Il problema alcol nella popolazione anziana
cufrad news alcologia alcol alcolici popolazione anziana
Alcol e anziani
Secondo il criterio di rischio elaborato dall'Istituto Superiore di Sanità tra gli anziani di oltre 65 anni il 44,7% dei
maschi e l'11,3% delle femmine presenta consumi a rischio, riconducibili soprattutto a un consumo giornaliero di vino.
Il consumo di vino negli anziani risulta molto più elevato rispetto a quello delle altre bevande alcoliche per entrambi i
sessi, seguito dal consumo di birra.
Sono circa 1.900.000 i consumatori anziani cosiddetti "giovani" appartenenti alla classe di età 65-74 anni, che
contribuiscono con la maggior quota (47,7% dei maschi e 41,9% delle femmine nel 2009), prevalentemente attraverso il consumo
rischioso di vino, al totale degli anziani consumatori a rischio e sono in pratica la popolazione in cui clinicamente si
registra anche un'elevata prevalenza di patologie alcoliche croniche.
Sono circa 900.000 i consumatori anziani "intermedi" (75-84 anni), che bevono secondo modalità a rischio (41,9% dei maschi e
il 9,1% delle femmine), nonostante in questa classe si registrino le quote più elevate di condizioni cliniche legate al
processo di invecchiamento, che sconsiglierebbero il bere, anche per la possibile assunzione di farmaci che interagiscono con
l'alcol, come aspirina, antinfiammatori, antidolorifici, antibiotici, ansiolitici.
Sono circa 200.000, infine, i cosiddetti consumatori anziani "vecchi" (sopra 85 anni) che bevono secondo modalità a rischio
(35,3% dei maschi e il 6,7% delle femmine).
Negli anziani il consumo dannoso di alcol può non essere riconosciuto facilmente perché si tende a confondere i segni di un'
assunzione dannosa con i sintomi generici dell'invecchiamento.
Anche i medici di base non sempre sono sufficientemente sensibilizzati a porre la necessaria attenzione nel cogliere i
segnali legati agli effetti dell'alcol nelle persone over 65 anni, sebbene questa fascia di popolazione risulti ad elevata
vulnerabilità rispetto all'alcol.
Con l'età, infatti, la sensibilità agli effetti dell'alcol aumenta in conseguenza del mutamento fisiologico e metabolico
dell'organismo. A partire dai 50 anni circa la quantità d'acqua presente nell'organismo diminuisce e l'alcol viene dunque
diluito in una quantità minore di liquido. Questo significa che, a parità di alcol ingerito, il tasso alcolemico risulta più
elevato e gli effetti sono più marcati.
A questo fenomeno si aggiunge inoltre il ridotto funzionamento di alcuni organi come il fegato ed i reni, che non riescono
più a svolgere pienamente la funzione di inattivare l'azione tossica dell'alcol e permetterne l'eliminazione dall'organismo.
Si deve anche considerare che le persone anziane soffrono spesso di problemi di equilibrio, dovuti all'indebolimento della
muscolatura, nonché di una ridotta mobilità. Il consumo di alcol può quindi aggravare la situazione, facilitando le cadute e
le fratture.
A tutto ciò si deve aggiungere che l'alcol interferisce con l'uso dei farmaci che le persone anziane nella maggioranza dei
casi assumono quotidianamente.
Pertanto, in età avanzata, anche un consumo moderato di alcol può causare problemi di salute.
Le Linee Guida dell'INRAN (Istituto Nazionale per la Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione), in accordo con le indicazioni
dell'OMS, consigliano agli anziani di non superare il limite di 12 g di alcol al giorno, pari ad 1 Unità Alcolica (330 ml di
birra, 125 ml di vino o 40 ml di un superalcolico) senza distinzioni tra uomini e donne.
In letteratura c'è un generale consenso, tra i vari autori, nel dividere gli alcolisti anziani in due principali sottogruppi
sulla base dell'epoca in cui si presume sia iniziato l'abuso alcolico.
Earlyonset drinkers sono chiamati coloro che hanno iniziato a bere in modo inadeguato nell'età giovanile-adulta e che
ciononostante sono riusciti a raggiungere un'età avanzata, evitando il rischio non trascurabile della mortalità prematura
correlata all'alcol.
Lateonset drinkers sono definiti coloro che iniziano a bere in modo inadeguato quando sono già in età avanzata.
Quest'ultimo gruppo è definito come "bevitori tardivi" o anche "bevitori reattivi" perchè eccedono in risposta a fattori
disturbanti dell'adattamento alla realtà esistenziale tipici dell'età.
In modo piuttosto approssimativo possiamo affermare che i due terzi degli alcolisti anziani, secondo i dati della
letteratura, appartengono al primo tipo, mentre soltanto un terzo è inquadrabile nel secondo tipo, quello degli anziani che
sono diventati alcolisti in età avanzata.
È questa però una minoranza importante all'interno della popolazione generale di alcolisti anziani, e merita una speciale
attenzione da parte degli operatori sociosanitari perchè si presta a tutta una serie di considerazioni psicosociali e
geragogiche di grande interesse pratico. È vero peraltro che ricercatori e medici si trovano oggi d'accordo sulla necessità
di una maggiore conoscenza riguardo a tale problema e sull'esigenza urgente di individuare dei modelli specifici che
definiscano meglio l'alcolismo della terza età, anche in considerazione che il progressivo invecchiamento della popolazione
porterà ad un incremento anche di questo fenomeno.
Nella direzione della prevenzione e della definizione di azioni per la salute pubblica con riferimento specifico alla fascia
di età over 65 è orientato il Progetto VINTAGE, finanziato nel 2009 dalla Commissione Europea. Nell'ambito di tale progetto
sono state realizzate da un gruppo di esperti di livello internazionale attività di revisione della letteratura scientifica
sulla tematica alcol e anziani, rilevazione di programmi, progetti e best practice in tutta Europa e valutazione delle
priorità da perseguire a livello europeo tramite azioni di Public Health finalizzate a ridurre l'impatto alcol-correlato
negli ultra 65enni.