La cultura del bere non c'entra per niente: osservazioni sullo sballo giovanile
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Carmela Maietta
La cultura del bere non c'entra per niente, è molto difficile che ne abbiano coscienza anche in età adulta: cominciano a
ingurgitare birra per sfizio, perché così fanno tutti, per non essere fuori dal coro. A 14 anni, riferiscono gli esperti, l'
80% di ragazzi prende dimestichezza con la birra: in pizzeria, nel pub, nei locali dove qualsiasi ricorrenza è occasione per
una festicciola. Poi è un crescendo e cambiano le modalità: il wine bar, la discoteca, i raduni, gli eventi, anche quelli
pubblici, fino ai rave party notturni. Ogni momento è buono per ingollare non solo alcolici e superalcolici ma miscugli di
ogni genere dove l'alcol è uno degli ingredienti e dove si annidano grossi rischi, a cominciare da quelli più immediati
legati a incidenti stradali. Un fenomeno che si estende e che vede sempre più abbassarsi l'età dell'iniziazione se è vero che
torme di ragazzini delle medie si incontrano nei locali, come fanno gli adulti, e accompagnano gli stuzzichini con la birra.
E spesso, osserva Stefano Vecchio, responsabile del dipartimento tossicodipendenze dell'Asl Napoli 1 Centro, senza che i
genitori si rendano conto dei diversi pericoli che corrono i figli. Complice anche, si sottolinea, un bombardamento
pubblicitario che alla lunga provoca un risultato insidioso: una sorta di assuefazione al bere senza i limiti che ne possano
definire la normalità. Eccoli dunque, già a 18 anni, intrupparsi nelle discoteche o in altri locali e bere fino a sei o sette
drink, un mix spesso di succhi di frutta e alcol per cui non si ha la percezione del tasso alcolico e si continua a bere. Se
si pensa che con due drink si supera il massimo consentito dal codice della strada ci si rende conto dei valori che si
possono raggiungere, per non parlare, si sottolinea, di specifici cocktail che hanno un tasso decisamente alto. E poi ci sono
le modalità del bere, come a esempio a stomaco vuoto, che possono avere maggiore incidenza di rischio. E un problema da non
sottovalutare, puntualizza lo psicologo Tommaso Pagano che collabora con il dipartimento delle tossicodipendenze, è l'uso
sfidante dell'alcol, consumato con modalità di trasgressione e di sballo e concentrato soprattutto nel weekend, con le
immancabili stragi del sabato sera. E la famiglia? Non deve stare a guardare e rimanere in apprensione nella speranza che non
succeda nulla. La famiglia può e deve fare qualcosa per innescare quei meccanismi che portano alla cultura della moderazione,
trasmettendo almeno le informazioni basilari: parlare del problema senza demonizzare; suggerire di non bere a stomaco vuoto e
non più di due drink, se non altro per non correre il rischio di vedersi togliere la patente; consigliare di non guidare se
si ha il fondato sospetto di avere esagerato perché i riflessi sono appannati; osservare sempre se il ragazzo o la ragazza
siano un po' su di giri al ritorno della discoteca; verificare se qualche piccolo incidente con la moto o l'auto sia da
collegare all'alcol. E sul fronte delle istituzioni dovrebbe partire a breve, per conto del Comune di Napoli, l'Osservatorio
sui nuovi stili di consumo con interventi nei luoghi frequentati dai giovani e campagne di prevenzione e di informazione.