L'alcol cancella i ricordi se assunto in grande quantita'
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Londra - Bere per dimenticare? Solo se lo si fa in quntita' esagerate ma con gravi conseguenze per la salute.
Secondo un gruppo di ricercatori della University College di Londra, bere moderatamente, cioe' uno o due drink alcolici, puo' rendere i ricordi traumatici piu' dolorosi. In pratica, il cervello memorizza molti flashback del ricordo estrapolandolo dal contesto che magari lo rende anche piu' comprensibile. Per cancellare completamente il ricordo servono sette o piu' unita' alcoliche, ma i rischi per la salute possono essere molto gravi. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Biological Psychiatry. ''Molte persone che hanno esperienza di un evento traumatico, come uno stupro o un incidente stradale, hanno consumato alcol prima'', ha spiegato James Bisby, che ha coordinato lo studio. ''Per la prima volta - ha continuato - questa ricerca ci da' un'idea di come l'influenza dell'alcol potrebbe contribuire al nostro benessere in seguito. Bere moderatamente sembra provocare piu' flashback non contestualizzati''. Lo studio ha coinvolto 50 persone invitate a consumare alcol prima e a eseguire un compito virtuale dopo. Sono stati sottoposti, in pratica, a video di gravi incidenti stradali e i ricercatori hanno registrato il numero delle volte in cui i soggetti hanno avuto flashback di questi filmati nei successivi sette giorni. I ricercatori hanno scoperto che la 'memoria contestuale' di un evento traumatico e' piu' debole nelle persone che bevono moderatamente, mentre si cancella del tutto nei soggetti che bevono molto. Questo si traduce per i soggetti che bevono moderatamente in falshback piu' frequenti, involontari e dolorosi. Per cui i ricercatori sono convinti che bere per dimenticare non e' la scelta migliore. Inoltre, ''quando le persone non hanno memoria di un evento traumatico, come puo' accadere a chi consuma una grande quantita' di alcol prima, sono piu' propense a immaginare uno 'scenario peggiore''', ha concluso Valerie Curran, coautrice dello studio.