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Il tabagismo in Europa: dati epidemiologici e politiche di contrasto

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Fumatori europei, i numeri del vizio

a cura di stefano rizzato


La nuova direttiva dell'Unione Europea promette di portare la lotta al fumo su un nuovo livello, con forti deterrenti all'acquisto di sigarette. Era davvero necessario imporre nuove regole?


Se guardiamo i dati sul tabagismo, non ci sono dubbi. Quelli del rapporto 2013 dell'Organizzazione mondiale della sanità confermano che il fumo è la prima causa di morte evitabile nel mondo. Ogni anno, sono poco meno di sei milioni le persone uccise da malattie legate al tabacco: una ogni sei secondi circa. Di queste, le vittime del fumo passivo sono ben 600 mila. Secondo le stime dell'Oms, entro il 2030 il bilancio è destinato a salire fino a otto milioni l'anno. Solo nell'Unione Europea, le vittime del fumo sono invece 700 mila ogni anno e a fumare è il 28% della popolazione. Ecco perché a Bruxelles si è deciso di passare in qualche modo al contrattacco.

 

In Italia com'è la situazione?

In linea con queste cifre. A morire per colpa del fumo sono ogni anno 83 mila persone. È il risultato di un vizio che nel nostro Paese è in diminuzione costante, ma troppo lenta. Il numero dei fumatori scende con un ritmo dello 0,2% annuo, ma resta superiore ai 10 milioni: oltre un quinto della popolazione sopra i 15 anni. In media s'inizia intorno ai 17 anni, mentre chi riesce a smettere ha spesso superato i 40. Le differenze di genere restano forti: fuma il 26,2% della popolazione maschile totale, mentre le donne fumatrici sono il 15,3%.

 

Sono tanti gli italiani che sono riusciti a smettere?

Sì, gli ex fumatori sono ormai un bel numero: 6,7 milioni, il 13,1% della popolazione. Negli ultimi dieci anni è calato anche il numero medio di sigarette bruciate dagli habitué, che è passato dalle 16,1 sigarette al giorno del 2003 alle 12,7 del 2013. Intanto, per colpa della crisi, circa un milione di fumatori si è convertito al tabacco trinciato e alle sigarette fatte a mano, che costano meno del classico pacchetto e sono diventate anche un po' di moda tra i giovani.

 

Per cambiare le cose, basterà la direttiva Ue?

Le nuove regole dovrebbero avere la loro efficacia, ma una recente indagine della Georgetown University mostra come il vero grande deterrente al consumo di sigarette sia l'aumento delle tasse e dei prezzi delle sigarette. I messaggi sui pacchetti sarebbero invece cinque volte meno efficaci. Le maggiori entrate fiscali si potrebbero usare per aiutare la ricerca scientifica, ha proposto Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri: «Se si dedicassero 20 centesimi a pacchetto alla ricerca, si metterebbe a disposizione un miliardo ogni anno e si potrebbero creare seimila posti di lavoro».

 

Le campagne di sensibilizzazione sui media e nelle scuole servono?

Sono una parte fondamentale del lavoro di prevenzione. Il 94% dei tabagisti inizia a fumare prima dei 25 anni e proprio per questo motivo è molto importante informare presto ragazzi e ragazze dei gravi rischi connessi al fumo. Molto, da questo punto di vista, è già stato fatto: sul problema inizia ad esserci attenzione anche nei Paesi in via di sviluppo e ad essere toccati dalle campagne contro il tabacco sono ormai 3 miliardi di persone in tutto il mondo.

 

Invece chi vuole smettere che strumenti ha?

La strada più semplice è avviare un percorso con il proprio medico oppure rivolgersi a uno dei tanti centri antifumo italiani, specializzati nel trattamento di questa dipendenza. Per trovare quello più vicino basta chiamare il numero verde 800-554088 dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore di sanità. Proprio l'Iss, insieme al Ministero della salute, ha creato anche un'applicazione per smartphone utile per mettere alla prova il proprio rapporto con le sigarette. Si chiama «Quanto fumi?», è gratuita e non raccoglie le informazioni personali dell'utente, ma lo aiuta a prendere consapevolezza del problema.

 

Le sigarette elettroniche servono davvero per smettere e soprattutto sono sicure?

Dal punto di vista scientifico, le certezze sono ben poche. Le e-cig non contengono i cosiddetti «costituenti», le sostanze chimiche presenti nelle bionde e che - a differenza della nicotina - hanno effetti cancerogeni dimostrati. Il problema è che esistono decine di modelli e gusti diversi di sigarette elettroniche e così è difficile dimostrare che siano davvero innocue. Ancora più difficile è capire se rappresentino un metodo realmente efficace per chi vuole smettere di fumare.

 

Nel frattempo quali sono le regole?

La questione è diventata una guerra di interessi: multinazionali del tabacco contro produttori di sigarette elettroniche, tabaccai contro punti vendita specializzati. Nel recente decreto «del fare», il governo ha previsto che sigarette elettroniche, cartucce e accessori debbano essere venduti in tabaccheria e tassati al 58,5%. In sostanza, sarebbero equiparate a quelle tradizionali. Le proteste dei titolari di esercizi specializzati in e-cig non si sono fatte attendere e così anche sulle nuove norme non ci sono troppe certezze.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)