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News di Alcologia

Il fenomeno del bere in gravidanza: giovani mamme che fanno solo finta di volersi bene

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I neonati alcolizzati di giovani mamme che fanno solo finta di volersi bene
Napoli, via Alabardieri. Uno dei baretti per bere un aperitivo. Resto stupefatto dall'immagine di tre giovani donne, men che trentenni,

ognuna con un neonato in grembo avvoltolato nel marsupio a tracolla anteriore. Tutte e tre bevono e fumano. Poco dopo, un'altra giovane donna passa con un bel bicchiere di vino bianco in mano. Lascia un baretto e si avvia verso un altro drink. E' bionda, carina e incinta. Direi almeno al settimo mese, se non l'ottavo.
Forse sono un "dinosauro", ma la quantità di alcol che vedo bere da queste donne con i bimbi in grembo o ancora da allattare, mi turba. Mi

sembra che sia non solo l'esatto contrario di quel che si è sempre insegnato a proposito dell'alcol e delle gravidanze. Ma anche una

contraddizione assurda rispetto a tutte le mode e le tendenze del wellness, della buona salute, del corretto stile di vita, delle palestre e

dell'idea più autentica del "volersi bene".
Mi chiedo se sia un problema di disattenzione, di scarsa informazione, o di "sciatteria mentale" che caratterissa troppi napoletani. Anche se

il dilagare dell'uso di alcol - soprattutto tra le donne - è ormai un trend di tutta l'Italia, in linea con le statistiche dell'Occidente.
Per capire, ecco un po' di dati del ministero della Salute.
Sempre più spesso le donne in Italia hanno problemi con l'alcol. Due i periodi della vita che le vede particolarmente a rischio: da

giovanissime, quando sono appena delle ragazzine, bere le aiuta a sentirsi più sicure ed accettate dal gruppo e, più tardi, a cavallo dei 40

anni, a far fronte al bilancio di una vita molto spesso, purtroppo, deludente.
In Italia le donne che consumano alcol rappresentano più del 60% della popolazione femminile. Di queste, quasi il 20% eccede le quantità

considerate a minor rischio. Da sottolineare che la percentuale di uomini che eccede dette quantità è appena del 10% e che perciò il maggior

contributo al numero dei consumatori a rischio, con una quota doppia rispetto a quella riscontrata nel sesso maschile, è fornito proprio

dalle donne.
La distribuzione in Italia dei consumatori di alcol a maggior rischio secondo i target di popolazione aumenta con l'età per entrambi i sessi,

con valori massimi intorno ai 65-74 anni seguita dalla classe dei 45-64 anni. Il picco di maggior frequenza di uso problematico si colloca

invece attualmente tra i 35 e i 44 anni.
E sono proprio le donne a pagare, in termini di salute, un prezzo più alto degli uomini, essendo dotate di un organismo più vulnerabile.

Motivo di questa diversità è la loro differente struttura corporea e, quindi, una ridotta capacità di metabolizzare l'etanolo, che viene

ossidato da un enzima, l'alcol deidrogenasi (ADH). Non riuscendo a metabolizzare bene questa molecola, le donne sono in grado di eliminare

solo la metà dell'alcol che riesce a smaltire un uomo.
E' stabile il dato che vede il numero più alto di consumatrici appartenere alle classi sociali alte o medio-alte. Dal 1994 al 2005 c'è un

aumento progressivo delle consumatrici regolari, cioè di coloro che consumano almeno un tipo di bevanda alcolica almeno una volta alla

settimana, che passano dal 38% al 42% in 3 anni, per aumentare ancora in 8 anni fino al 53%. Parallelamente si assiste alla diminuzione delle consumatrici occasionali, mentre il numero delle non consumatrici rimane pressoché stabile. Per avere un termine di raffronto con gli uomini,  i consumatori regolari nel 2005 sono l'83%.
Ogni anno circa 25.000-35.000 persone muoiono per problematiche connesse all'alcol e di esse circa 7.000 sono donne.
I tempi di eliminazione dell'alcol, già lunghi nella donna, sono per il feto ancora più dilatati. Se una donna incinta consuma bevande

alcoliche, l'alcol e, soprattutto, l'acetaldeide (prodotto della metabolizzazione dell'alcol) giunge direttamente nel sangue del nascituro

attraverso la placenta. Il feto non essendo in grado di metabolizzare l'alcol come un adulto, viene di conseguenza esposto più a lungo ai

suoi effetti nocivi.
Le donne fertili, sessualmente attive, che consumano più di 7 bevande a settimana e non usano contraccettivi efficaci, rischiano una

gravidanza esposta all'alcol e di dare alla luce un bambino con deficit intellettivi, cognitivi e psicosociali. La probabilità di danneggiare

il feto aumenta proporzionalmente al consumo di alcol da parte della madre: ad alto rischio sono i bambini la cui madre ha consumato almeno 80 grammi di alcol puro al giorno. Tuttavia anche l'assunzione abbondante, ma sporadica, di alcol rappresenta un pericolo per lo sviluppo del feto, poiché il consumo di alcol può influire sul suo sviluppo in ogni momento della gravidanza.
Alcuni esempi di danni ai nascituri: dismorfologie facciali e problemi cerebrali, deficit di crescita, alterato sviluppo del cranio, difetti

congeniti agli organi del bambino...
Che cosa sta succedendo a queste generazioni che fanno finta di volersi bene? Che da una parte fanno tanto per piacere e piacersi, e

dall'altra fanno tanto per distruggersi e distruggere la vita dei loro figli?


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)