L'ONU dice no alla criminalizzazione dei tossicodipendenti
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Fumare lo spinello o non fumare lo spinello. Questa è la domanda. O almeno una di quelle da cui partono - secondo approcci e modalità diverse - comunità scientifica e mondo politico per cercare soluzioni adeguate al fenomeno della droga. Quello che è certo, stando al rapporto stilato dall' Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (Unodc), è che la repressione nel campo della tossicodipendenza non ha dato i suoi frutti.
A due giorni dalla "Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga", che si terrà venerdì 26 con il fine di accrescere la consapevolezza a livello mondiale sul problema della droga, è stato presentato a Washington il "Rapporto mondiale sulla Droga 2009" dell'Unodc.
Il direttore dell'ufficio dell'Onu deputato a contrastare droga e crimine, Antonio Maria Costa, ha riconosciuto come i controlli troppo rigidi e una repressione troppo dura abbiano scatenato reazioni opposte, generando un mercato della droga che utilizza la violenza e la corruzione per autoregolarsi.
Il direttore dell'Unodoc è stato chiaro nell'affermare come le politiche di contrasto alla droga non debbano mai criminalizzare gli utenti, poiché "le persone che usano droga hanno bisogno di aiuto medico e non di una retribuzione criminale". Allo stesso tempo, però, Antonio Maria Costa è stato altrettanto esplicito nel ribadire che legalizzare la droga sarebbe "un errore storico. Le droghe illegali costituiscono un pericolo per la salute. Ecco perché la droga è, e deve rimanere, controllata "
La posizione delle Nazioni Unite nei confronti del fenomeno droga rassomiglia molto a quella del bastone e della carota: inflessibile contro i grandi cartelli del narcotraffico e più sensibile nei confronti di chi è caduto nella terribile rete della tossicodipendenza. Una "terza via" rispetto a quella della tolleranza zero o della legalizzazione, ben sintetizzata dalle parole di Costa: "la legalizzazione non è una bacchetta magica che sopprime sia l'abuso di droga che le mafie. Le società non possono scegliere tra la tutela della salute pubblica o la pubblica sicurezza: devono fare entrambe le cose".