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Incapaci di un vero sguardo: troppo Web ci allontana

Incapaci di un vero sguardo: troppo Web ci allontana

INCAPACI DI VERO SGUARDO: TROPPO WEB CI ALLONTANA


Quando, nel novembre 2009, nacque, presso il Policlinico Gemelli di Roma, il primo ambulatorio italiano per la Dipendenza da Internet (Internet Addiction), io e i miei collaboratori ci preparammo a ricevere i pazienti senza nemmeno riuscire a immaginare chi e quanti sarebbero stati gli utenti.


Arrivammo a questo appuntamento senza una preparazione specifica, direi, anzi, con una sana insicurezza che, sapevamo, ci avrebbe consentito di lavorare con umiltà e consapevolezza dei nostri limiti, animati allo stesso modo da una grande curiosità.


L’ambulatorio si riempì di ragazzi, la maggior parte adolescenti, portati quasi di forza da genitori disperati e impotenti di fronte a comportamenti che sfuggivano alla loro comprensione. E dato che si trattava dei loro figli, avevano l’impressione di non riconoscerli più, o meglio, di non averli mai conosciuti abbastanza.


In effetti, definire i giovani d’oggi 'nativi digitali' favorisce l’idea che essi siano nati in un mondo 'diverso', dove poi sono anche cresciuti. L’abbiamo definito mondo globale, un mondo dove lo spazio e il tempo sono vissuti in modo differente. I concetti di distanza e di vicinanza sono stati stravolti, tanto da far sembrare vicino ciò che è concretamente distante e al contrario distante ciò che è potenzialmente vicino. Il tempo, poi, è vissuto più intensamente e tende quasi a contrarsi, perché la comunicazione digitale, riducendo le attese, ha compromesso anche la capacità di attendere e quella di stare da soli, rendendoci tutti più compulsivi. Di fatto è diminuito il tempo concreto e lo spazio mentale per stare con i nostri figli, e questo è il primo passo per una distanza generazionale che oggi assomiglia a un vuoto, in cui a volte diventa difficile anche avere sani conflitti. E credo che i conflitti siano la forma più autentica di comunicazione tra gli adolescenti e i loro genitori. Il rapporto con i supporti digitali nasce da lontano e coinvolge i bambini fin dalla prima infanzia: dallo smart phone dei genitori passando per consolle e Nintendo, fino al gaming online e ai social network. Anche i cartoni animati in tv parlano ai bambini e i piccoli nativi digitali crescono tra una moltitudine di schermi portatili e interattivi, di fronte ai quali sembrano più assorti che concentrati. La dipendenza da Internet nasce da qui e subito appare come un nuovo modo di pensare e comunicare che, se da una parte rappresenta un’evoluzione, dall’altra comporta il rischio di sviluppare nuove patologie.


Gli adolescenti che abbiamo visitato in questi anni hanno in comune la difficoltà a guardarci negli occhi, e quando abbiamo cercato di inseguire il loro sguardo ci siamo sentiti dei 'persecutori'. Questa è la prima cosa che abbiamo imparato. La seconda è che due ragazzi che chattano reciprocamente visibili tramite una web-cam, anche se affrontano argomenti delicati, non arrossiscono mai. Il rossore è la manifestazione di un’emozione che non è comunicata con le parole, ma con il corpo, perché le emozioni passano per il corpo, come i sentimenti passano per la coscienza. Un rossore ci mette a nudo agli occhi degli altri e dice sempre la verità, nel senso che non c’è modo di nasconderlo. Non succede on line perché il linguaggio non verbale si manifesta solo quando si è a portata di contatto fisico e, inoltre, non possiamo prevedere quando accadrà perché non ne abbiamo il controllo, come capita per i sogni, le fantasie o le intuizioni. Allora ci siamo resi conto che qualsiasi schermo digitale protegge gli adolescenti da emozioni che non si possono permettere e dalle quali sono chiamati a difendersi. Credo che questo sia la base del ritiro sociale, che è senza dubbio il sintomo più grave dell’incapacità di sostenere le relazioni dal vivo, dove diventa inevitabile il contatto
vis a vis.


Ciò che ai nativi digitali è venuto a mancare è quell’intenso rispecchiamento emotivo che salda in modo crescente l’identità dei bambini e che si verifica tutte le volte che due persone si guardano negli occhi pensando la stessa cosa. Capita quando ci si innamora ed è il motivo per cui i bambini chiedono agli adulti di essere visti mentre fanno qualcosa di nuovo. Essere visti non significa essere semplicemente guardati, ma anche pensati. E i figli hanno bisogno di essere pensati e conosciuti prima, piuttosto che controllati dopo. Quando ascolto una mamma che dice: «Mio figlio davanti al computer non si vede e non si sente», credo che quella mamma debba essere aiutata a pensare suo figlio.
 

Nella dipendenza da Internet il ritiro sociale è correlato alla mancanza di quella quota di sana aggressività necessaria per vivere e che ci permette di conquistare e mantenere uno spazio nel mondo. Il cyberbullismo è l’altra faccia della medaglia e sottolinea in modo diverso la stessa tendenza a soccombere alle relazioni, questa volta a causa della vergogna, esperienza di fronte alla quale non c’è rimedio e che in adolescenza rappresenta un crollo più o meno grave dell’identità. Sul Web un confronto tra adolescenti, in cui è normale un po’ di aggressività, diventa più facilmente persecuzione, perché la vergogna è legata alla visibilità. Chiunque nella vita abbia fatto una brutta figura si è preoccupato di contare quanti lo abbiano visto mentre la faceva, e in questo senso il Web è un luogo senza scampo, perché, essendo un Grande fratello, offre una visibilità senza confini e, con essa, anche una memoria illimitata di ciò che è stato visto.


(...omissis...)


Federico Tonioni, responsabile ambulatorio per la dipendenza da internet e cyberbullismo, Policlinico Gemelli


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Incapaci-di-un-vero-sguardo-troppo-Web-ci-allontana-.aspx


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)