L'iceberg nel bicchiere
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Sull'alcol per lo più i riflettori si accendono, almeno da noi, per le vittime di guidatori ubriachi, o di aggressioni. Ma è la punta dell'iceberg, c'è un fenomeno diffuso nei paesi avanzati di problemi alcol -correlati che vanno dal consumo pericoloso, all'abuso, alla dipendenza, che resta in parte sommerso, perché da cogliere in persone dall'esistenza apparentemente normale. Persone che magari lamentano genericamente malessere, insonnia, ansia, umore depresso; gli eccessi possono però portare a psicosi, uso di droghe, suicidio. Gli "alcohol-disorders" causano o aggravano una serie di condizioni fisiche e psichiatriche, sono comuni e potenzialmente letali: riconoscerli e intervenire è importante, dalla medicina primaria alla specialistica, fa il punto un editoriale su Lancet che riassume gli approcci. Si comincia con qualche dato epidemiologico: premesso che l'80% degli uomini e il 60% delle donne nei paesi industrializzati bevono almeno qualche volta (non necessariamente eccedono) il 30-50% di chi beveva nell'ultimo anno presenta nella vita almeno un problema legato all'alcol del tipo perdita del lavoro, abbandono dello studio, guida in stato di ebbrezza, problemi interpersonali; il rischio di alcohol- disorders nella vita per gli uomini è del 20%, con un 15% per l'abuso alcolico e un 10% per l'alcol-dipendenza. Ma solo un quarto delle persone con questi problemi cerca aiuto per risolverli, più femmine che maschi, quelli con maggiore probabilità di comportamenti violenti.
Andamento fluttuante nel tempo.
L'età d'inizio con il bicchiere, anche inferiore ai 15 anni stando alle statistiche, se è l'esordio precoce di un uso regolare si associa a una maggiore probabilità di problemi in seguito; più del 60% dei teenager, anche senza disordini alcol-correlati, ha episodi di ubriachezza dai 18 anni. In generale, ci sono certo differenze per gli alcohol disorders nell'ambito dei paesi industrializzati, per esempio sono più frequenti nell'Europa del Nord e dell'Est che nei paesi mediterranei, tra i quali però l'Italia non scherza. Va anche detto che l'80% degli alcol-dipendenti fuma abitualmente, e che coloro che hanno iniziato molto presto e hanno una personalità di tipo antisociale cadranno più facilmente nell'uso di droghe. L'andamento dei problemi alcol-correlati è fluttuante, ci possono essere specie dopo una crisi fasi di astinenza o sobrietà di giorni o mesi, ma si può ricadere: ci sono studi che indicano che meno del 10% riesce a bere in modo "non problematico"per lunghi periodi, e in altri solo il 20-30% ottiene una remissione di lunga durata in assenza di trattamento o di programmi di auto-aiuto. Se i problemi sono continuativi aumenta di tre o quattro volte il rischio di morte precoce: le cause principali sono malattie cardiovascolari, ictus, cancro; è elevata la probabilità di cirrosi epatica (non ce l'ha però l'80% di chi ha questi problemi), incidenti, suicidi. Un consumo sostenuto di alcol è dannoso per quasi tutto l'organismo, dal cervello al sistema cardiovascolare, da quello gastrointestinale a quello immunitario, si associa a svariate disfunzioni e patologie ed è estremamente nocivo per il feto. La mortalità alcol-correlata contribuisce per il 2-4% di tutti i decessi negli adulti.
Se trattati migliorano
C'è anche una componente genetica, di predisposizione, ma è determinante l'azione di fattori ambientali favorenti, come disponibilità degli alcolici, pressione sociale, stress, modi di bere e, naturalmente, leggi e regolamentazioni. Si dovrebbero individuare, da parte medica, consumi a rischio per la salute, per esempio oltre tre "standard drink", che però s'intendono 8 grammi di etanolo ciascuno in Gran Bretagna e circa 10 negli Usa. Quanto all'alcol-dipendenza è definita come una condizione severa, con conseguenze fisiche maggiori e peggioramento della vita; l'80% di chi ha tale diagnosi ha alcohol-disorder nella valutazione a un anno o più. L'abuso alcolico e il consumo pericoloso hanno definizioni diverse dalla dipendenza per entità e durata dei problemi fisici o psichici (con differenze tra la classificazione DSM-IV e la ICD10); l'abuso è predittivo di un 50% di problemi continuativi, ma solo il 10% sviluppa dipendenza. Per le diagnosi esistono questionari validati e analisi del sangue specifiche. Per il trattamento si va da interventi motivazionali alla disintossicazione, si ricorre a farmaci, terapia cognitivo-comportamentale, gruppi di supporto. Nonostante una percezione opposta, si commenta, gli sforzi per indurre a bere di meno sono produttivi, la maggioranza delle persone con problemi alcol-correlati cambia comportamenti e sta meglio dopo il trattamento, il 50-60% degli etanolo-dipendenti presenta a un anno astinenza o miglioramenti funzionali sostanziali e questo è fortemente predittivo dello stato a 3-5 anni di distanza. Insomma, vale sempre la pena di provarci.
Elettra Vecchia
Fonti: Schuckit M. A. Alcohol-use disorders. Lancet 2009; DOI:10.1016/S0140-6736(09)60009-X