I consumi considerati naturali dai ragazzi post- moderni e omologati
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Cecilia Cristofori: bevono perché è l'unico stile di vita in cui ci si riconosce e si è riconosciuti
IL MESSAGGERO
Più di un terzo si è ubriacato nell'ultimo mese. Sette su dieci si "fanno" una birra abitualmente fuori dai pasti, seguiti da quei cinque che si concedono uno shottino di rhum a metà pomeriggio. L'età di questi utenti del bancone? Quella di studenti di scuola media superiore e della formazione professionale: dai 14 ai 19 anni. Un'analisi impietosa e preoccupante, che rientra ne "I giovani adolescenti in Umbria", indagine realizzata dall'Agenzia umbra ricerche. In duemila hanno risposto al questionario su culture, stili di vita e relazioni: e il consumo di alcol rientra in tutti questi aspetti. «Il bere, insieme alla musica - conferma Cecilia Cristofori, sociologa e responsabile scientifica della ricerca -, fa parte della cultura del tempo libero degli adolescenti, quello passato insieme ai coetanei. Insieme, sempre connessi tra loro, in una comunità di stili di vita e di consumo in cui, solo, ci si riconosce e si è riconosciuti». Omologazione , quindi, ma non solo. Anche voglia di stare meglio, di superare i propri problemi, l'esigenza di lasciarsi andare. Sono questi i motivi principali per cui gli adolescenti umbri dicono di bere. Insomma, un carburante dello stare insieme agli amici, che ha, in qualche modo, un "uso relazionale" per divertirsi e la connotazione di un aiuto, di "uso utile" se riguarda il sentirsi o lo stare meglio. Con sé e con gli altri. Analisi da brividi , in un'epoca in cui gli amici si contano a centinaia su Facebook e per stare in compagnia ci si "deve" ubriacare.
Analisi, poi, che non fa troppe differenze tra i sessi: è vero, magari le ragazze bevono più volentieri un soft drink piuttosto che la vodka liscia come i compagni di classe, ma i numeri restano preoccupanti. In generale, ad esempio, il 70,9 per cento degli studenti delle medie superiori bevono abitualmente soft drink (magari un gin lemon o un coca e rhum) fuori dai pasti. Percentuale che sale al 74,2 nel caso di studenti della formazione professionale appassionati di birra lontana da pranzo o cena. «Nell'epoca che io definisco dei "primi nativi post moderni" - conclude Cristofori -, in cui gli adolescenti sono sempre connessi tra loro, tra cellulari e social network, questo tipo di consumi, per la prima volta, sono vissuti come "naturali". E' la prima generazione a cui accade. Gli aiuti? Dalla nostra analisi è emersa anche la necessità di un aiuto psicologico. Ma la questione non può essere posta in modo isolato: è necessario invece penetrare nei circuiti degli adolescenti e nelle loro forme aggregative». In altre parole, il cambio di passo, più che dalla famiglia, potrebbe venire proprio dalla scuola.