Il DPA chiarisce la posizione italiana in merito alle dichiarazioni della "Global Commission on Drug Policies"
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La posizione italiana in relazione alle dichiarazioni della "Global Commission on Drug Policies" sulla legalizzazione delle sostanze stupefacenti
In risposta alle dichiarazioni in merito alle proposte di legalizzazione dell'uso di sostanze stupefacenti, in aperta opposizione con le
attuali politiche antidroga portate avanti da tutte le Nazioni Unite, lanciate da una altisonante quando sedicente "commissione globale sulle
politiche sulla droga", composta da persone particolarmente note quali intellettuali, attori, cantanti, ex-funzionari dell'ONU ed ex-
presidenti di Stato, il Dipartimento così interviene:
1.Non può essere minimamente condivisa la proposta della legalizzazione del commercio e dell'uso delle droghe (a partire dalla cannabis)
quale principale soluzione alla diffusione della droga nel mondo.
2.La posizione ufficiale del nostro governo relativamente alle politiche antidroga, ben espressa nel Piano di Azione Nazionale approvato dal
Consiglio dei Ministri nell'ottobre 2010, riconosce prima di tutto che la tossicodipendenza è una malattia prevenibile, curabile e guaribile.
Pertanto, tutte le politiche e le strategie sono impostate a riconoscere che tale condizione costituisce, oltre un problema sociale e di
sicurezza, anche un serio problema di sanità pubblica che riguarda non solo la salute delle persone dipendenti dalle droghe, ma anche terze
persone che possono venire danneggiate dai loro comportamenti a rischio mediante, per esempio, la guida di autoveicoli o lo svolgimento di
lavori che comportino rischi per terzi. L'assumere sostanze stupefacenti non può essere considerato come facente parte dei diritti
individuali della persona, proprio per le conseguenze che questo comportamento può avere anche sui diritti degli altri.
3.Contemporaneamente, azioni illegali quali la produzione, il commercio e lo spaccio delle sostanze stupefacenti, costituiscono un rilevante
problema di sicurezza pubblica a cui è necessario dare risposte concrete e permanenti in termini di prevenzione e contrasto, senza
criminalizzazione delle persone tossicodipendenti per il loro uso di sostanze (così come specificatamente già previsto dalla normativa
italiana in materia).
4.I tossicodipendenti, in quanto tali, non vengono e non devono essere quindi trattati come criminali ma come malati bisognosi di cure a cui
lo Stato italiano e le Regioni garantiscono gratuitamente un'ampia gamma di offerte terapeutiche sia in regime di libertà che all'interno
delle carceri, nel caso queste persone vi si trovino per aver commesso dei reati (tra i quali nel nostro paese non è contemplato l'uso di
sostanze). La legislazione italiana prevede espressamente che i tossicodipendenti in carcere possano e debbano essere curati (su adesione
volontaria) in carcere e possano anche uscire dal carcere per curarsi presso strutture socio-sanitarie esterne in alternativa alla pena.
5.Il Dipartimento ritiene inoltre che tutte le cure debbano essere fortemente orientate al recupero integrale della persona e che debbano
sempre essere associate alla prevenzione delle patologie correlate quali l'infezione da HIV, le epatiti, la TBC e le overdose. Queste azioni
devono essere considerate atti dovuti dai sistemi sanitari per la tutela della salute, non solo delle persone tossicodipendenti ma
dell'intera comunità. La politica di "harm reduction" (riduzione del danno), se applicata da sola e al di fuori di un contesto sanitario
orientato alla cura, alla riabilitazione ed al reinserimento delle persone, risulta, nel lungo termine, fallimentare e di scarso effetto
preventivo, oltre al fatto che è in grado di cronicizzare lo stato di tossicodipendenza.
6.Va chiaramente evidenziato che le vere misure che si sono dimostrate realmente efficaci nel medio e lungo termine per la riduzione del
rischio infettivo (HIV, Epatiti, TBC, ecc.) e delle overdose, sono le terapie per la dipendenza e quelle antiretrovirali che devono quindi
essere offerte quanto più precocemente possibile anche attivando un contatto attivo e precoce con le persone che fanno uso di droghe.
7.L'uso di sostanze stupefacenti, soprattutto nei giovani e sulla base delle evidenze scientifiche sempre più numerose anche nel campo delle neuroscienze, deve essere considerato, da un punto di vista sanitario, un comportamento ad alto rischio per la salute e quindi assolutamente da evitare creando e mantenendo campagne di prevenzione, di sostegno alla famiglia e alla scuola, ma contemporaneamente anche deterrenti sociali, legali e movimenti culturali antidroga positivi, affinché si realizzi e si mantenga un alto grado di disapprovazione sociale di tale consumo. Questo importante fattore è effettivamente in grado di produrre una riduzione dei consumi, soprattutto di marijuana (spesso droga di iniziazione verso l'uso di altre droghe quali cocaina ed eroina), tra gli adolescenti, come è stato scientificamente dimostrato da studi trentennali.
8.La legalizzazione delle sostanze stupefacenti porterebbe ad un più facilitato accesso a tutte le droghe, soprattutto da parte delle giovani
generazioni, accompagnato dallo sviluppo e dal mantenimento della percezione, da parte di costoro, che l'uso di tali sostanze è comunque
socialmente tollerato, sia dalla popolazione, sia dallo Stato. Ciò provocherebbe, quindi, una riduzione del fattore "disapprovazione", così
importante ed in grado di condizionare l'uso di sostanze da parte dei giovani.
9.Non esiste alcuno studio né evidenza scientifica che dimostri che la legalizzazione sia in grado di ridurre efficacemente gli introiti
delle organizzazioni criminali. Pertanto, allo stato attuale, questa resta solamente un'utopica soluzione. E' noto infatti che tali
organizzazioni criminali trafficano e commerciano in vari tipi di droghe e che, legalizzando uno solo di questi prodotti, quale ad esempio la
marijuana, non si produrrebbero danni commerciali tali da mettere le organizzazioni in crisi, come dimostrato da studi statunitensi in
merito.
10.Oltre a questo, non è pensabile di rendere disponibili alla popolazione generale senza alcun controllo o regolamentazione, legalizzandole, tutte le sostanze, per le gravi conseguenze, scientificamente provate e ampiamente documentate, che esse provocano sulla salute fisica, mentale e sociale delle persone. Le sostanze stupefacenti sono sempre sostanze fortemente tossiche e questo non va mai dimenticato. L'aumento dell'uso di massa di queste sostanze porterebbe ad un forte incremento delle patologie fisiche e psichiatriche per i consumatori (come ampiamente dimostrato dalle evidenze scientifiche), ma anche ad un aumento dei danno a terzi.
11.Un'ulteriore problematica, irrisolvibile, legata alla legalizzazione di queste sostanze, risulta dal fatto che per tutte le persone che
legalmente potrebbero usarle si dovrebbe prevedere, comunque, l'impossibilità di accedere a mansioni lavorative che prevedano rischi per
terzi (piloti di aereo, guidatori di autobus, treni, camion, medici, ecc.) e di avere quindi la patente di guida, il porto d'armi e tutta una
lunga serie di abilitazioni professionali, salvo non si voglia riconoscere anche che chi usa sostanze stupefacenti possa svolgere tale
mansione e avere tranquillamente la patente di guida o il porto d'armi.
12.Risulta chiaro pertanto che l'aumento delle persone che utilizzano sostanze a causa della legalizzazione potrebbe incrementare
notevolmente i costi sanitari nel tempo con un bilancio assolutamente negativo per lo Stato sia in termini di perdite finanziarie che di
risorse umane, oltre che di sofferenza per le famiglie di queste persone.
13.Pertanto, la politica nei confronti dell'uso di droghe deve necessariamente prevedere un bilanciamento tra le azioni di prevenzione, cura
e riabilitazione e le azioni di repressione e contrasto con un sistema generale basato soprattutto sui diritti di salute delle persone, in
particolare se minorenni e vulnerabili, ad essere difese dall'offerta di sostanze stupefacenti, ad essere curate precocemente se
tossicodipendenti, ma con un orientamento alla piena riabilitazione ed al reinserimento sociale. E' quindi un dovere dello Stato fare in
modo, con permanenti azioni di contrasto, che le organizzazioni criminali vengano perseguite costantemente sia nelle fasi di produzione e
traffico, sia nelle fasi dello spaccio.
14.Le politiche di repressione delle organizzazioni criminali, compresi i coltivatori, i corrieri e i piccoli spacciatori, in questo contesto
bilanciato di azione, sono quindi un atto dovuto e non precludono ne' impediscono affatto le misure di sanità pubblica per le
tossicodipendenze e per l'infezione da HIV.
15.In questi ultimi 10 anni, grazie agli sforzi congiunti di tutte le Amministrazioni centrali, regionali, locali e le organizzazioni del
volontariato, che hanno fondamentalmente condiviso questa impostazione di azione bilanciata, i consumi di sostanze stupefacenti nel nostro
Paese sono diminuiti, le overdose sono fortemente calate e costantemente in decremento, le nuove infezioni da HIV nei tossicodipendenti si
sono fortemente ridotte e la diffusione dell'infezione da HIV nei tossicodipendenti è sicuramente sotto controllo. Si sono inoltre ridotte le
incidenze di nuove infezioni di epatite B ed epatite C e nessuna persona tossicodipendente è stata arrestata semplicemente per aver usato
sostanze stupefacenti, ma sempre e solo in relazione alla violazione delle leggi che puniscono il traffico, lo spaccio, la coltivazione
illegale, ecc. di sostanze stupefacenti, oltre che altre violazioni delle normali leggi.
16.L'utopica e semplicistica proposta della legalizzazione nelle droghe per risolvere il problema soprattutto legato ai grandi guadagni delle
organizzazioni criminali, derivanti dalla vendita delle droghe, ha illuso e ammaliato da sempre molte persone, ma la realtà complessa e
articolata di questo fenomeno, merita una riflessone tutt'altro che semplicistica e di grande responsabilità da parte delle Amministrazioni
centrali e regionali competenti.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)