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Journal of Addiction Medicine: uso di droga per via iniettiva e infezione da epatite C

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Uso di droga per via iniettiva e infezione da epatite C: l’informazione aumenta le richieste di trattamento

L’uso di droga per via iniettiva rappresenta una modalità primaria di infezione da virus dell'epatite C (HCV), tanto che si registra un’alta prevalenza di infezione da HCV in questa tipologia di popolazione. Tuttavia pochi ricevono un trattamento specifico, in alcuni casi anche per mancanza di consapevolezza dello stato di infezione.
L’HCV è spesso asintomatica e nella maggior parte dei casi conduce a cronicizzazione e possibile progressione in cirrosi epatica e/o cancro al fegato.


In uno studio americano pubblicato sul Journal of Addiction Medicine, i ricercatori che avevano già dimostrato come il trattamento della dipendenza migliori in modo significativo la capacità delle persone che usano droghe di completare la terapia per l’HCV, hanno valutato il livello di conoscenza sull’HCV e la volontà di ricevere il trattamento per questa patologia, nei pazienti in trattamento sostitutivo per la dipendenza da oppiacei. 320 pazienti in trattamento con metadone a New York City hanno compilato un questionario di 30 domande riguardanti le conoscenze e la volontà di ricevere informazioni e trattamento per l’HCV. Più della metà degli intervistati ha risposto correttamente ad almeno cinque delle sette domande che valutavano le conoscenze sull’HCV e il 78% ha espresso la volontà di partecipare a programmi di formazione sull’HCV.


Quasi la metà di loro ha riferito di essere positivo all’infezione da HCV. Il timore degli effetti collaterali della terapia farmacologica è stata la ragione più comune per evitare il trattamento. L'interferone, infatti, può causare molteplici effetti collaterali, come stanchezza, febbre, nausea, anoressia, dolori muscolari, perdita dei capelli, insonnia, depressione e irritabilità.

Inoltre, le terapie a base di interferone sono efficaci nell’eliminare l'infezione solo in metà di coloro che lo assumono. In conclusione, la maggioranza dei pazienti è risultata voler ricevere informazioni e trattamento per l’HCV e la volontà di ricevere il trattamento è risultata significativamente associata a un livello superiore di conoscenze relative alla patologia.

Infine, secondo gli autori, la possibilità di fornire il trattamento per l’HCV nello stesso luogo in cui i pazienti ricevono il trattamento per l’uso di droga, consentirebbe una valutazione più stretta del paziente e una possibile migliore aderenza al trattamento.

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(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)