Il pericolo in bottiglia: intervista al dottor Roberto Argenta sull'alcolismo
cufrad alcol alcolismo alcoldipendenza
di Vanessa Michielon
In Italia si stima che ogni anno siano tra diciassettemila e quarantaduemila i decessi legati all'alcol, a seconda delle
fonti e delle metodologie adottate nelle rilevazioni. In questo panorama il Piemonte si colloca in una posizione leggermente
superiore alla media nazionale, sia per il numero di bevitori a rischio che per le patologie da alcol correlate. Per fare
chiarezza sui rischi legati al consumo di alcolici abbiamo parlato con il dottor Roberto Argenta, alcologo e curatore della
rassegna stampa quotidiana "Vino, birra e altri alcolci".
Quali sono i danni più comuni associati al consumo di alcol?
Sono oltre sessanta le patologie totalmente e parzialmente attribuibili all'alcol. Dagli incidenti stradali - secondo stime
dell'Istituto superiore di Sanità - OMS è da considerarsi alcolcorrelato il 26,25 % della mortalità maschile e l'11,37 % di
quella femminile causate da incidente stradale - ad altri incidenti, omicidi, suicidi, cirrosi epatica, patologie
neuropsichiatriche, depressione, morti premature. Il 10% di tutti i tumori, il 7,4% di tutte le disabilità, il 10% dei
ricoveri ospedalieri è causato dagli alcolici.
In particolare il 47,7 % dei decessi per cirrosi epatica tra i maschi e il 40 % tra le donne sono attribuibili al consumo di
alcol.
Inoltre, così come esistono i danni da fumo passivo, esistono i danni da alcol passivo, basti pensare alle vittime di
incidenti stradali, alle vittime di violenza. La quasi totalità degli stupri è associata al consumo di alcolici, considerato
anche il consumo da parte delle vittime.
Chi è l'alcolista oggi? Com'è cambiato il suo profilo negli ultimi anni?
In realtà le definizioni di alcoldipendente e alcolista oggi non sono più sufficienti a comprendere la complessità dei
problemi alcol correlati, si parla quindi di bevitori a rischio.
Il 56,7% degli adulti tra 18 e 69 anni di età può essere considerato bevitore e anche se la maggior parte di essi dichiara un
consumo moderato di alcol, nel 18% si tratta di "consumo a rischio", o perché avviene prevalentemente fuori dai pasti (7,8%),
o perché caratterizzato da forti bevute (il cosiddetto Binge drinking, pari al 5,6%), o perché sopra i livelli soglia del
consumo moderato (9,3%), oppure per una combinazione di queste tre modalità.
Nell'anno 2007 gli alcoldipendenti presi in carico presso i servizi alcologici territoriali pubblici sono stati 58.378, il
77,8% dei quali erano uomini.
Il consumo a rischio è più frequente tra i giovani di età 18-34 (in modo particolare tra i 18-24enni), gli uomini, le persone
con livello di istruzione medio-alto e chi non ha difficoltà economiche.
Un dato importante è poi l'abbassamento dell'età in cui si evidenziano i problemi alcol correlati. Questo per motivi sociali,
ad esempio i maggiori controlli con l'etilometro sulle strade, e per motivi di costume: l'Italia a livello europeo ha la più
bassa età di approccio agli alcolici, circa 11,2 anni. Nei giovani si sta affermando il cosiddetto "Binge drinking", ossia
l'abitudine a consumare molti alcolici in poco tempo. In generale si assiste a un'uniformazione di alcol e altre droghe: gli
alcolici si assumono sempre più ricercando direttamente e volontariamente i suoi effetti stupefacenti mentre le droghe
illegali tendono ad assumere il ruolo, una volta esclusivo, degli alcolici, come consumo "normale" e, in parte, controllato.
In tutto questo non bisogna trascurare l'impatto economico del consumo di alcol...
Secondo un'indagine del Sole 24 ore, per la dipendenza da alcolici l'Italia paga, in un anno, circa 45 miliardi di euro per
costi sociali e sanitari, corrispondente al 3,5% del Pil. In pratica per ogni euro guadagnato dai produttori di alcolici lo
stato ne spende due e mezzo per i danni e i problemi conseguenti.
Ultimamente si possono identificare alcuni passi in avanti sulla conoscenza dei danni dell'alcol?
Anche se non si può parlare di vere e proprie scoperte, il dato forse più significativo è il consolidarsi dell'idea che non
esiste un bere buono e uno cattivo, bensì diversi livelli di rischio: basso se si beve poco (ma non esiste un rischio zero),
alto se si beve tanto. In particolare si sta confermando sempre più il ruolo degli alcolici coma causa di alcuni tipi di
cancro, in particolare del seno, della faringe e del cavo orale, dell'intestino, per i quali non esiste una soglia di
sicurezza.
Come si interviene oggi in termini di prevenzione e di cura?
Per via dell'attenzione crescente verso i problemi alcol correlati legati alle cosiddette "stragi del sabato sera", sono
state attuate alcune restrizioni alla vendita di alcolici. A tutti i livelli, da quello nazionale a quello locale, ci sono
iniziative di informazione e sensibilizzazione, quasi sempre rivolte ai giovani. Minore attenzione è invece rivolta a
iniziative per la riduzione del consumo e della vendita di alcolici, questo perché gli interessi economici sono molto forti,
come pure la loro influenza, al punto che a volte le iniziative di prevenzione vengono affidate ai produttori stessi.
Parallelamente da qualche decennio si sono sviluppati programmi per affrontare i problemi alcol correlati in gruppo, in
particolare i Club degli Alcolisti in Trattamento si sono dimostrati molto efficaci sia nel fronteggiare il problema sia nel
modificare l'immagine degli alcolici nella società.
A proposito dell'immagine degli alcolici, quali sono i falsi miti più diffusi?
Innanzitutto non è vero che l'alcol aiuta la digestione, al contrario la rallenta; poi non è vero che il vino fa buon sangue,
perché il consumo di alcol può essere responsabile di varie forme di anemia e di un aumento dei grassi presenti nel sangue.
E' anche sbagliato pensare che le bevande alcoliche siano dissetanti, perché in realtà disidratano, e non è del tutto vero
che l'alcol ci riscaldi, piuttosto produce soltanto una momentanea e ingannevole sensazione di calore in superficie che in
breve comporta un ulteriore raffreddamento del corpo.
L'alcol non aiuta a riprendersi da uno shock e non dà forza: essendo un sedativo produce soltanto una diminuzione del senso
di affaticamento e di dolore.
Inoltre è un'idea comune che l'alcol sia un eccitante, invece dal punto di vista farmacologico è un potente depressivo del
sistema nervoso centrale, quindi non rende più sicuri. La verità è che agendo sulla parte del cervello che controlla il
comportamento, provoca una disinibizione e una diminuzione della percezione del rischio e delle sensazioni di dolore.
Qualcuno sostiene anche che il vino fa bene alla salute perché riduce il rischio di malattie al cuore mentre per altri la
ricerca che ha prodotto questi risultati non è attendibile...
Secondo l'organizzazione Mondiale della Sanità non esistono motivi sanitari per consigliare di bere alcolici, in ogni caso
nessun presunto beneficio può compensare il rischio della convivenza con gli alcolici.
In questo panorama come si collocano i media? Pensa che assolvano bene il compito di informare sull'alcol?
Bisogna premettere che il contesto italiano - quello piemontese nello specifico - è piuttosto complesso, vista la diffusione
di una forte cultura del bere, che è essa stessa un fattore di rischio. Fare una "corretta" informazione significherebbein
primo luogo cambiare la nostra cultura del bere.
In ogni caso la maggior parte dei media ha come principali clienti i fornitori di pubblicità più che i lettori e le
informazioni sugli alcolici, persino la ricerca scientifica, sono da sempre pesantemente condizionati, direttamente o
indirettamente, dagli interessi dei produttori. Da qualche anno si sta riscontrando una maggiore obbiettività
nell'informazione ma essa è ancora ampiamente insufficiente se consideriamo che gli alcolici sono la prima causa di mortalità
nei giovani e la terza causa di mortalità generale. L'avvento di Internet ha però dato la possibilità di accedere e di far
circolare maggiormente informazioni solitamente non trattate dai mezzi di informazione. Basta digitare 'alcol' o 'cancro' su
un qualsiasi motore di ricerca per rendersene conto.