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Il dramma dell'alcol:

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Il dramma dell'alcol: "Quando smetti la tentazione è ovunque"
Il tunnel dell'alcol raccontato da chi per anni ha combattuto per risolvere il problema. Donne e uomini seduti a un tavolo, quello dell'Aicat

(associazione club alcologici territoriali - Termoli), assieme alle loro famiglie a descrivere cosa vuol dire «essere alcolizzato» e

soprattutto quanto è difficile smettere di bere. «Ho iniziato a bere a 25 anni - racconta Marco - da 17 mesi sono sobrio. Bevevo perché mia

piaceva». «Quando ho provato a smettere di bere sono andata in crisi di astinenza - le parole di Valeria - mi hanno ricoverata in ospedale.

Ero arrivata a pesare 38 chili».
di Rossella Travaglini
Termoli. «Quando smetti di bere all'improvviso vai in astinenza. Stai malissimo». Gli effetti sono gli stessi della droga. A raccontarlo a

Primonumero.it in una intervista "collettiva" sono persone - donne e uomini - che l'esperienza dell'alcolismo l'hanno vissuta direttamente

sulla propria pelle, o attraverso quella di un familiare. Un dramma profondo, che si riassume in racconti e aneddoti che, per quanto concisi,

sufficienti a far venire i brividi e a scuotere le coscienze. Soprattutto perché emerge una condizione palese, ma spesso celata dagli occhi

dell'abitudine.
Non è semplice raccontare l'alcolismo, tanto più semplificare le sensazioni e le emozioni che la "grande famiglia" dell'Aicat (associazione

italiana club alcologici territoriali) è stata in grado di trasmettere. Loro sono l'unico gruppo del genere del Basso Molise. Un punto fermo

non solo per chi vive a Termoli, ma per tante altre persone che abitano in centri limitrofi. Gianni Figliola è il loro servitore insegnante.

Da oltre dieci anni impegnato a seguire le loro storie. Nel gruppo ci sono anche dei veterani. Sobri da anni. Si riuniscono una volta a

settimana nella sede della Caritas. «Non possiamo fare a meno di venire qui, noi con le nostre famiglie».
Parlano e condividono opinioni. Ma soprattutto mettono la propria esperienza a servizio degli altri, in particolare di chi, da questo tunnel

non è ancora riuscito a venirne completamente fuori. «Non è facile ammettere di avere un problema e quando capisci che c'è qualcosa che non va spesso è troppo tardi. Smettere è difficile. Hai bisogno dell'aiuto di qualcuno. Poi l'alcol lo reperisci facilmente, è ovunque. Nelle pubblicità, nei supermercati, nei bar... bottiglie invitanti. Poi lo trovi anche a basso costo. Per smettere ci vuole davvero una volontà incredibile», Barbara (nome fittizio per tutelare l'identità), racconta la sua storia partendo da tre anni prima. «Ero diventata aggressiva - dice - l'alcol conduce anche a questo. Ho rotto con i miei familiari. Adesso, dopo il percorso che ho deciso di intraprendere, da un anno e mezzo ho recuperato il rapporto con mia madre».
L'alcolismo annienta tutti. Non solo chi si alcolizza, ma gli stessi familiari. Lo sa bene la signora Francesca, che nell'Aicat ha trovato la

giusta terapia sia per lei che per suo marito, sobrio ormai da nove anni. Così anche la signora Claudia che descrive il «percorso doloroso»

vissuto da lei in prima persona, accanto al marito, e in generale da chi ha un problema di questo tipo. «Esistono due modi di bere - ha

raccontato - c'è chi beve per dimenticare, chi invece inizia in famiglia. Si comincia piano piano, poi si peggiora. Mio marito, all'inizio,

era andato in un centro per far contenti noi, i suoi familiari. Ma non era convinto. Diceva bugie. Già, perché tendenzialmente chi beve è

portato a mentire. Litigi tutto il giorno... però eccoci qua».
I motivi per cui si comincia a bere sono diversi. Non c'è una spiegazione assoluta. Ogni caso è a sé stante. Ogni storia diversa. Ogni

individuo mai uguale all'altro. E non esiste un'età. Oggi come oggi, trovare adolescenti -dipendenti non è più un'utopia. Ma ammettere che

esiste un problema di questo tipo è troppo difficile. In pochi ci riescono. «Sono sobrio da 17 mesi - ha raccontato Marco - ho bevuto per 25

anni. Ho iniziato perché mi piaceva. Ma stavo spesso male».
Tra chi partecipa alle riunioni c'è anche chi non è di Termoli.«Ho iniziato a bere dopo la separazione da mio marito - dice Valeria - a

lavoro, facevo la sarta, ho cominciato a portare una bottiglia di vino da mezzo litro. Poi il problema è andato aumentando. Quindi ho deciso

da sola di non bere. Per tre giorni non ho toccato alcol. Sono stata malissimo. Mi hanno portata in ospedale ad Agnone. Ero arrivata a pesare 38 chili. Da lì è iniziato il mio percorso di cura... oggi sono qui. Sobria da un anno e mezzo. Ma è dura».
Nel gruppo c'è chi nel corso della vita ha provato più volte a smettere di bere. Chi invece ha appena iniziato a frequentare il club. Ognuno

parla in modo diverso delle sue esperienze, le condivide e si dà consigli reciprocamente. «Ma il contributo della famiglia è fondamentale -

ha spiegato Gianni Figliola - ecco perché in questi incontri cerchiamo di coinvolgere sempre anche le famiglie. A volte capita che

partecipino anche solo i familiari. E' importante promuovere il cambiamento a livello familiare».
«Quando bevi non guardi in faccia a nessuno - spiega Luca - per bere sei disposto a tutto. Anche a chiudere l'attività o a lasciare il posto

di lavoro». Giovanni invece dice: «Sapevo di avere un problema ma non ho mai chiesto aiuto. Mi vergognavo. Anche se dentro di me avevo voglia di risolvere il problema».
A Termoli l'Aicat esiste da dieci anni. E' un club che accoglie le famiglie con i problemi alcol correlati che si incontrano per consolidare

il cambiamento del proprio stile di vita e per smettere di bere. Una delle medicine adottate dal club che a Termoli si riunisce nella sede

della Caritas è la "solidarietà": «nel club la solidarietà vuol dire mettere in comune i problemi, le gioie, i dolori, la vita - ha spiegato

Figliola - ecco perché le famiglie che partecipano si mettono in discussione e a confronto, offrendo a tutti la propria esperienza».


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)