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I giovani e l'uso di alcol: parla lo psichiatra

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Indagine White Lady, consumo di alcool pratica consueta tra i giovani


I dati resi noti dal progetto White Lady, realizzato a cura del Dipartimento delle Dipendenze dell'Asp di Reggio Calabria, di certo allarmanti, non rendono purtroppo la reale portata del fenomeno su scala nazionale, e nella nostra stessa città.


Il consumo di alcool è pratica consueta della maggior parte dei giovani adolescenti, quindi anche al di sotto dei 16 anni, che individuano il drink come "collante" delle serate in giro tra i locali.


Un fenomeno supportato dal basso costo dei drink di cui possono disporre, e dall'elevato indotto socio-ricreativo e disinibente, che gli stessi ragazzi individuano nelle risposte date ai test somministrati durante il progetto


Gli indicatori clinici di cui sono a conoscenza supportano pienamente il dato epidemiologico di genere rispetto all'utilizzo di alcool.
Si pensi che, ad esempio, il 31 % delle ragazze, marca in maniera preoccupante la tendenza, che sta prendendo piede ormai anche qui in Italia dagli Stati Uniti, ad utilizzare il drink come surrogato di pasto, ottenendo come beneficio secondario non solo il "vantaggio sociale" percepito nelle relazioni interpersonali, ma purtroppo anche la minore necessità di acquisire cibo appannaggio della ricerca di perder peso, saltando spesso pasti completi, cosa che indirizza lo stesso distorto utilizzo dell'alcool identificandolo quindi come disturbo simil anoressico sotto-soglia (la cosiddetta drunkoressia).


Il sistema sociale per altro non facilita gli educatori a combattere il fenomeno, anzi, la creazione e l'incentivo di modalità aggregative quali l'happy hour, anche per lo stesso e solo principio di emulazione, facilita la distorsione cognitiva sociale che mette l'adolescente nella condizione di ricercare il drink quale oggetto "transazionale" indispensabile all'interno di qualsiasi contesto di gruppo.


Purtroppo, rimane scarsa la percezione del rischio diretto ed indotto sulla psicopatologia da parte dei giovani che consumano alcool, in termini sia cognitivi, sia della sfera emotiva. Questo, nonostante i canali nei quali si rischia di entrare (delinquenza, problemi legali), sia in forte aumento la popolazione under 18 che da "poliabuser", ossia con abuso di più sostanze (in preferenza marjuana, alcool e cocaina), arriva portata dai genitori nei servizi pubblici e nei centri specializzati sulle addiction e necessita di approcci integrati e di rete per monitorare condizioni cliniche, psichiche, sociali.


Le evidenze psicopatologiche ci dicono che siamo di fronte a personalità con alta labilità emotiva e nelle quali l'indotto sociale del vuoto, volutamente instillato e distorto dal naturale percepito di mancanza, acquisisce il primum movens: il vissuto prevalente dei giovani adolescenti di oggi è la noia e l'insensatezza esistenziale, che viene riempito con l'oggetto inebriante (alcool), funzionale a colmare il vuoto della pulsione, con l' illusione che, come accade nella bulimia ed in altre dipendenze patologiche additive (internet addiction, gambling bulimia), possa esser colmato.


Dottor Vincenzo Maria Romeo

Professore di Psicologia Sociale presso l' Università "Dante Alighieri "di Reggio Calabria


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)