La prevenzione dei rischi derivanti dall'abuso
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Bevono di più, fuori pasto e con l'intenzione di ubriacarsi, imitando, magari involontariamente, i protagonisti della fiction televisiva.
E' questa la fotografia dei giovani italiani consumatori di alcol scattata dall'Osservatorio su fumo, alcol e droga (Ossfad) dell'Istituto superiore di sanità che ha affrontato, nel corso del workshop "Alcol e prevenzione. Ascoltando i giovani" del 5 giugno, il problema dell'abuso di bevande alcoliche tra la popolazione giovanile.
«Combattere la piaga dell'alcol - dichiara Emanuele Scafato, responsabile alcol dell'Ossfad e direttore del Centro collaborativo dell'OMS per la ricerca e la promozione della salute su alcool e patologie correlate - è uno dei più importanti investimenti sullo salute a medio e lungo termine. Il consumo di alcol tra i giovani, infatti, è un fenomeno preoccupante e in forte incremento a livello internazionale e nazionale».
La cultura del bere, per di più, trova un potente alleato nei media.
«Oltre alla pubblicità diretta delle bevande alcoliche - va avanti Scafato - la televisione e i media propongono il consumo di alcol associandolo frequentemente a situazioni di quotidiana convivialità e a protagonisti con personalità positive contribuendo a normalizzare la cultura del bere».
Secondo i dati del monitoraggio Istat relativi al 2000, il consumo di alcol è notevolmente aumentato tra le giovani generazioni, toccando picchi sorprendenti tra i quattordicenni e le ragazze. Pur con le opportune cautele, è possibile stimare in 300mila maschi e oltre 160mila femmine di età compresa tra i 14 e i 17 anni, il numero dei giovani maggiormente a rischio, in quanto bevitori di amari e liquori, le bevande a più alta gradazione. L'aumento del numero di coloro che abusano, per quanto difficile da stabilire con precisione, è testimoniato dall'elevata frequenza di problemi alcol-correlati.
Il fenomeno, inoltre, risulta sempre più sganciato dal modello culturale "mediterraneo" caratterizzato da consumi moderati e strettamente legati ai pasti e orientato invece verso un modello di consumo "separato", di "binge drinking" (bere per ubriacarsi), di "ponte" o "droga d'accesso" verso l'uso di altre sostanze illegali.
Nell'immaginario collettivo dei giovani, per di più, l'alcol non viene percepito come un fattore di rischio, tutt'altro: il bere viene associato a momenti di gioia e di benessere.
Anche la televisione è complice di quest'atteggiamento.
L'Ossfad ha condotto un'accurata indagine su film e telefilm andati in onda tra il 2000 e il 2001, sulle principali reti televisive nazionali, allo scopo di quantificare la promozione occulta del consumo di alcol nella programmazione dei palinsesti televisivi. E' emerso che l'alcol è presente sullo schermo ogni 13 minuti - il doppio della sigaretta - e che viene sorseggiato da personaggi "positivi", o che comunque risultano simpatici allo spettatore, in un contesto di convivialità e piacere, che ispira benessere e persino concentrazione.
Eppure le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità dicono altro.
Secondo i dati raccolti dall'OMS, infatti, l'alcol è la prima causa di morte tra i giovani uomini europei: un decesso su quattro, tra i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 29 anni, è dovuto al consumo di alcol per un totale di 55mila morti l'anno a causa di incidenti automobilistici, avvelenamento, suicidio indotto dal bisogno di liberarsi dall'alcolismo, omicidi legati allo stesso fenomeno.
Per quanto riguarda l'Italia, la situazione non è meno tragica: su 170mila incidenti stradali che si verificano annualmente sulle nostre strade, 50mila sono attribuibili all'elevato tasso di alcol presente nell'organismo, mentre circa la metà delle 6mila morti causate da tali incidenti riguardano individui giovani. Sono gli alcolici, infine, nel nostro Paese, la principale causa di cirrosi epatica.
Proprio per questo, l'Ossfad ha presentato, nel corso dell'evento, un modello di campagna sociale volta a sensibilizzare, informare e prevenire i rischi conseguenti all'abuso di bevande alcoliche tra i giovani. Si tratta del risultato finale di un'interessante esperienza di ascolto dei giovani realizzata in una sorta di approccio comunicativo "alla pari".
I ricercatori, cioè, si sono lasciati ispirare dai ragazzi stessi: 60 studenti, di differente provenienza regionale e di età compresa tra i 15 e i 25 anni, sono stati divisi in tre focus group. Li hanno ascoltati attentamente, ne hanno accolto le indicazioni e le osservazioni, ne hanno valorizzato le esperienze per poi utilizzarle nell'elaborazione del messaggio.
L'iniziativa intende proporre a Regioni, Comuni, Province e a tutti i soggetti pubblici impegnati nella tutela della salute, strumenti di comunicazione validi (cartelloni, depliant, opuscoli, questionari, siti Internet) che possano raggiungere tutti i luoghi di ritrovo giovanile (scuole, pub, discoteche, concerti) e incidere efficacemente a modificare stili di vita dannosi.