Il Giocatore: l'azzardo come dipendenza
Il Giocatore: l’azzardo come dipendenza
"Sta tutto nella fortuna" afferma Bukowski. Il gioco d'azzardo è una sfida, è un mettersi a repentaglio, un portarsi in una
posizione dove il rovescio della fortuna può travolgere l'individuo. Il giocatore d'azzardo si inserisce in una situazione
che dalla normalità può trasformarsi nella più assoluta rovina. La dipendenza e la sottomissione, le delusioni per la perdita
contrapposte alle continue speranze per una vincita, l'ansia incessante per la prossima mano ingabbiano il giocatore in un
labirinto senza fine. Quali sono i fenomeni sottesi al gioco d'azzardo?
Il gioco libera entusiasmo ed energia; il gioco d'azzardo, in particolare quando si verifica una vincita, sembra che, a causa
delle sostanze neurocerebrali e del vissuto eccitato che esse attivano, possa indurre ad una schiavitù psicofisica quei
soggetti già predisposti alla dipendenza sia a livello psicologico che neurofisiologico. Statisticamente si può riscontrare
un alto tasso di comorbidità nel giocatore d'azzardo: alcolismo, tossicodipendenza etc. La soddisfazione del desiderio,
quando avviene a caso, senza una vera periodicità e sistematicità, rafforza il desiderio stesso e rischia di farlo protrarre
a lungo tempo. È la stessa ragione per cui, ad esempio, gli amanti che non possono soddisfare il loro desiderio
sistematicamente, ma solo in certe occasioni non del tutto programmabili, mantengono viva la loro voglia d'incontrarsi. Il
gioco d'azzardo, proprio perché elargisce la vincita di rado e per un caso fortuito, senza la possibilità di qualsivoglia
programmazione, soddisfa il desiderio del giocatore in modo randomizzato, procurando in lui quell'attesa di eccitazione che
si pone alla base dello stimolo dell'Eros e del piacere. Durante le incursioni alla roulette, piuttosto che al tavolo del
poker, il pensiero razionale viene bloccato. Se la ragione non venisse obnubilata, l'inebriato dall'euforia ludica sarebbe
costretto ad ammettere che è solo il caso a dominare l'esito del gioco, quindi a riconoscere la sua non controllabilità. Come
conseguenza, avremmo la diminuzione dell'eccitazione che deriva dall'illusione, infantile e "onnipotente", di poter
controllare la fortuna e il destino. Ovviamente, la latitanza della ragione, nella psiche del giocatore d'azzardo, non è uno
stato fisso e generale. Essa prende luogo nei momenti così detti a rischio, durante lo svolgimento di sedute di gioco
d'azzardo e nel periodo di tempo immediatamente prima. Nei contesti più distaccati, il giocatore è più realistico e, spesso,
riesce ad ammettere l'assurdità delle sue convinzioni. È altrettanto vero, però, che sarà molto propenso a scordarsi di ogni
buon proposito e ragionamento nel momento in cui si lascerà coinvolgere in una situazione di gioco. Il giocatore, nonostante
capisca bene l'impossibilità di prevedere e controllare la casualità dell'azzardo, ha forti difficoltà a liberarsi di tale
illusione, a voler valutare i risultati delle giocate avvenute e a giudicarle slegate da ogni rapporto di causa ed effetto.
Nella struttura psichica del giocatore d'azzardo prevale l'istanza emotiva, intuitiva ed irrazionale. Sia lo psicoterapeuta,
sia i famigliari è bene che abbiano chiaro questo aspetto psichico, perché permetterà loro di esaminare al meglio la totalità
dello psichismo individuale e giungere alla miglior comprensione della dimensione emotiva del giocatore. Questa analisi
approfondita schiuderà l'accesso ai meccanismi psichici profondi che lo hanno portato a farsi travolgere dall'irrazionale a
scapito della razionalità. L'illusione di poter predire il caso ci conduce dritti indietro fino all'illusione primaria: fase
dello sviluppo psichico infantile ove si creano i presupposti per la corretta introiezione delle figure genitoriali e,
quindi, della percezione della realtà con i suoi confini. Se il giocatore non avesse questa "falla" psichica nel razionale,
non si ostinerebbe nell'assurda impresa di voler assoggettare al suo controllo il caso. Infatti, senza questa illusione, che
diventa il suo principale stimolo, il gioco diventerebbe preda della noia più sconfinata e il giocatore ha un estremo bisogno
di eccitarsi e di esaltarsi. È importante considerare i meccanismi psicologici che caratterizzano gran parte della struttura
psichica del giocatore d'azzardo patologico. Egli è una persona che ha di sé (più o meno coscientemente) un concetto
estremamente squalificato, anche se all'apparenza mostra (per compensazione) esattamente il contrario. Il giocatore ha una
necessità urgente di esorcizzare il suo stato psichico fallimentare e di "perdente" e si sente obbligato a dare sollievo alle
tensioni interne che questa percezione gli procura. Il giocatore patologico, infatti, seppure a volte raggiunge nella vita
dei traguardi professionali ed economici ragguardevoli, riesce immancabilmente a perderli, rovinandosi completamente. È la
percezione profonda del fallimento, è una scadente stima di sé che porta il giocatore ad investire molto, emotivamente e
pseudolucidamente, nel rito del gioco d'azzardo, nella speranza di vincere del denaro. Procurarsi del denaro, rapidamente,
senza troppo tempo e senza troppo sforzo è il motivo basilare che porta il giocatore ad esporsi al rischio ed alla
conseguente realtà della perdita. La spinta a giocare di più è proprio legata alla speranza di arricchirsi facilmente
attraverso il gioco. Ed è su questa condizione psicologica umana che le organizzazioni dei giochi d'azzardo fanno il loro
business. È noto a tutti che non si diventa giocatori patologici dall'oggi al domani. Come con tutte le "cose" che procurano
dipendenza, ci vuole un periodo di "latenza" prima di ritrovarsi invischiati nella trappola del gioco d'azzardo e della sua
violenza emozionale. Il comportamento del giocatore patologico è rinforzato dall'eventualità della vincita di denaro che ogni
scommessa, ogni puntata su numeri o carte comporta. È fondamentale comprendere che la coazione a ripetere il gioco d'azzardo
non è un vizio, essa deve essere considerata un vero e proprio disturbo psichiatrico. I giornali, le radio, le televisioni
nei loro interventi informativi devono porre l'accento non solo sulla dimensione del pericolo relativo alla dipendenza che il
gioco può attivare, ma anche e soprattutto sul fatto che, con la presa in carico delle proprie responsabilità, dal gioco
patologico si esce. Ogni giocatore d'azzardo dovrebbe poter rispondere all'invito seduttivo della scommessa, lanciata da
chicchessia, che lui la scommessa nella vita l'ha già vinta. Questo, però, potrà avvenire solo se rinuncerà all'affascinante
ipnosi della Dea fortuna, al magico potere della sorte.