Il rapporto dei ragazzi con l'alcol: tra bisogno di autonomia e regressione all'infanzia
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Il bisogno di «tagliare» con l'infanzia e la differenza tra «ciucca» e sballo
di SILVIA VEGETTI FINZI
Non ci può stupire che a Milano, famosa per il rito collettivo dell'happy hour, il rapporto dei ragazzi con l'alcol sia
sempre più precoce e diffuso. Il primo incontro avviene di solito in pizzeria, quando alla bibita si sostituisce la birra.
Spetta al gruppo decidere il momento di abbandonare il regime infantile per entrare nell'ambito dei consumi adulti. Non si
tratta solo di smarcarsi dalle raccomandazioni della mamma ma di prendere le distanze dalle sue emozioni. Tanto, si sa, lei
ha paura di tutto: del traffico, della violenza, dello spaccio, degli sconosciuti. Ma come si fa a non seguire gli amici
quando Non ci può stupire che a Milano, famosa per il rito invitano a lasciarsi alle spalle il bravo bambino che si è stati
sinora? Invece il gioco si fa duro quando, a una festa, cominciano a circolare le bottiglie di whisky. Un bicchiere è
provvidenziale per fluidificare le relazioni, in particolare quelle con l'altro sesso. Per fortuna la maggior parte degli
adolescenti si ferma lì, allo stadio euforico. Ma poiché, in quella fase della vita, al picco della felicità spesso succede
il baratro dell'infelicità, è facile che i bicchieri diventino più di uno. Il guaio comincia quando i ragazzi incontrano lo
«sballo» . Può corrispondere alla tradizionale «ciucca» quando è casuale e involontario. Diventa invece una dipendenza quando
lo stordimento è ricercato per se stesso, per uscire da una condizione ritenuta insopportabile. Paradossalmente, quella che
vorrebbe essere una fuga in avanti, provoca una regressione alla prima infanzia. In ogni caso l'alcolismo si previene
preparando i ragazzi a compiere delle scelte: col rischio di sbagliare e con la necessità di affrontare le conseguenze dei
propri errori. Solo così possono valutare le loro potenzialità e divenire, al tempo stesso, autonomi e responsabili.
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