L'alcol e i giovani, un'illusione pericolosa
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L'alcol e i giovani, un'illusione pericolosa
di Paola Poeta
L'uso di bevande alcoliche, secondo i dati statistici, mostra un notevole incremento, la cui crescita coinvolge in alta percentuale anche la
popolazione giovanile. Risulta che l'uso di alcol riguarda il 42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze, tanto che, nella popolazione generale,
il 6% è considerato bevitore a rischio.
In particolare si sta diffondendo una pratica di importazione nord-europea, denominata "binge drinking", 5 o più bevute di seguito senza
assunzione di alcun alimento. L'alcol infatti non rientra nella categoria degli "alimenti", pertanto non apporta alcun valore nutritivo.
E' ormai conoscenza comune che l'assunzione eccessiva di alcol produce effetti dannosi, cioè tossici, sull'organismo e alterazioni nella
sfera psichica. Comportamenti che certo suscitano preoccupazione, anche perché gli stessi giovani affermano di usare alcol solo per
"divertimento". Un "divertimento" che può davvero appagare e restituire giovani sereni e integri alla vita?
L'idea di divertimento ci rimanda alla felicità, a quella felicità che per essere tale, però, chiede di incontrare l'altro. La vita umana è
per sé stessa ambivalenza, sia che la consideriamo nella sua dimensione intersoggettiva, sia che la consideriamo nella sua dimensione
sociale. Se l'essere umano non riesce ad armonizzare anche una soltanto di queste dimensioni, la vita stessa può diventare un "male
necessario", al quale subentra la ricerca di una via di fuga.
Alcune ragioni spingono a contestualizzare l'abitudine di assumere alcol con i valori, meglio detti equivoci, che la vita moderna suggerisce
a tutto campo, da un lato; dall'altro con la sofferenza che sembra svilupparsi nella crisi che la società sta attraversando, crisi
relazionale, ma anche difficoltà a sostenere una progettualità individuale che sia fondata su motivazioni intrinseche.
In primo luogo non possiamo non considerare che la distribuzione dell'alcol, al di là delle ordinanze e divieti adottati dai locali pubblici
soprattutto in relazione a fasce di età minorili, si colloca in un atteggiamento di mercato che propone il consumo di beni materiali come
equivalente di benessere personale. Per la teoria economica "avere la felicità" è "essere la felicità". Una felicità da ottenere senza
sacrificio, senza mediazione. Ma la felicità non si "consuma" da soli. L'alcol si propone come un "terzo neutrale", che ci introduce,
attraverso un processo di de-realizzazione e alterazione percettiva, nel mondo e di fronte all'altro, senza sperimentarne il "tu", senza
toccarlo né riconoscerlo, ma con l'evitamento ripetuto e anestetizzato di riconoscere che l'altro, in verità, è fondamentale per la nostra
felicità. Una ferita che ci suggerisce vivamente di modificare le premesse e le promesse all'interno della vita moderna.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)