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I farmacologi: "Il ministro sbaglia, non classifichi. Ma troppi automobilisti usano ansiolitici"

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MARCO ACCOSSATO
TORINO - C'è un altro cocktail che minaccia i riflessi degli automobilisti, e non sta in un bicchiere. Un nemico forse più subdolo dell'alcol, perché poco conosciuto e quasi per nulla indicato dai medici. Lo dice il ministro Zaia - nel suo ruolo di strenuo difensore del vino - concorda più di un farmacologo: psicofarmaci, ansiolitici e antidepressivi possono avere un effetto più devastante di un bicchiere di vino di troppo. «Ma attenzione a non fare classifiche, se vogliamo davvero responsabilizzare i nostri ragazzi e insegnar loro a non eccedere», mette in guardia il farmacologo Silvio Garattini. E se da un lato «c'è un abuso di prescrizioni di questo genere di medicinali», dall'altro «i dati più preoccupanti dicono che in certe sere ambulanze e pronto soccorso sono mobilitati per salvare la vita proprio a giovani ubriachi». Vino e superalcolici molto peggio dei farmaci.
Le palpebre si appesantiscono, gli occhi si chiudono, i muscoli si rilassano. Basta un attimo: la stanchezza è fra i principali killer di chi è alla guida. E all'origine del classico colpo di sonno i farmaci non sono al primo posto. Più massiccio l'uso di droghe. Uno studio recente del Center for Injury Sciences dell'Università dell'Alabama di Birmingham rivela tuttavia che almeno il 95 per cento delle persone oltre i 55 anni soffre di una o più malattie, e il 78 per cento di esse assume costantemente uno o più medicinali. Ma solo una persona su quattro, fra chi è in terapia, è consapevole dei rischi che comporta il mettersi alla guida dopo l'assunzione di farmaci che possono alterare non la coscienza e i riflessi. Su 630 persone fra i 56 e i 93 anni, ricercatori americani hanno scoperto che solo il 18 per cento dei pazienti riceve avvertimenti da parte del medico curante sui potenziali effetti dei farmaci in termini di «potenziale compromissione del guidatore».
Sulle nostre strade e autostrade la polizia non ha in dotazione kit per misurare se un automobilista è sotto l'effetto potenzialmente pericoloso di antidepressivi o altri farmaci che stravolgono la percezione delle distanze e della velocità. «I medicinali nel sangue - in ogni caso - non sarebbero facilmente individuabili come droga e alcol». Stabilire una dose limite di pastiglie è difficile. «Praticamente impossibile», dicono gli esperti. Nel vino, come nell'uso di ansiolitici, antidepressivi e sedativi, «molto dipende dal metabolismo, dal peso, dall'abitudine, dalla risposta del singolo organismo». Sotto accusa non solo i sedativi, ma anche gli antistaminici impiegati per ridurre i sintomi delle allergie: motivo per cui Federasma, in collaborazione con l'Aci, ha dato vita in Lombardia al progetto chiamato «Guidare (con) l'allergia», campagna di sensibilizzazione per scongiurare che chi si siede al volante diventi un pericolo per sé e una minaccia per gli altri.
Il dottor Mario Giaccone, presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Torino, punta il dito su un altro rischio: «Troppe persone cambiano terapia senza rivolgersi al medico, riducono le dosi dei medicinali prescritti appena hanno la sensazione di star meglio, per poi aumentarla quanto sintomi e disturbi ricompaiono». Anche questo è un pericolo in più. Tolleranza zero. C'è chi la invoca per l'alcol, chiedendo di abbassare ulteriormente i limiti. Nessun bicchiere, nessun pericolo sulla strada. Contro i rischi da medicinali, farmacologi e farmacisti concordano: «I medici di famiglia devono essere coinvolti più direttamente nell'educazione di chi guida essendo sotto terapie». Vale per tutti, giovani e meno: «E' indispensabile spiegare quanti e quali sono i potenziali effetti di certe sostanze sul cervello e sulle funzioni cognitive».