Italia, invece, la procedura negoziale, dopo l'approvazione da parte dell'Agenzia europea (Ema), si basa sulle procedure di due commissioni dell'Aifa piuttosto complesse e rigide con 14 passaggi formali, spesso rallentati da rinvii tra le due commissioni, per cui il tempo per l'accesso degli ammalati alle nuove molecole si allunga inesorabilmente».


Marino, che è anche presidente della Commissione d'inchiesta del Senato sul Ssn, porta l'esempio di farmaci innovativi come boceprevir e telaprevir: negli Stati Uniti sono disponibili da due anni, in Inghilterra, Germania e Francia dall'estate del 2011, in Spagna dall'ottobre di quello stesso anno. «In Italia non è immaginabile arrivino prima del 2013. Un ritardo non giustificabile - sostiene il senatore - soprattutto se pensiamo che per molti può rappresentare la differenza tra la vita e la morte».


Attenzione, però, avverte da parte sua Raffaele Bruno, che dirige il reparto di malattie infettive del San Matteo di Pavia, perché, se anche questi medicinali permettono di aumentare sensibilmente il numero delle persone che possono guarire, non saranno questi che ci faranno sconfiggere l'Hcv: la vittoria sul virus, ha precisato, potrà forse arrivare con le "generazioni" successive, quelle di farmaci pangenetici e interferone-free. Il che non significa, ovviamente, che non si debbano rendere disponibili i farmaci più innovativi che la ricerca scientifica può fornire già oggi. Anche perché, come fa notare Francesco Saverio Mennini, professore di Economia sanitaria alla facoltà di Economia dell'Università romana di Tor Vergata, i benefici di una terapia appropriata sono senz'altro apprezzabili nel medio-lungo periodo non solo in termini di salute e qualità di vita, ma anche dal punto di vista economico, con risparmi importanti in termini di costi diretti e indiretti.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)