La dipendenza da gioco d'azzardo
cufrad news alologia gap dipendenza
La dipendenza da gioco d'azzardo
Il gioco d'azzardo rischia di diventare la malattia emergente del nuovo millennio. È quanto illustra una campagna informativa
presentata nei giorni scorsi a Roma, secondo cui il giocatore che non riesce a porsi un freno entra in un vortice patologico
in tutto simile a quello che vive un tossicodipendente, rendendo necessario l'intervento di uno specialista.
«Con i circuiti del piacere perennemente stimolati nel nostro cervello da messaggi e sollecitazioni esterne, il gioco d'
azzardo nella modalità patologica e compulsiva rischia di diventare la tossicodipendenza senza assunzione di droga il cui
"sballo" è costituito proprio dalla ritualità, sequenza e comportamenti che ruotano intorno al gioco».
Sorrentino si è soffermato sull'azione della dopamina, un enzima biogeno che il nostro cervello sintetizza naturalmente e che
funge da neurotrasmettitore emozionale: se sovrastimolata essa porta l'individuo a provare sensazioni fuori dall'ordinario,
che, in caso di delusioni, possono sfociare in comportamenti caratterizzati da aggressività e rabbia: «Quando la compulsione,
la patologia al gioco attecchisce nel cervello, quest'organo appare sempre più in affanno perché non riesce, con il
contributo della corteccia prefrontale, a frenare, neutralizzare il desiderio smodato, irresistibile e impulsivo di giocare.
È a questo punto che la persona è in balia del demone del gioco, cioè schiava del piacere e del bisogno di ribadire emozioni
di intensità crescenti da vivere individualmente senza alcun tipo di freno». Come una crisi di astinenza.
Secondo il Centro per lo Studio e la Terapia delle Psicopatologie, sezione Gioco d'Azzardo Patologico, «è bene ricordarsi che
qualsiasi tipo di gioco d'azzardo può sviluppare una dipendenza, esattamente come qualsiasi tipo di bevanda alcolica o di
tabacco». Come curarlo? «Nessuno si reca dal medico se non ha un valido motivo per farlo. La tendenza di una persona
dipendente è quella di negare o minimizzare il problema e credere che "se solo volessi, potrei smettere... domani...". Il
primo compito dello specialista deve essere allora quello di aumentare il livello di motivazione alla terapia con una serie
di colloqui motivazionali. Il passo successivo deve essere la stipula di un contratto terapeutico tra il paziente, la
famiglia e il terapeuta, che comprende un eventuale ricovero, la strutturazione del programma terapeutico (colloqui
individuali, gruppi psicoterapeutici e psicoeducazionali, terapia psicofarmacologica, gruppi per i familiari ecc.) e la
pianificazione del rientro dai debiti, con eventuale assistenza legale. La famiglia deve essere sempre aiutata ad imparare a
conoscere questa particolare malattia e deve essere coinvolta nella gestione terapeutica del paziente». [per approfondire la
questione visitate questa pagina del sito del GAP]
Medicine mirate e un'apposita psicoterapia cognitiva che prevenga la cronicizzazione del disturbo sono dunque le uniche
soluzioni nei casi più acuti. Che, purtroppo, sono in aumento, anche a causa dei messaggi provenienti dai mass media: l'
avvertenza «gioca senza esagerare» che conclude gli spot dedicati a poker, casinò, giochi del lotto, scommesse e gratta &
vinci, evidentemente non basta. Nel nostro Paese, secondo l'azienda autonoma dei Monopoli di Stato, la raccolta complessiva
per i giochi d'azzardo pubblici ha raggiunto nel 2009 quota 54.410 milioni di euro con un incremento, rispetto al 2008 di
6.856 milioni (il 14,4% in più). Latitano, per contro, campagne di informazione in grado di evidenziare i rischi del gioco
d'azzardo: ci auguriamo che la campagna sul gioco responsabile voluta dai Monopoli di Stato rappresenti la prima di una serie
di iniziative per sensibilizzare i giocatori italiani.