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La felicità di plastica: viaggio nel mondo delle tecnodipendenze

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La felicità di plastica

La racchiude in queste due parole Roberto Baiocco, ricercatore del dipartimento di psicologia dell’università La Sapienza, quella sensazione di appagamento che provano i ragazzi giocando online nelle room «le stanze dove convergono coetanei da ogni parte del mondo». Games dove ognuno ha un «potere negoziato e riconosciuto dagli altri, un mondo virtuale che si nutre di se stesso e che può portare all’isolamento sociale», aggiunge Baiocco, autore di diversi studi sull’argomento.

Internet è solo uno dei modi possibili per chi ama giocare con un’interfaccia: consolle, tablet, smartphone e pc, i videogames spopolano ovunque, soprattutto tra gli adolescenti. E le mode si moltiplicano: dalle sfide online alla creazione fino alla possibilità di calarsi nei panni di qualcun altro e non sempre dalla fedina penale pulita.

Demonizzarli, però, «non serve a nulla» aggiunge Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta specializzato in nuove dipendenze, «piuttosto i genitori dovrebbero domandarsi cosa nasconde quel bisogno dei loro figli di passare ore e ore davanti a un pc». Per questo Lavenia ha elaborato un questionario per i suoi giovani pazienti (per lo più dipendenti dai giochi di ruolo) e i loro familiari sul tema. Ma di studi sull’argomento ne sono stati fatti diversi. Una meta-analisi condotta dall’Associazione americana degli psicologi (Apa) guarda agli effetti positivi, dopo anni di studi su “dipendenza, depressione e aggressività” che “non vanno certo ignorati”.

Si è visto che i videogame migliorano le capacità cognitive: orientamento spaziale, ragionamento, memoria e percezione. È la tridimensionalità ad aiutare nell’orientamento, i giochi strategici nel “problem solving”, e quelli violenti danno una spinta alla creatività. Giochi semplici (tipo Angry Birds) portano invece benefici all’umore ed essere battuti in gioco comporta un rafforzamento della capacità di superare le difficoltà anche nella vita. I multiplayer games, che prevedono partecipazioni da qualsiasi posto, infine, creano social-communities, mettendo in discussione l’altro stereotipo: l’isolamento sociale. Studi non solo sui ragazzini. Anche negli over 65, una ricerca (su 681 soggetti, università dello Iowa) dimostra come, in chi aveva giocato per 10 ore a “Road tour”, siano aumentate la capacità mentali. Per Carlo Caltagirone, direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia di Roma non è che un’ulteriore conferma.

«Tre anni fa abbiamo inserito nei percorsi riabilitativi di chi è affetto da Parkinson anche l’uso delle Wii (la consolle di videogiochi, ndr). Nel nostro istituto viene utilizzata con l’aiuto di un terapista. Ma una consolle da sola non basta, per tenere la mente attiva occorre una buona attività sociale»

 

 

(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.repubblica.it/salute/prevenzione/2013/12/17/news/videogiochi_per_evitare_le_tecnopatie_serve_un_timer_per_l_uso-73818090/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)