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La rivoluzione del bere, l'alcol come esperienza culturale

La rivoluzione del bere, l'alcol come esperienza culturale

LA RIVOLUZIONE DEL BERE, L'ALCOL COME ESPERIENZA

Un gruppo piemontese di ricerca composto da Eclectica, dall’Università del Piemonte Orientale, dall’Osservatorio Epidemiologico delle Dipendenze della Regione Piemonte e dall’ASL di Novara ha realizzato uno studio esplorativo sull’evoluzione degli stili del bere nelle aree piemontesi di produzione viti-vinicola e in quelle di consumo per evidenziarne i fattori di protezione e quelli di rischio. I risultati del lavoro sono stati pubblicati recentemente nel libro “La rivoluzione del bere, L’alcol come esperienza culturale”, a cura di Franca Beccaria (Carocci Editore).


Sul consumo di alcolici oggi il dibattito pubblico presenta molte contraddizioni. Da un lato la produzione viti-vinicola è ritenuta importantissima per l’economia e la tradizione del nostro paese; un patrimonio economico e culturale da salvaguardare, valorizzare e rilanciare soprattutto in Piemonte con le sue vaste aree produttive. Dall’altro lato, considerando soprattutto gli incidenti stradali e le varie patologie alcol-correlate, troviamo il consumo di alcolici sempre più oggetto di campagne di comunicazione e interventi soprattutto nelle scuole che generano grande allarme sociale.


I provvedimenti e le politiche per contrastare i consumi a rischio di alcolici, solitamente,  rispecchiano queste contraddizioni e sembrano più indirizzate al bisogno di rispondere alle preoccupazioni di un’opinione pubblica allarmata, piuttosto che all’efficacia e alla gestione del problema. Spesso, inoltre, per tali interventi e politiche sono considerati i dati, gli studi e le idee dei paesi anglossassoni e nordici che pubblicano molta letteratura scientifica, ma che in questi casi offrono un punto di vista su contesti nei quali i consumi di alcol, nelle modalità e nelle quantità, sono diversi da quelli italiani.


Studi comparativi (Norström 2002; WHO 2014) hanno evidenziato una minore diffusione di problemi legati all'alcol nei paesi dell'europa meridionale (con un'importante tradizione vinicola) rispetto a quelli nordici, perciò l'ipotesi è che a livello locale possa riproporsi lo stesso fenomeno tra le zone di produzione (anch'esse con un'importante tradizione vinicola) e quelle di solo consumo.


La ricerca è divisa in due parti indipendenti ma correlate:

1) uno studio epidemiologico con i dati dei flussi informativi piemontesi (SDO, ISTAT e PASSI) per confrontare i comportamenti di consumo di alcol, la mortalità e la morbosità alcol correlate delle aree a maggiore produzione vinicola in Piemonte, con le aree a prevalente consumo;
2) uno studio qualitativo all’interno della provincia di Cuneo (81 interviste su un campione di popolazione) per spiegare i cambiamenti avvenuti negli stili del bere e i meccanismi di trasmissione, da una generazione all’altra, della cultura del bere, degli atteggiamenti e delle norme informali nelle aree di produzione e in quelle di consumo;


I risultati mostrano che sebbene nelle aree caratterizzate da maggiore superficie territoriale adibita a viticultura ci siano più consumatori, i comportamenti a rischio per la salute sono minori. I tassi di mortalità associati all’abuso di alcol e i primi ricoveri per patologie alcol-correlate sono più bassi rispetto al resto della regione e ci sono minori probabilità di consumi a rischio (binge drinking, consumo abituale elevato, consumo fuori pasto) con differenze statisticamente significative rispetto al Piemonte (26% vs 33% fra i consumatori di 18-69 anni) soprattutto fra i giovani (37% vs 51%). Le interviste individuali hanno permesso di indagare e approfondire i dati messi in evidenza dallo studio epidemiologico. Vi proponiamo un estratto interessante dei risultati:


“…Gli intervistati riconoscono che vi è stata una riduzione generale dei consumi e la collegano al diffondersi di un orientamento alla qualità che ha modificato le abitudini dei consumatori. Sembra di assistere a un progressivo abbandono del consumo di vino quale parte integrante della dieta quotidiana, a favore di un bere prevalentemente occasionale che resta comunque fortemente legato al cibo, anche se nell’ambito di un modello di consumo che prevede quantità ridotte e pone l’accento sulla qualità e sulle competenze del consumatore. Il consumo di bevande alcoliche, in particolare di vino, è andato sempre più connotandosi come consumo culturale che per essere fruito implica un certo livello di conoscenza e competenze specifiche. Questa tendenza si riscontra anche nei comuni non vitati, ma in maniera più radicata e diffusa nelle aree di produzione. Possiamo ipotizzare che sia questo il motivo per cui il consumo moderato è più diffuso in queste aree e gli effetti negativi del bere sono inferiori: il bevitore diventa competente, un’intenditore di vino che degusta, più che bere, sa riconoscere le proprietà di un vino e sa parlarne. Attraverso un consumo limitato e consapevole perché improntato alla conoscenza, il “bevitore competente” si distingue socialmente e soprattutto funge da modello anche per coloro che non hanno conoscenze specifiche…””


(...omissis...)


Silvano Santoro


copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.dors.it/page.php?idarticolo=2776


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)