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Journal of Neuroscience: con la PET studiato il ruolo dei recettori D3 nella dipendenza da metamfetamine

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Dipendenza da metamfetamine: con la PET studiato il ruolo dei recettori D3

Pubblicato sul Journal of Neuroscience uno studio sul ruolo dei recettori dopaminergici D3 nella dipendenza da psicostimolanti.
La dopamina rappresenta il principale neurotrasmettitore studiato nell'ambito della dipendenza da droghe. Essa si lega a specifici recettori

dopaminergici i quali si suddividono in vari sottotipi. Studi di neuroimaging avevano dimostrato che negli assuntori di psicostimolanti si

aveva un basso livello di dopamina e di recettori dopaminergici di tipo D2, portando a considerare che un aumento della stimolazione

dopaminergica potesse funzionare nel trattamento di questa particolare dipendenza. Tuttavia un recentissimo studio sperimentale condotto da Isabelle Boileau e collaboratori del Research Imaging Centre presso il CAMH - centro studi sulle dipendenze e la salute mentale canadese - ha fatto luce sul potenziale ruolo di un altro sottotipo recettoriale, il D3. I ricercatori hanno utilizzato una nuova molecola in grado di legarsi selettivamente ai recettori D3 e funzionare da marcatore per evidenziare la loro distribuzione e quantificazione. Attraverso tecniche di tomografia ad emissione di positroni (PET) i ricercatori hanno osservato il cervello di 16 soggetti dipendenti da metamfetamina. I partecipanti erano rimasti astinenti dalla sostanza per 14 giorni prima della scansione PET e i risultati erano stati poi confrontati con quelli ottenuti per 16 soggetti di controllo. Ai pazienti era stato inoltre chiesto di descrivere quanto desiderassero l'amfetamina, dopo averne ricevuta una bassa dose. Dall'elaborazione di tutti i dati sperimentali è emerso che i recettori D3 a differenza dei D2, potrebbero essere sovraregolati nei consumatori di metamfetamina e una normalizzazione di tali recettori potrebbe essere la via per ridurre la vulnerabilità alle ricadute nell'uso di psicostimolanti in soggetti in terapia per cessarne il consumo.
Ne emerge l'importanza dunque di considerare trattamenti mirati selettivamente ad un tipo di recettore rispetto all'altro e i risultati indicherebbero che i recettori D3 potrebbero essere idonei allo studio di farmaci anti-craving. Il passo futuro come riportato in una nota dei ricercatori, sarà quello di valutare il ruolo dei recettori D3 nella dipendenza da altre sostanze quali la cocaina ma anche in problematiche quali il gioco d'azzardo.

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)