Il vino fa bene o fa male? Il modo universitario si divide
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MA IL VINO FA BENE O FA MALE ALLA NOSTRA SALUTE? IL MONDO UNIVERSITARIO SI DIVIDE TRA CHI NE "DECANTA" LE VIRTÙ E CHI INVECE NE RILEVA GLI
EFFETTI NEGATIVI. MA LA VERITÀ STA NEL MEZZO ...
All'inizio, un trentennio fa, fu il cosiddetto "paradosso bordolese": la zona di produzione viticola più importante del mondo e con il più
alto consumo di vino rosso, è anche la zona con il più basso tasso di mortalità per malattie cardiovascolari. Da qui, una serie di studi
provenienti dalla più prestigiose università del mondo, che hanno individuato alcune sostanze presenti nel vino (soprattutto nei rossi, in
particolare i polifenoli, fra cui il pluricelebrato resveratrolo) come capaci di "ripulire le arterie".
Un processo di scoperta che continua anche in questi giorni, con la ricerca dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la
Nutrizione, Istituto Agrario San Michele All'Adige e Dipartimento di Scienze Biochimiche de La Sapienza, in cui si dimostra che il vino
rosso, riuscirebbe ad abbassare la quantità di grassi nel sangue. Non ultimo anche quello portato a termine da alcuni ricercatori australiani
che hanno rintracciato un nesso tra il miglioramento della densità minerale ossea e il consumo di vino rosso in uomini fra i 50 e gli 80
anni.
Dunque, il vino secondo la scienza fa bene. Convinzione poco scientifica, verrebbe da dire, visto che sempre dall'Australia, arriva, solo per
fare un esempio, uno studio che indica l'alcol come responsabile non marginale dell'insorgenza di tumori, anche se consumato a livelli
moderati. Insomma, a chi credere? Al di là del fatto che le ricerche rilanciate dalla stampa indiscriminatamente come scientifiche, spesso a
ben guardare non lo sono, ma considerando al contempo che il lettore medio non sempre ha gli strumenti per potersi orientare in questa vera e propria "jungla specialistica", l'unica "via d'uscita" sembra restare quella del buon senso: bere è un piacere e farlo in modo moderato non fa altro che accrescerlo. Non dimenticando, infine, che mangiare (e bere), più che un "atto politico" è un "atto naturalmente pericoloso", perché il rischio zero non esiste.