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Il falso mito dell’alcol come toccasana per il cuore: i dati di un nuovo studio

Il falso mito dell’alcol come toccasana per il cuore: i dati di un nuovo studio

Il falso mito dell’alcol come toccasana per il cuore

Mentre il Parlamento europeo, sulla spinta dei produttori di alcolici, ha reintrodotto, tra le critiche della comunità oncologica, l’idea che un consumo moderato di alcol possa non essere nocivo, gli studi confermano che non esistono dosaggi sicuri nemmeno per il cuore.

Esagerare con le bevande alcoliche è un’abitudine notoriamente dannosa per la salute. Bere invece qualche bicchiere di vino o qualche birra è invece un comportamento che non è generalmente percepito come potenzialmente pericoloso dal punto di vista sanitario. Questa percezione fallace è piuttosto comune, nonostante l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) abbia classificato l'alcol come agente cancerogeno fin dal 1988. La classificazione IARC è rafforzata negli ultimi anni da un numero sempre maggiore di ricerche che hanno mostrato una chiara associazione tra alcol e numerose forme tumorali. Eppure, stando ai risultati di alcune ricerche scientifiche, qualcuno potrebbe persino pensare di trarre da un consumo moderato di alcolici un vantaggio per la propria salute, in particolare per il cuore. Tuttavia, i risultati di uno studio inglese pubblicati sulla rivista Clinical Nutrition mettono in luce come questa conclusione sia errata, per importanti inesattezze nel metodo di analisi.

La curva a forma di J

Sono numerosi gli studi scientifici in cui è stato valutato l’effetto dell’alcol sul cuore e sui vasi sanguigni. In alcuni, i ricercatori hanno analizzato il rischio di ictus, infarto o morte in relazione al numero di bevande alcoliche consumate ogni giorno. Nel grafico cartesiano in cui sono stati sintetizzati i dati si osserva una curva che parte a una certa altezza, quindi scende e poi risale in modo deciso. L’andamento della curva, che ricorda la lettera J, sembra dire che chi non beve avrebbe un certo livello di rischio, più alto rispetto a chi consuma quantità modeste di alcol. Via via però che la quantità di alcol assunta ogni giorno aumenta, il rischio diventerebbe poi sempre più elevato, secondo questa interpretazione per cui “un bicchiere al giorno toglie il cardiologo di torno”. La conclusione non ha però mai veramente convinto gli esperti.

La nuova ricerca

I ricercatori dell’Anglia Ruskin University e dell’University College di Londra sono andati a questo proposito a esaminare il database dell’UK Biobank Study. Si tratta di una raccolta di dati epidemiologici, iniziata nel 2006-2010, a cui partecipano su base volontaria mezzo milione di cittadini britannici. Le informazioni mediche e i campioni clinici di queste persone sono stati messi a disposizione (in forma anonima) dei ricercatori che ne hanno fatto domanda, allo scopo di studiare come prevenire, diagnosticare e curare gravi malattie, tra cui il cancro, le malattie cardiovascolari e molte altre ancora. Nella parte di analisi focalizzata su alcol e rischio cardiovascolare, i ricercatori hanno preso in esame circa 350.000 partecipanti. Di questi, 333.000 avevano dichiarato di consumare alcol, in quantità e frequenza varie, mentre quasi 22.000 avevano invece detto di non avere mai assunto bevande alcoliche nemmeno saltuariamente. Ai partecipanti era stato chiesto quanto alcol consumavano settimanalmente, e di che tipo. In base alle risposte le persone che avevano dichiarato di assumere meno di 14 unità alcoliche alla settimana sono state inserite nella categoria di consumo moderato, mentre quelle che ne assumevano più di 14 unità nella categoria di consumo elevato. Un’unità alcolica (UA) corrisponde a 12 grammi di etanolo; una lattina di birra (330 ml), un bicchiere di vino (125 ml) e un bicchierino di liquore (40 ml) contengono mediamente un’unità alcolica ciascuno. Le linee guida raccomandano di non superare due unità alcoliche giornaliere per gli uomini e una unità alcolica per le donne.

I risultati e le distorsioni

Una volta distinti i partecipanti, i ricercatori sono andati a vedere quanti ricoveri dovuti a eventi cardiovascolari c’erano stati nei due gruppi durante il periodo di osservazione di circa sette anni. “Rispetto ai bevitori, confermiamo che chi non ha mai fatto uso di bevande alcoliche sembra avere un rischio cardiovascolare più alto” scrivono gli autori della ricerca. I non bevitori inclusi nello studio risultavano però essere meno attivi fisicamente, con indice di massa corporea e pressione sanguigna più elevati. È probabile dunque che molti di loro non consumassero bevande alcoliche perché non erano in buone condizioni di salute. A supporto di questa interpretazione gli autori dell’articolo citano uno studio in cui si era osservato che le persone che soffrivano già di una malattia cronica dall’età di 20-30 anni avevano alte probabilità di non consumare alcolici neanche negli anni successivi. Confrontare il rischio cardiovascolare dei bevitori con quello dei non bevitori introdurrebbe quindi un errore sistematico (quello che nelle analisi statistiche è chiamato in gergo “bias” o distorsione) che porta a sottostimare l’effetto dell’alcol o addirittura a vedervi un effetto protettivo per la salute.

Anche poco alcol non fa bene

Una seconda distorsione sarebbe stata introdotta considerando il consumo di unità alcoliche in generale, senza distinguere da dove derivano. Chi beveva birra e liquori, anche in quantità moderata, aveva infatti un rischio più alto di finire in ospedale per un evento che coinvolgeva cuore e vasi. Questo rischio appariva invece più basso per chi beveva vino, ma solo se si consideravano tutti i tipi di eventi insieme.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://www.airc.it/news/il-falso-mito-dellalcol-come-toccasana-per-il-cuore-03-22

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)