I nostri ragazzi in discoteca come dottori Jekyll e signori Hyde: riflessioni sui motivi dello sballo giovanile
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Ci siamo. Non è l'arrivo, è soltanto un primo passo, ma nella direzione giusta. Da ieri notte è scattato l'obbligo, per tutti
gli esercizi pubblici e locali d'intrattenimento che hanno il permesso di chiudere dopo le ore 24, di munirsi di un
etilometro, col quale i clienti possano controllare se sono o non sono in condizioni di guidare. Se il tasso di alcol
oltrepassa un certo limite, guidare è un pericolo mortale.
Questo limite è più basso di quanto si creda. Bastano 2 bicchieri di vino. Ora come ora, dopo la mezzanotte, specialmente di
sabato, i clienti delle discoteche che guidano con rischio proprio e altrui sono troppi. Troppe morti assurde, auto che
sbandano da sole, escono di strada, si rovesciano o si scontrano in curva: sono ragazzi giovani e sani, non muoiono per
malattia, ma per eccesso di vitalità.
Non sono suicidi, non vogliono morire: vogliono vivere una vita super. Questo controllo, all'uscita dai locali, li avverte se
quel 'super' scavalca il confine tra la vita e la morte. È un controllo parziale e insufficiente, perché comincia dopo le ore
24, e pone la domanda: e prima? Se uno lascia il locale cinque minuti prima, lo si ritiene in grado di guidare, su che base?
E inoltre: corre alcol, nei locali del divertimento, o corre anche droga? Ho sempre nella memoria la sera in cui, in una
mega-discoteca di Verona, decine di poliziotti con cani antidroga irruppero di sorpresa, e trovarono droga in polvere e in
pasticche dappertutto, sui tavoli, sui divani, e specialmente nelle toilettes.
Anche uno che non ci va per drogarsi, poi si droga perché così fan tutti. Cosa vogliono ottenere, nei locali del
divertimento, i nostri ragazzi?
Vogliono uscire dal loro corpo normale, il corpo da lavoro o da studio, quello in cui hanno passato i giorni dal lunedì al
venerdì, ed entrare in un nuovo corpo, il corpo da godimento, nel quale passare la notte tra il sabato e la domenica. Ho
descritto questo passaggio in un libro, e ne ho parlato nelle scuole per anni. È un passaggio rischioso. È un salto. Tu lasci
un corpo, che ha una mente, dei nervi, delle reazioni, e ti permette delle sensazioni, ed entri in un altro corpo, che ha
un'altra mente, altri nervi e ti dà altre sensazioni.
Quest'altro corpo raddoppia il godimento dei suoni, delle luci, del contatto, del ballo. Il salto da un corpo all'altro
avviene rapidamente, ci sono sostanze che lo accelerano. L'alcol è una spinta, la droga è un urto. Il salto dal corpo da
lavoro al corpo da godimento è un pericolo, ma il vero pericolo è il ritorno nel corpo da lavoro, quello che sei abituato a
padroneggiare, e che ti permette di guidare. Troppi pericoli e troppi incidenti avvengono perché chi guida è ancora nel corpo
da discoteca, stordito o accecato o esaltato. Non è necessario che si sia fatto uso di droghe pesanti: i lampi allucinanti e
i tuoni dirompenti, che scuotono cuori e toraci, sono di per sé uno stordimento. Io parlo di corpo da lavoro, i ragazzi
parlano di corpo da fatica, e rivendicano la necessità di uscirne fuori, una volta alla settimana. È esattamente quel che
faceva il dottor Jekyll: anche per lui il problema non era uscire dal proprio corpo, ma rientrare. E infatti a un certo punto
non è più rientrato. Che straordinario libro! Tutti lo prendono per un'anticipazione dello scontro Io-Es, che Freud stava
scoprendo. Osservo, timidamente, che si potrebbe anche intenderlo come un'anticipazione dell'età delle droghe: Jekyll, in
fondo, non maneggia sogni, ma sostanze chimiche. E il suo non è uno scontro tra una parte e l'altra dell'Io, ma tra l'Io e
sostanze esterne. Se ci fosse stato un misuratore del sangue anche per lui, sulla porta del suo studio...
Ferdinando Camon