338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

News di Alcologia

Intervista a Giovanni Serpelloni sul Piano Nazionale Antidroga

Intervista a Giovanni Serpelloni sul Piano Nazionale Antidroga

"Un Piano innovativo, diviso in 4 parti. Una struttura che abbiamo fortemente voluto". Così Giovanni Serpelloni, capo del

Dipartimento nazionale delle Politiche antidroga, illustra il Piano di azione nazionale contro le droghe varato venerdì dal

Consiglio dei ministri.
Vogliamo vedere, nel dettaglio, questi quattro punti?
Innanzitutto si tratta di un Piano che presenta indicazioni strategiche, derivate da analisi e concertazioni durate un anno.

In secondo luogo, il Piano dovrà essere declinato dalle regioni secondo le proprie responsabilità. Non viene cercata una

concertazione forzata. Noi diciamo: le linee tecniche generali sono queste, adesso decidete voi. Ma poi le regioni devono

farci conoscere le loro linee di azione, perché ad oggi non tutte hanno un Piano... E devono anche dire quali fondi di

investimento vengono impegnati. Oltre a questo, il Piano risulta corredato da un cd con le linee di indirizzo tecnico-

scientifiche, in particolare su prevenzione e riabilitazione. Infine, c'è un poderoso piano-progetti, finanziato con 26

milioni di euro. Progetti di network su scala nazionale, che noi andremo a sostenere. Basta linee dei sogni, puntiamo sulla

concretezza.
Regioni da responsabilizzare e sollecitare, dunque. Partendo dal confronto in conferenza unificata?
Sì, il Piano va in Conferenza unificata. Ma voglio sottolineare che lo offriremo a ogni singola regione. Il Dipartimento farà

a ciascun ente regionale una proposta concreta. E questo perché i problemi della Calabria sono diversi da quelli vissuti in

Lombardia o Valle D'Aosta. Non ci serve tanto l'atto formale della Conferenza, quanto piuttosto un confronto nel concreto con

ogni realtà territoriale.
Nel Piano, un'enfasi particolare viene dedicata alla parte su prevenzione, riabilitazione e reinserimento. Carcere e sanzioni

sembrano rimanere sullo sfondo...
E' sicuramente l'area principale. Su quella puntiamo, come dimostrano gli 8,5 milioni di euro con cui abbiamo finanziato il

progetto "Reli" in Sardegna, per il reinserimento socio-lavorativo degli ex tossicodipendenti (in base a un accordo di

collaborazione tra l'assessorato regionale della Sanità ed il Dipartimento nazionale delle Politiche antidroga, ndr). E' l'

investimento più forte in materia degli ultimi 50 anni. E vogliamo dare a questa area del Piano molta enfasi perché vogliamo

uscire dal concetto di dipendenza, dal fatto che Sert e comunità alla lunga possono cronicizzate le situazioni.
E sul carcere?
In questo ambito abbiamo quasi definito delle politiche di indirizzo per cercare di far sfruttare al massimo l'art. 94,

quello che prevede le misure alternative alla detenzione. Al momento solo il 20-25% dei tossicodipendenti in carcere

usufruisce di queste misure: meno della metà di chi potrebbe giovarne. La volontà è quella di far funzionare meglio il

meccanismo. Oltre a ciò, facciamo in modo che chi deve andare in carcere possa scegliere, già in fase di udienza preliminare,

se usufruire del recupero in comunità o del percorso terapeutico ambulatoriale. Ovviamente con monitoraggi.
Nel Piano si parla dell'importanza della prevenzione e della diagnosi precoce e di una sorta di "tabù" che impedisce l'

attivazione di normali procedure...
Guardi, il problema è sempre quello: i giovani arrivano ai servizi dopo 6-8 anni di uso delle sostanze. In questo caso si

sviluppa una vera e propria malattia e si compromettono le possibilità di guarigione. Non è possibile che non si possa essere

una diagnosi precoce per questo tipo di problematiche. Stiamo parlando di tossicodipendenza! Le prime cause di morte e di

invalidità nella fascia di età tra i 14 e i 18 anni sono da imputare all'uso di sostanze stupefacenti e agli incidenti alcol

e droga correlati. Sono sicuro che se al primo posto ci fosse stata una malattia, mettiamo la leucemia, tutti avrebbero

voluto fare un test. Per altre patologie screening preventivi vengono attuati quasi costantemente. Allora una politica

intelligente in questo campo potrebbe aiutare. E non si tratta di una caccia alle streghe...
In questo senso si parla anche della necessità di supportare e rinforzare il ruolo della famiglia e della scuola...
Sì, e il controllo non può compromettere il rapporto tra genitori e figli. Dico di più: la maggior parte dei figli, quando i

genitori mostrano una sana preoccupazione, si sentono più accuditi.
La scuola però, in questo momento, sembra alle prese con altri problemi...
La scuola può fare molto, attraverso la sinergia con gli stessi genitori, E questo al di là dei problemi dei professori... Devo

dire in proposito che abbiamo lanciato un progetto in cui gruppi di genitori volontari all'interno delle scuole, che mettono

a disposizione i locali, fanno orientamento e informazione verso famiglie che hanno problemi di questa natura. Si tratta di

iniziative pratiche e concrete, che sono poi quelle che la gente chiede. Siamo già a circa 50 unità operative sul territorio

nazionale.