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Il gusto della trasgressione: ostacolo alla giusta ricezione del messaggio sulla sicurezza

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Il gusto della trasgressione tra gli ostacoli alla giusta ricezione del messaggio sulla sicurezza

Gli incidenti stradali producono disastri umani sotto diverse forme. Non sempre sull'asfalto si perde la vita.
C'è chi riesce a salvarla, ma non la propria indipendenza, la propria autonomia, la propria autodeterminazione. Come accade a chi riporta

conseguenza gravissime, tra disabilità (fisiche o mentali) e invalidità permanenti.
Lo sa bene Mirella Abela che si occupa, per lavoro, proprio di chi attraverso terapie riabilitative tenta di recuperare l'uso di parti del

corpo «offese». Dalla sua esperienza lavorativa e dai drammi umani con cui si misura giornalmente, ha deciso di dare vita sul territorio a

una sezione locale dell'Associazione familiari delle vittime della strada.
«Buona parte dei disabili che necessitano di terapie riabilitative sono vittime della strada», spiega Mirella Abela che a cuor piccino

precisa che in alcuni casi la possibilità di recupero è pari a zero per la gravità delle lesioni riportate. «All'esperienza professionale si

aggiunge quella personale: ho abitato per anni nella zona balneare e sulla strada di collegamento con la città ho assistito a molti, troppi

incidenti. Tutto ciò ha contribuito ad accentuare la mia sensibilità sulla questione e per questo ho ritenuto indispensabile, nel mio

piccolo, fare qualcosa. Da qui la volontà di una sezione dell'associazione che si occupa non solo del sostegno ai familiari delle vittime, ma

anche di diffondere la cultura della sicurezza». Primo obiettivo: raggiungere le sensibilità dei giovani. Per questo annualmente viene

stilato un calendario di incontri negli istituti. «Quello di cui mi accorgo, quando teniamo gli incontri nelle scuole, è che i giovani sono

più sensibili all'aspetto dell'emotività che non quella rilevazione tecnica; voglio dire che parlare loro di alcol test e sanzioni non

produce gli stessi effetti che parlare di vite spezzate e di dolore». Tanto è che lo slogan scelto dall'associazione per la campagna di

sensibilizzazione è «Meglio che a casa torni un figlio senza patente che una patente senza un figlio».
Indirettamente c'è un sollecito alle famiglie che forse un po' troppo puntano sull'aspetto pragmatico della violazione al codice della strada

(«stai attento se no ti fanno la multa/ ti sequestrano la moto) e meno a quello emotivo e affettivo.
«Si tratta di difficoltà di comunicazione, per cui i giovani non collegano i consigli alla guida sicura a un rapporto di affettività, così

viene recepito solo un messaggio "venale". Lo conferma l'esiguo di mani che si alzano quando chiedo agli studenti quanto si sentano

importanti per le loro famiglie».
Oggi l'associazione gode del supporto di numerosi volontari, soprattutto giovani «e sono i primi a scendere in campo quando abbiamo

iniziative in programma».

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)