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I meccanismi di dipendenza da cibo

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I meccanismi di dipendenza da cibo


Sara Del Papa

Basi per una migliore comprensione dei motivi per cui mangiamo troppo


La dipendenza è l'alterazione del comportamento che da semplice o comune abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi o sostanze o comportamenti che sfociano nella condizione patologica, ossia perdita di capacità di un controllo sull’abitudine. Cos'è che ci spinge a diventare dipendenti?


Durante la sua evoluzione, da sempre l’uomo ha assunto sostanze in grado di causare dipendenza, presenti nei cibi. La dipendenza da cibo è una dipendenza basata su un meccanismo neurofisiologico comune anche a quello delle sostanze d’abuso, come trattato nell’articolo "Come la dipendenza da sostanze può aiutarci a comprendere l’obesità".


Si tratta di una compulsiva ricerca del piacere guidata da un eccessivo funzionamento di una regione del cervello e non adeguatamente controllata dai freni inibitori.


Alla base del meccanismo fisiologico esiste un sistema cerebrale chiamato sistema mesolimbico dopaminegico, la cui stimolazione porta a rilascio di dopamina, chiave del piacere, nelle aree target. L’asse centrale del circuito del piacere è costituito dai neuroni dopaminergici dell’area ventrale tegmentale (ATV – 1).


Essa proietta i propri assoni verso le aree target come nucleus accumbens, amigdala, ippocampo, corteccia prefrontale e striato dorsale. I neuroni della ATV ricevono anche informazioni di tipo elettrochimico da altre aree del cervello, in particolare dal fascicolo presencefalico mediale e dal nucleus accumbens.


Tale sistema del piacere o del reward viene attivato fisiologicamente da stimoli come cibo, attività sessuale, ascolto di una sinfonia, successo atletico, cure parenterali, ma viene anche stimolato da comportamenti ad alta carica emotiva come gioco d’azzardo e assunzione di alcune sostanze psicoattive.


Studi scientifici hanno mostrato come, collocando un elettrodo registrante nell’ATV del cervello di un ratto, si rileva un’impennata dell’attività neuronale quando il ratto comincia a mangiare e tramite l’innesto di sonde biochimiche nelle regioni target dei neuroni della suddetta area, si è scoperto che l’assunzione di cibo induce il rilascio di dopamina.


Curva simile si è potuta registrare dopo somministrazione di sostanze d’abuso, come la cocaina, a testimonianza della sovrapposizione della circuiteria cerebrale (così come espresso nel già citato articolo sul parallelismo tra dipendenza da sostanze e obesità).


La sovrastimolazione del circuito del piacere porta ad alcuni adattamenti neurobiologici che inducono alla ripetizione sempre più frequente (e possibilmente più intensa) del comportamento che ha portato alla stimolazione del circuito stesso.


Studi genetici mostrano che alcune mutazioni puntiformi sono correlate con la tendenza ad ingrassare così come con la tendenza a sviluppare dipendenza da sostanze. Oltre ai fattori genetici, rientrano anche fattori psicologici, sociali, culturali ma bensì anche ambientali.

 

Per quanto riguarda i fattori ambientali, è l'appetibilità degli alimenti (caratteristica largamente diffusa nella società "obesogena" attuale e con la quale giocano la maggior parte delle industrie alimentari di oggigiorno, vedi articolo sul food marketing) che viene correlata con il rischio di dipendenza.


Esiste una scala delle proprietà gratificanti degli alimenti che va da quella più gratificante (che attiva maggiormente il circuito del piacere) e queste proprietà sono: il gusto dolce, il contenuto di lipidi, il contenuto di amidi, la densità calorica, il contenuto di sale, il glutammato libero e l’assenza dell’amaro.


Ma perché diventiamo dipendenti?


La dipendenza che si crea fa sì che noi "impariamo" a ricercare sempre quel cibo, considerandola così una forma di apprendimento che ha origini evoluzionistiche.


La dieta umana delle origini variava a seconda dei differenti habitat in cui vivevano i gruppi, ma aveva caratteristiche di fondo comuni: era per lo più vegetariana, con pochissimi grassi e pochissimi zuccheri. I sapori dolci venivano sperimentati di rado (solitamente quando si mangiava frutta matura o miele selvatico), la carne era un lusso raro e di solito, quando si riusciva a procurarsene un po’, era molto magra. I sapori salati erano pressoché sconosciuti a chi viveva nell’entroterra e solo pochi alimenti a elevata umidità e con un alto contenuto di olio potevano essere masticati e ingoiati velocemente. Inoltre, è importante sottolineare che in molto luoghi le carestie erano frequenti e intermittenti, e perciò quando si avevano a disposizione cibi grassi e dolci ad alta densità energetica, bisognava mangiarne in abbondanza per sviluppare una riserva di grasso corporeo in vista dei tempi più duri.


Questa "dieta antica" ci ha predisposti fin dalla nascita ad apprezzare particolarmente determinati sapori ed odori, soprattutto quelli dolci e grassi e infine anche i salati, collegati alla sopravvivenza della specie.


La varietà alimentare è obesogenica

Come giustamente sottolineato dal Dott. Tortora in "Non siamo fatti per mangiare carne", il successo di varie "strategie" dietetiche è dovuto soprattutto alla riduzione della varietà alimentare con conseguente maggiore senso di sazietà e minori possibilità di sovralimentarsi. È stato infatti notato che quando si nutrono di alimenti dolci e grassi, sia gli esseri umani che i ratti, infatti, mostrano un’attivazione maggiore dell’area ventrale tegmentale (ATV) e un conseguente maggior rilascio di dopamina nelle sue regioni bersaglio.


Come per la cocaina, il cui effetto è diverso a seconda che venga masticata o iniettata, anche questa dieta potrebbe riflettere i diversi profili di concentrazione del glucosio (o di altri segnali legati al cibo) trasportato al cervello: gli stimoli piacevoli più rapidi e intensi sono quelli più gratificanti e che inducono maggiore dipendenza.


È curioso notare che la combinazione di zuccheri e grassi (come sottolineato nel libro Salt, Sugar, Fats) comporta un altissimo rischio di dipendenza, poiché induce nel circuito del piacere una scossa molto più intensa rispetto a quella prodotta da uno dei due cibi assunti singolarmente.


Infatti, per ottenere una ricompensa grassa e dolce i ratti di una Skinner Box sono disposti a faticare e ad effettuare parecchie pressioni di leva. Non solo, quelli che hanno già finito il loro mangime sono disposti ad assumere altro cibo qualora questo sia dolce o grasso. Per questo concetto non abbiamo bisogno di condurre esperimenti sui ratti visto che a chiunque sarà capitato di sentirsi pieno alla fine di un pasto, ma di avere ancora "spazio per il dolce".


Al contrario, il nostro amore specifico per i cibi salati è un po' più un mistero: se i ratti non sono disposti a faticare per ottenerne un po', gli essere umani li adorano, forse come forma di ristabilimento di un equilibrio per compensare i sali che perdiamo con la sudorazione.


La disponibilità di cibi molto ricchi in zuccheri e grassi (quelli più appetibili e quindi quelli che creano maggiore dipendenza) a basso costo, portano ad un incremento del tasso di obesità. Ma in ogni caso elaborare "ricette" è un’impresa alquanto complessa perché per ottenere alimenti irresistibili non basta soltanto aggiungere più grasso, zucchero o sale a quelli già esistenti. Non esiste, ad esempio, una concentrazione ideale di sale e, per esempio, tendiamo ad apprezzare di più il sale sui cracker e sulle patatine che non sulla carne o nella minestra, così come i cibi molto zuccherati ci piacciono di più se vengono combinati con quelli grassi.


Inoltre, è più probabile eccedere nell’alimentazione se i cibi assunti combinano sapori contrastanti: è più allettante un gelato guarnito di cioccolato e pezzi di frutta rispetto a un gelato monogusto e si mangeranno più ali di pollo speziate, se queste saranno accompagnate da una salsa dal sapore contrastante (una maionese fresca carica di grassi, ed esempio).


Dolce e speziato, grasso e salato, speziato e salato sono tutte combinazioni che funzionano, ma anche un contrasto nella consistenza può risultare altamente gratificante e per ottenere cibi appetibili si sceglierà appunto di abbinare una parte esterna fritta e croccante con un ripieno morbido. I food marketers conoscono benissimo questi fenomeni, grazie a ricerche apposite, e li sfruttano a loro favore nell’elaborazione dei prodotti alimentari.


I sapori e gli odori derivanti dalla cottura dei grassi provocano anch'essi una risposta intensa, probabilmente perché abbiamo una grande quantità di recettori olfattivi dedicati agli odori grassi.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.vivereinforma.it/item/i-meccanismi-di-dipendenza-da-cibo


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)