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Il quarto tempo dell'orco Chabal

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Dopo il match del Flaminio si prende a pugni con Castrogiovanni in piazza di Siena: troppo alcol e apprezzamenti alla fidanzata dell'azzurro

La Stampa 23 marzo 2009
Stavolta l'Orco ce le ha suonate due volte: in campo e in discoteca. Prima una meta delle sue al Flaminio, caracollante e tellurica come le due che ci piazzò nel 2007. Poi un cazzotto sul naso del pilone azzurro Martin Castrogiovanni all'Art Café, un locale vicino a Piazza di Siena dove Francia e Italia avevano deciso di passare la serata dopo la chiusura del SeiNazioni. Questione di donne. E di qualche bicchiere di troppo.
L'Orco è Sebastien Chabal, un metro e 92 centimetri di altezza e 115 chili di muscoli, barba e capelli. Sopracciglioni Neanderthal style, omeri e metacarpi smisurati che quando non centrifugano membra altrui in mischia penzolano ad altezza delle ginocchia. Seconda (o terza) linea della nazionale di rugby francese, l'idolo delle folle ai mondiali del 2007, con i tifosi che in tribuna indossavano finte parrucche e barbe sfiatando gutturali «Oooh-huuu!» ad ogni sua azione. Sabato sera il Piteco, ancora in smoking dopo il banchetto del «Terzo Tempo» ufficiale, ha esagerato con l'alcol. Anzi: «Era ubriaco da far paura», come ha detto chi c'era. Verso le due di notte ha iniziato a infastidire Giulia Candiago, 22 anni, sciatrice azzurra di Coppa Europa e fidanzata di Castrogiovanni.
Martin - altro capelluto e gracilino: 1 e 88 per 122 chili - all'inizio ha provato ad allontanarlo con le buone. L'Orco però è tornato, e una delle sue vanghe di carne è finita sulla polena di «Castro», cavandone anche un po' di sangue, i due sono rotolati per terra spaccando un po' di cristalleria. Avrebbe potuto scapparci la rissa globale, invece i compagni di squadra - Nallet e Dusautoir da una parte, il manager Checchinato, Sbaraglini e Mauro Bergamasco dall'altra - sono riusciti a separare i due corpi. A raffreddare le due menti. Molti degli ospiti del locale non si sono nemmeno resi conto di quanto stava succedendo. I francesi hanno traslocato la vacillante Creatura Irsuta verso l'hotel, i nostri hanno placcato gli istinti revanchisti di Martin.
Prima delle 3 era tutto finito. Altre volte è andata peggio. I Quarti Tempi rugbistici sono quasi sempre pacifici, ma tradizionalmente innaffiati di birra e distillati. L'alcol è il vizietto dei gentlemen ovali, la pozione che può trasformarli da nobili Jeckyll in scatenati Hyde. Gomiti in alto, in touche come al bancone, può scapparci la zingarata: dopo la sfida nel 5 Nazioni 1988 fra Scozia e Inghilterra a Edimburgo, l'avanti scozzese John Jeffrey e il suo collega inglese Dean Richards, bevutissimi, vagarono di pub in pub scambiandosi e calciando la «Calcutta Cup» come fosse una palla ovale. Se la cavarono con qualche ammaccatura - al glorioso trofeo - e una sospensione.
Oppure può uscirne una rissa da saloon, come nel 1997 in un after hour di «Heineken Cup» fra i francesi del Brive e i gallesi del Pontypridd; o ancora una scazzottata modello John Wayne in «Un uomo tranquillo». L'anno scorso Rys-Thomas, avanti del Newport e della nazionale gallese, ha passato una notte in una guardina di Treviso dopo un match di coppa con extension pugilistica in discoteca, mentre gli storici dell'ovale (e del luppolo) ricordano che nel 1948 molti degli eroi dell'ultimo - anzi, da sabato scorso, penultimo - Grande Slam irlandese passarono la notte del trionfo in cella. Capita, in uno sport fatto di sentimento e di combattimento, di valori e dolori, di attraversare la dogana fra colpi leciti e illeciti sganassoni. Chabal è un personaggio borderline. Capace tanto di tenerezze infinite con la sua piccola Lily Rose - quattro anni - e con la moglie tascabile Annick (altezza 1,55), quanto di violenze sismiche con gli avversari. A Sale, in Inghilterra, dove gioca nella premiership con gli «Sharks», lo hanno ribattezzato Lo Spaccaossi e il Vikingo, Attila e il Cavernicolo, Rasputin e Jesus, il Branzino - per come sa nuotare nelle mischie - ma soprattutto l'Anestesista: perché, dopo che ti ha addormentato lui, tocca al chirurgo rimetterti a posto.
Ne sanno qualcosa Lawence Dallaglio, Ali Williams e Chris Masoe, monumenti di carne di Inghilterra e All Blacks disossati dai placcaggi crocchianti dell'Orco: digitare su YouTube per inorridire, please. Chabal, per i francesi, è una Giovanna d'Arco in un corpo da Godzilla. Roselyne Bachelot, ministro dello sport e della salute francese, lo adora perché durante i mondiali rifiutò per patriottismo (chauvinismo?) di rilasciare interviste in inglese sul suolo patrio. Eppure, sostiene lui, «in Inghilterra sono cresciuto come uomo e come rugbista, qui ho trovato la mia strada». Duro, onesto, difficilmente perimetrabile, Chabal. Ha sdegnato i corsi di sopravvivenza per militari di Fort Romeau («troppo facili») e il suo allenatore al Sale, Philippe Saint-Andrè sostiene che «mezz'ora prima della partita l'approccio di Sebastien da tattico diventa ormonale. Gli avversari lo avvertono, e si impauriscono». Anche per questo Pierre Berbizier, l'ex ct azzurro che allena il Racing Parigi, l'anno prossimo lo vorrebbe in squadra. Eppure l'ex studente svogliato del Liceo Paul Valery di Valence, convertito in rugbista a 17 anni dall'allenatore del Beauvillon, da anni oscilla fra cronaca e la leggenda, fra l'entusiasmo e l'esecrazione. Dentro e fuori dalla nazionale, in equilibrio fatalmente instabile nelle pagelle della critica: un giorno talismano e quello dopo anticaglia. Un mostro double face. E' l'uomo insieme rude e rassicurante, il buon selvaggio, l'abominevole creatura di un rugby che pare lontano, ma anche l'impact player ideale per replay e copertine. E riempie gli spot: per il profumo «Caron», per il gruppo energetico Poweo (bocciato: Chabal teneva le dita infilate nella presa elettrica).