In Europa crolla la febbre del sabato sera
IN EUROPA CROLLA LA FEBBRE DEL SABATO SERA
C'erano una volta i fasti della Cool London e della Riviera Romagnola: nell'ultimo decennio, da Amsterdam a Milano, da Roma a Parigi, le discoteche hanno conosciuto una crisi gravissima, con conti in rosso e chiusure a raffica. In Italia i gestori danno la colpa alla concorrenza sleale, ma un peso decisivo lo hanno avuto i prezzi troppo alti, la diffusione delle droghe e un generale cambio di costume. "È l’offerta a non essere all'altezza", ammette Giancarlo Battafarano, storico animatore delle notti romane
ROMA - La febbre del sabato sera è diventata cronica. Si è trasformata in un'infezione. Acuta, aggressiva. Talmente tanto che colpisce il cuore stesso da cui quella febbre si è propagata: la discoteca. Tutte quelle strutture che hanno nel dna lo Studio 54 sono ormai quasi oggetti da museo. Scompaiono, vengono cancellate dalle cartine del divertimento. Cercano di reagire, cambiando pelle. Ma non c'è nulla da fare: in Italia negli ultimi dieci anni il loro numero è dimezzato. E sbaglia chi pensa alla crisi, al mostro della finanza avvolto in una danza macabra con cubiste e Dj. L'economia della notte, quella legata al divertimento, non è mai stata così florida: 70 miliardi di euro, il 4% del Pil. Ad essere vuote sono quelle sale da ballo che negli anni 80 erano stracolme. Ad essere vuoti sono quei parcheggi che fino a dieci anni fa erano pieni di auto e persone in fila. Ad essere vuote sono le casse dei gestori. Perché?
I numeri. Olanda: dal 2001 al 2011 il 38% delle discoteche ha chiuso. Gran Bretagna: nel 2005 c'erano 3144 discoteche, oggi ce ne sono 1733. E negli ultimi cinque anni i sudditi della Regina hanno speso 500 milioni di euro in meno per ballare. Berlino resiste: i 350 club attivi sono sempre lì ma i loro introiti sono in caduta libera. E in questo settore l'Italia è pienamente integrata con l'Europa: nel 2005 il censimento delle discoteche si concludeva con un numero che andava verso le cinquemila unità. Oggi di attive ce ne sono solo 2500. E secondo altre stime quest'ultimo numero è ancora tinto di ottimismo: nella penisola ci sarebbero poco più di 2mila discoteca attive. Dieci anni di buio: luci spente, piste vuote e tutti a casa. Ancora una volta: perché?
L'abusivismo."Perché? Perché ormai si balla dappertutto", ci dice sfidando l'ossimoro Maurizio Pesca, presidente di Silb, l'Associazione italiana dei locali da ballo. "Ristoranti, bar, posti in cui si fa l'aperitivo, le One Night, le feste nelle ville, nei palazzi, nelle masserie: il punto è che il 90% di queste attività è abusivo". Posti che non hanno autorizzazioni per essere "locali da ballo" che in realtà lo sono. Quanti? La Silb lo scorso anno ha raccolto 350 denunce di disco abusive mentre Assointrattenimento ne ha raccolte oltre 700. I casi risolti sono solo il 10%. "Amministrazioni comunali compiacenti, vigili urbani che lavorano fino alle 22, forze dell'ordine che hanno altro da fare: nessuno tocca gli abusivi che spesso si travestono da sedicenti circoli culturali", la denuncia di Pasca. E si tratta anche di un danno economico: a fronte del miliardo di euro guadagnato (e tassato) dalle discoteche "ufficiali" un altro miliardo di euro è raccolto dagli "abusivi": soldi sui quali non si applicano le stesse tassazioni che riguardano le discoteche: danno per i gestori e danno per le casse dello stato.
Le tasse.Già, le tasse. Perché tra le cause della crisi del settore c'è anche un sistema di tassazione che la gran parte degli esercenti definisce come "impossibile da sostenere". Di più: "Con l'attuale sistema saremo costretti a chiudere tutti", dice Luciano Zanchi, presidente di Assointrattenimento. "Prendiamo il prezzo del biglietto: il 22% è per l'Iva, il 16% riguarda l'imposta di intrattenimento, il 5% va alla Siae e il 2% è per l'Scf". Un totale del 45%. "E con il restante ci paghiamo i contributi per i dipendenti, gli stipendi, i costi di gestione, quelli per il cibo e per le bevande. E gli utili che restano sono ulteriormente tassati del 57%". Non resta quasi nulla, insomma. "E lo Stato che oltre ad arrendersi all'abusivismo non consente a noi imprenditori di respirare".
La politica non balla. Insomma: concorrenza sleale e tassazione alle stelle. In più: una s-regolamentazione diffusa. "Le norme che regolano il nostro settore sono antiche", dice Michele Moretti che gestisce più di una discoteca a Ferrara. "Alcune risalgono addirittura al 1931 e le ultime sono del 2000". Quindici anni fa: un'intera epoca se si pensa alle evoluzioni che l'industria del divertimento ha subito negli ultimi anni. Il risultato è una giungla. E nella giungla a perderci è il prodotto finale: "Tutti quei competitor dal basso che emulano il modello discoteca offrono musica scadente, alcool scadente, servizi pessimi". A perderne è soprattutto il pubblico.
(...omissis...)
di GIULIA FOSCHI e CARMINE SAVIANO
copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2016/02/22/news/in_europa_crolla_la_febbre_del_sabato_sera-132722162/
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)