Incidenti stradali e giovani: riflessioni
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Di Elena Valdini
Mi è stato chiesto di scrivere a proposito dei giovani e della strage stradale perché avendo 29 anni forse...
Forse potrei avere uno sguardo migliore? Più addentro al problema? Non lo so. Quello che succede è sotto gli occhi di tutti,
non credo di poter aggiungere nulla, se non che non viene data notizia (che abbia respiro nazionale) di tutti gli scontri e
di tutte le vittime; di tutte le notti, di tutti i pomeriggi e di tutti i mattini. Servirebbe. Servirebbe molto. Servirebbe a
comprendere che la strage stradale non è solo una questione legata alle stragi del sabato sera. Non è un problema che
coinvolge solo noi ragazzi. Dico questo per rimarcare il fatto che nel nostro paese di vittime e sicurezza stradale non si
parla a sufficienza. E purtroppo, quando se ne parla, la maggior parte delle volte lo si fa per "notizie fatte": esodo,
bilancio del week-end, stragi del sabato sera, appunto. Ancora oggi non esiste uno spazio informativo del servizio pubblico
che dia conto quotidianamente del numero delle vittime delle strada.
Ancora oggi in Italia non vengono trasmessi spot significativi come quelli esteri, dove significativo vuol dire inscenare ciò
che nei fatti realmente avviene, che siano anche quelle immagini cruente che pare da noi non si possano far vedere perché
scuoterebbero troppo la nostra sensibilità. Ma questi non sono forse messaggi creati proprio con il fine di scuoterci? Una
battuta simpatica, magari anche ben sceneggiata, può rimanere impressa come i quattro minuti e mezzo della campagna gallese
che dimostra, davvero, che cosa si rischia a usare il telefonino mentre si guida?
Alla guida di una macchina ci sono tanto i giovani quanto gli adulti. Entrambi con il medesimo dovere di rispettare le regole
e la vita degli altri. Entrambi con le medesime responsabilità. I dati però ci dicono che i ventenni muoiono di più, che se
muori a vent'anni (tra i venti e trenta) per la maggior parte dei casi muori in uno scontro stradale. Allora, che cosa serve?
Certo, i controlli, massicci, costanti. La deterrenza, nell'immediato, è la risposta.
Perché quando si sa che i controlli ci sono c'è più attenzione, e c'è (sempre più, questa almeno è la sensazione) quello che
per una sera non beve per riportare a casa gli amici. Ci vorrebbe un servizio pubblico economico ed efficiente. Ne ho trovato
uno, ad Aosta: si chiama "Allô nuit", funziona chiamando il numero verde, funziona per tutti, turisti adulti a cena al
ristorante compresi, e costa intorno ai tre euro. Ma ad Aosta non c'è solo questa navetta a funzionare. C'è anche un percorso
per gli studenti che si chiama "Percorso della Legalità" (organizzato in collaborazione con la Fondazione Falcone), e che per
trattare il tema della legalità, comincia sempre dedicando un incontro alla strage stradale. Ecco allora che cosa manca.
Manca questa prospettiva. Manca che alla strada sia data la medesima rilevanza che si dà agli altri temi che coinvolgono
tutta la società civile. Manca che ai ragazzi si parli di strage stradale perché si vuol parlare loro di vita.
Manca che si parli di speranza. Manca che si dica ai ragazzi che sono loro a poter cambiare le cose. Così come occorre
mettere ogni diciottenne di fronte alle sue responsabilità, civili e penali, con ancor più forza e convinzione bisognerebbe
fargli capire che la speranza, che il cambiamento, è oggi, in ogni scelta.
Il problema è che quando si vuol veicolare il concetto di esempio positivo lo si proietta con una figurina vestita in ordine
e ben pettinata. Forse non è ancora chiaro che i messaggi positivi, quelli che davvero possono avere la forza di restare
impressi, sono quelli credibili. Le testimonianze, per esempio. Le testimonianze di chi ci è passato e sa che cosa vuol dire
perdere qualcuno, e lo racconta perché non accada ad altri. Se i miei 29 anni possono ancora testimoniare qualcosa, so che
ciò che "regola" i miei coetanei sono i controlli. Ma so anche che ciò che ci ha aiutato a crescere è stato cercare, a
pioggia, storie credibili. Se usate però solo una volta ogni tanto, le storie credibili non servono.
C'è anche da dire che la maggior parte delle volte quelle storie siamo dovuti andarcele a cercare. Non ci sono state
presentate in prima serata, sul primo scaffale, in prima pagina; e tante volte nemmeno in seconda