Journal of Forensic Sciences: gli Stati Uniti puntano il dito contro la fenciclidina
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Gli Stati Uniti puntano il dito contro la fenciclidina
Stephen J. deRoux della New York University School of Medicine e collaboratori hanno condotto una ricerca sul database del Laboratorio di
Tossicologia Forense della medicina legale nella città di New York, su casi di decesso in cui all'esame autoptico era stata riscontrata la
presenza di fenciclidina nel sangue.
La fenciclidina (phencyclidine o PCP) è una molecola sintetizzata per la prima volta nel 1956 come potenziale anestetico dissociativo ed
analgesico. E' strutturalmente correlata alla ketamina, un anestetico utilizzato in ambito veterinario. La PCP, pur se si era dimostrata
efficace come anestetico nell'uomo, non è stata ulteriormente studiata a causa degli effetti collaterali gravi provocati dalla sua
somministrazione, tra cui agitazione, delirio, disturbo del pensiero. La molecola analogamente alla ketamina, ha trovato interesse nel
mercato illecito e viene consumata come droga d'abuso proprio per gli effetti dissociativi che produce.
Nel presente studio pubblicato sulla rivista Journal of Forensic Sciences, i casi analizzati erano stati registrati tra inizio 2003 e fine
2007, per un totale di 138 soggetti. Nel 95% dei casi il sangue era stato prelevato dal cuore, nel restante 5% si trattava di sangue
femorale. La revisione retrospettiva dei casi ha evidenziato che per 52 il decesso era associato ad un mix di sostanze con concentrazione di
PCP nel sangue che variava tra valori inferiori ad 1 ng/mL fino a valori pari a 598 ng/mL. In 13 casi era stata identificata la presenza di
solo PCP ma la causa del decesso era attribuita ad episodi di violenza mentre cinque erano i casi di morte non violenta e nei quali PCP era
presente come unica sostanza d'abuso. Tra questi ultimi, quattro dei soggetti deceduti presentavano anche condizioni mediche preesistenti
(patologie cardiovascolari), che potevano aver contribuito al decesso e la più alta concentrazione di PCP nel sangue rilevata era pari a
361.3 ng/mL, una concentrazione inferiore rispetto a quanto osservato in altri casi, anche della letteratura. Pur non essendo stati in grado
di definire una dose letale per la PCP nel sangue a causa dei numerosi casi di poliuso di sostanze, gli autori ritengono che questa ultima
evidenza potrebbe suggerire che nei casi di comorbidità con altre condizioni patologiche, anche concentrazioni relativamente basse di PCP
potrebbero rivelarsi fatali per gli assuntori.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)