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L'integrazione sociale attraverso la ritualità del bere

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L'integrazione sociale attraverso la ritualità del bere

Presentato il libro di Barnao

«Il bicchiere esprime la voglia di comunità»

TRENTO - Si chiama «Le relazioni alcoliche. Giovani e culture del bere» (Franco Angeli, 2011) ed è un tentativo di mediazione tra due mondi: quello dei giovani e dei loro riti legati al bere, quello degli adulti non sempre in grado di lasciare da parte i pregiudizi. Il nuovo volume di Charlie Barnao - ricercatore di sociologia all'Università di Catanzaro, già dottore di ricerca dell'Università di Trento - è allo stesso tempo un viaggio tra le culture giovanili del bere alcolici e una ricerca volta a comprendere un fenomeno attuale ma in rapido mutamento che dalla tradizione del bere bagnato si sta spostando verso modelli di bere asciutto (lontano dai pasti). Ieri mattina il libro è stato presentato alla Facoltà di Sociologia e discusso insieme a Domenico Tosini, Paolo Boccagni e Giolo Fele della stessa facoltà.

Secondo Barnao, che attraverso interviste e momenti di osservazione partecipata a Trento e Catanzaro ha costruito una classificazione di giovani bevitori, i rituali del bere «svolgono funzioni di integrazione e differenziazione sociale. Si tratta - spiega - di rituali di passaggio da una fase all'altra e di rituali di istituzione, nel senso che istituiscono una differenza chiara tra gli attori coinvolti e quelli esclusi». Per quanto il contesto storico e culturale possa differire, sia a Trento sia a Catanzaro sono state riscontrate le stesse tipologie di giovani bevitori. «In questa epoca di globalizzazione il significato che viene dato al bere dai giovani è il medesimo», aggiunge Barnao.

L'approccio al tema è stato il più possibile neutro, slegato da eventuali ipotesi e modalità di intervento. «Sono convinto che sia importante capire a fondo un fenomeno prima di progettare azioni su problemi oggettivi - dice Barnao - Numerosi studi si sono occupati del consumo di alcol da parte dei giovani in ambito medico o biologico. L'obiettivo della mia ricerca è quello di analizzare il fenomeno dal punto di vista culturale». Per questo, il ricercatore ha realizzato circa 60 interviste e 450 ore di osservazione partecipata, così da lasciare spazio alla voce diretta dei giovani protagonisti (15-40 anni). La ricerca, durata complessivamente 4 anni e condotta a Trento e Catanzaro, ha visto la luce nel 2011 con la pubblicazione del volume.

Ciò che emerge è la ritualità del bere, sia nel passaggio da una fase all'altra della vita (si pensi alle feste di laurea, agli addii al celibato e nubilato, al semplice aperitivo come passaggio dal lavoro allo svago), sia nella definizione di una cerchia ben definita di attori coinvolti. «I rituali del bere si sviluppano sulla base di norme, valori, strategie ben precise legate allo stare insieme, alla stratificazione sociale, all'automedicazione». Norme ben rispettate all'interno delle diverse tipologie di bevitori che ritornano, sia pure con nomi diversi, a Trento come a Catanzaro (unica differenza riscontrata è la presenza di una dimensione politica nelle categorie osservate a Catanzaro): «La tipologia emersa dai dati rilevati si sviluppa attorno a due categorie centrali - scrive Barnao - La categoria dei "fighetti" e la categoria degli "alla mano". Tra questi due estremi si muovono altre categorie che presentano caratteristiche ed elementi culturali provenienti da entrambe: la categoria dei "poser", delle "donne in carriera", degli "adolescenti"». Diversi i tipi e i modi di consumare alcol, ma per tutti, dice Barnao, «il bere esprime la voglia di comunità che tutti i giovani manifestano nel loro "stare insieme"».

Francesca Polistina


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)