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Il dietista combatte i disturbi alimentari: Intervista alla dottoressa Della Bona

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Il dietista combatte i disturbi alimentari

Quando si parla di alimentazione si affronta un panorama molto vasto e lo stesso accade quando parliamo dei disturbi legati al comportamento alimentare. E se l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha definito l’obesità “un’epidemia estesa all’intera regione europea”, negli ultimi anni si è registrata una larga e crescente diffusione del fenomeno dei disturbi alimentari praticamente in tutti i Paesi industrializzati del mondo. Per meglio comprendere questi disturbi, spesso sottovalutati dall’opinione pubblica, tutt’altro che scontati, abbiamo intervistato la Dottoressa Della Bona, Dietista del Centro Medico Spallanzani.

Per prima cosa dottoressa cerchiamo insieme a lei di capire in che cosa consiste la professione del dietista.
Il dietista è un professionista sanitario che svolge la propria attività professionale in strutture pubbliche o private, per individui sani o malati, per singoli o comunità, come dipendente o libero professionista. In Italia si consegue il titolo di Dottore Dietista attraverso il conseguimento di una laurea di primo livello nella classe delle lauree L-SNT/03 il cui accesso è a numero programmato nazionale. Il Profilo professionale del Dietista, stabilito dal Ministero della Sanità nell'anno 1994, sancisce che questo operatore sanitario è competente per tutte le attività finalizzate alla corretta applicazione dell'alimentazione e della nutrizione. Il dietista è in possesso della laurea in dietistica il cui esame finale ha valore di abilitazione di Stato per l'esercizio della professione.

Che competenze le ha fornito la specializzazione in “Counceling Nutrizionale”?
Mi ha consentito di affinare le mie capacità di ascolto del paziente che ho di fronte. In tal modo adeguo il sapere acquisito negli anni di studio al soggetto che richiede il mio aiuto. Ogni paziente, ha necessità, bisogni, abitudini alimentari differenti. Io devo fare di tutto per permettergli di trovare dentro di sé la soluzione ai propri problemi. Il medico in questo senso diventa il mezzo per guarire il paziente, in genere senza ricorre a farmaci convenzionali, tutt’al più usando specifici integratori alimentari ipercalorici, in genere per chi è malnutrito o denutrito.

Dietista, colui che prepara diete?
Sì, ma anche altre attività. Difatti la dietistica è la parte applicativa della Scienza dell'alimentazione soprattutto per quanto riguarda l'elaborazione delle diete, ma non solo. Gli interessi del dietista, infatti, si allargano al controllo dell'igiene degli alimenti con funzioni di responsabilità, all'educazione alimentare, alla ricerca scientifica, alla coordinazione di attività relative all'alimentazione nonché all'insegnamento universitario delle "scienze e tecniche dietetiche applicate" durante il tirocinio triennale previsto per tutti i futuri dietisti. Il dietista è abilitato per Legge a formulare, elaborare, attuare e controllare le diete prescritte dal medico al paziente.

Nutrizionista e dietista non sono la stessa cosa. E’ così?
Il dietista a differenza del nutrizionista è un professionista sanitario che può trovare impiego anche nelle strutture sanitarie del Servizio Sanitario Nazionale. Ha maggiore autonomia e ha seguito un percorso di laurea riconosciuto dal Ministero della Sanità.

Cosa sono e come può spiegarci le problematiche di chi è vittima di un comportamento “anormale” dal punto di vista alimentare?
Sono situazioni complesse che affondano le loro radici in problematiche psicologiche, biologiche e sociali. Si utilizza il cibo e la preoccupazione di aumentare di peso come espressione di un disagio psicologico ed emotivo; la persona può mangiare continuamente in eccesso per colmare la sensazione di vuoto che avverte o non mangiare assolutamente per essere accettata dagli altri. Praticamente il corpo è utilizzato per manifestare attraverso l’eccesso/difetto dell’uso del cibo, una forte sofferenza interiore.

Quindi il paziente che ha disturbi di comportamento alimentare viene seguito anche sotto l’aspetto psicologico?
Certo. Proprio perché la genesi di queste patologie dipende da molti fattori, anche l’approccio terapeutico deve essere multidisciplinare e coinvolgere molte figure, non solo la dietista, ma anche lo psicologo, lo psichiatra, il medico internista. I cambiamenti legati al cattivo comportamento alimentare non sono solo fisici ma ben più profondi e coinvolgono gli stati d’animo del paziente, la sua psiche, la sua personalità. Occorre indagare tanti aspetti del paziente ed ideare un piano di intervento mirato a modificare un comportamento sbagliato.

Il disturbo alimentare potrebbe non essere riconosciuto?
Certo, la malattia si può trascinare per anni, in quanto non riscontrata dal portatore, che ne ignora i sintomi. In molti casi si ritiene superfluo farsi aiutare, si ripone troppa fiducia nei propri mezzi, e si ritiene di farcela da soli. Arrivano da me pazienti che hanno provato tante diete, magari che alcune riviste hanno suggerito, o semplici “diete fai-da-te”, che quando si rivolgono a me sono sfiduciate. Credo che riuscire a chiedere aiuto a uno specialista sia un notevole passo avanti nella risoluzione del problema poiché è sinonimo di acquisizione di consapevolezza di avere bisogno di un aiuto.

In che cosa può lo specialista dare quel valore aggiunto che la dieta-fai-da-te non può dare?
La dieta viene impostata partendo da una visione globale del paziente; occorre costruire con lui un percorso basato su tappe raggiungibili, modificandone le abitudini sbagliate magari seguite per anni, in modo graduale, creando un clima empatico con chi ho di fronte, basato su fiducia e collaborazione.

C’è un’età di riferimento, un’età maggiormente soggetta a questi problemi e come si riconosce la patologia? Sia essa anoressia, piuttosto che bulimia o BID?
Nel corso della vita può capitare a tutti di sperimentare delle diete (per poco tempo) per perdere peso ma non per questo ci si ammala del disturbo del comportamento alimentare. Il comportamento patologico è l’attenzione esagerata nei confronti del cibo: questo perde il suo carattere naturale di nutrimento e diventa un nemico da combattere o un alleato su cui contare. Fino a pochi anni fa la parte della popolazione più esposta alla malattia in questione, era quella “adolescenziale”. Oggi colpisce anche altre fasce d’età. Quindi sia bambini che adulti, sia uomini che donne.

Ci sono possibilità di guarire da un disturbo di tipo alimentare?
L’efficacia dei risultati dipende dalla tempestività della cura, che dovrebbe essere intrapresa il prima possibile solo attraverso figure specializzate e non improvvisate. Il concetto di guarigione è complesso per le patologie connesse all’alimentazione; il disturbo alimentare ha implicazioni sia di carattere fisico che psicologico. Ciò presuppone che il recupero della salute da parte del corpo possa avvenire anche in tempi rapidi tal volta non coincidenti con il tempo necessario alla psiche per la rielaborazione del processo di guarigione.

Tra i giovani si parla di un fenomeno purtroppo negativo in grande aumento: la drunkoressia. Si può fare qualcosa per arrestarlo o rallentarlo?
Non è semplice porre un freno alla drunkoressia, come non lo è per bulimia e anoressia, tutto parte da un disagio psicologico. La società attuale è diventata assai difficile da vivere per gli adolescenti, è priva di valori, punta sull’apparire. Emergono così comportamenti a rischio che sfociano nella voglia di essere smodatamente magri, nella cultura dello sballo, nell’esasperazione del divertimento trasgressivo, in cui ci si ubriaca per essere disinibiti, dopo essere a digiuno da ore.

Che difficoltà incontra nello svolgimento della propria professione?
Spesso si ha a che fare con pazienti un po’ presuntosi. Tutti pensano di sapere curarsi da soli. Moltissimi soggetti con patologie gravi ascrivibili al comportamento alimentare, credono che basti affidarsi alle riviste come “Men’s Health” o “Sani e belli” per impostare una corretta alimentazione. Altre volte mi capita di notare nei pazienti scarsa motivazione al cambiamento ed enorme difficoltà nel tollerare il cambiamento. Ad esempio gli anoressici faticano a sopportare il senso di pienezza derivante dalla nutrizione; gli obesi invece non tollerano tutte le attività che comportano un dispendio energetico come svolgere abitualmente attività fisica.
I pazienti in cura hanno fobie particolari?
Certo. L’obeso, ad esempio, ha paura di non riuscire a perdere il peso in eccesso. Ha paura di non riuscire nell’intento; teme che con un’alimentazione più equilibrata si sentirà debole. Tuttavia tutti i soggetti con significativo peso ponderale in eccesso sono accomunati dal volere risultati in tempi rapidissimi.

Come si comporta con chi ha problemi di obesità?
Devo fare capire a questo soggetto che i risultati vanno costruiti nel tempo; non ha senso rincorrere risultati in modo troppo repentino. E soprattutto oltre a fare capire l’importanza di una sana alimentazione, pongo l’attenzione sull’attività fisica come strumento in grado di stabilizzarne i risultati ottenuti.

Tra le linee guida di una corretta alimentazione si fa sempre riferimento alla dieta dei nostri nonni la famosa dieta mediterranea di cui siamo i più grandi rappresentanti nel mondo. E’ così ancora oggi?
L’abitudini alimentari che oggigiorno caratterizzano il nostro Paese stanno cambiando a ritmi vertiginosi. Mentre gli americani stanno riducendo i consumi di grassi animali e introducendo quegli ingredienti cardini della dieta mediterranea a base di cereali, legumi, ortaggi e modeste quantità di carne, noi italiani mangiamo sempre più cibi raffinati e grassi, il cosiddetto cibo spazzatura e molto cibo in scatola, pronto per l’uso ma aimè ricco di sale e conservanti.

Ho sentito recentemente parlare della piramide alimentare che aiuta a suddividere la razione settimanale dei macronutrienti che non devono mancare per garantirci la salute ed efficienza fisica. Ce ne parli.
La piramide alimentare a cui eravamo abituati fino a pochi anni fa, che era la rappresentazione in sintesi della dieta mediterranea, oggi è stata leggermente modificata nel senso che alla base della piramide sono stati aggiunti due elementi assai importanti per la nostra salute: una corretta idratazione (intendo la giusta quantità di acqua giornaliera) e l’attività fisica quotidiana. Inoltre sono diminuite le quantità dei grassi di origine animale consumate per settimana. Soprattutto è stato ridotto l’apporto di carne rossa in quanto considerata entro certi limiti responsabile di alcune forme tumorali.

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)