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La Rocca: «L'insidia sociale dell'alcol tra i giovani spesso nasce nelle famiglie prima che nei pub»

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«L'insidia sociale dell'alcol tra i giovani spesso nasce nelle famiglie prima che nei pub»
In qualità di membro del direttivo della neonata sezione siciliana della SITD ( Società Italiana Tossicodipendenze), ma anche come operatore

del volontariato (Associazione Regionale dei Club Alcologici Territoriali), le scrivo per un commento relativo all'articolo - i cui contenuti

sono ampiamente condivisibili - apparso martedì sul quotidiano e relativo al bere giovanile. Articoli su questo tema non sono nuovi, ne

escono mediamente due o tre l'anno, tutti concordano che la situazione è grave, ma le soluzioni dove sono ? Quali i correttivi? Chi dovrebbe

farli? E' del tutto inutile lanciare l'allarme se poi in pratica nessuno fa nulla!! Ma andiamo per ordine : un problema che riguarda la

salute e la sicurezza collettiva non è risolvibile con manifestazioni di punta, con anatemi e colpevolizzazioni, misure proibizionistiche

draconiane o convegni più o meno fumosi che servono solo a chi li fa. Il nocciolo fondamentale per poter mettere sotto controllo il bere è

già stato individuato dal volontariato del settore alcologico già oltre venti anni or sono, ripreso dalla stessa Organizzazione Mondiale

della Sanità e dai Piani Europei di riduzione dei consumi promossi dall'Ufficio Europeo dell'OMS. E' ampiamente dimostrato che una

contrazione dei consumi nella fascia dei cosiddetti bevitori moderati (circa l'80% della popolazione) riduce l'incidenza e la prevalenza dei

problemi alcolcorrelati (tra cui l'uso di alcolici nelle fasce giovanili), ma di tale situazione - per la protezione di interessi economi

delle relative lobbie e delle multinazionali - i decisori politici dei vari Stati, compreso il nostro, non intendono prendere atto :

l'interesse è sempre e solo a "curare" chi eccede rispetto ad una aleatoria norma sociale, ma tutti gli altri possono bere. Anzi! Mentre che

ci siamo diciamola tutta... se i bevitori eccessivi entrano in programmi di trattamento o smettono del tutto, come si fa a mantenere elevato il

guadagno? Si allarga la base dei consumatori: i giovani, le donne e non dimentichiamo gli ultra sessantacinquenni, altra emergenza sanitaria

correlata ai consumi molto poco conosciuta. Si paga il prezzo dei circa 40.000 morti l'anno per problemi alcolcorrelati, ma gli interessi in

gioco sono elevatissimi. Politiche concertate che puntino a ridurre i consumi nella fascia dei bevitori moderati porta dei benefici a catena

che nei tempi medi potranno essere sensibilmente visibili, migliorando la qualità della vita e la sicurezza collettiva.
Altro strumento è il controllo delle forze dell'ordine : negli USA se dai una birra ad un minorenne rischi la galera, qui si fa

tranquillamente nessuno protesta; esiste la legge che vieta la somministrazione di alcolici agli under 16, ma i controlli non ci sono.
La riduzione dei punti vendita ormai liberalizzati potrebbe essere un altro strumento di contrasto al fenomeno ( ma ciò dovrebbe essere fatto non solo nei pub ma anche nei market sotto casa..) con il parallelo aumento dei prezzi (metodo già utilmente sperimentato altrove).
Tutto ciò non può essere improvvisato, ma concertato e soprattutto condiviso. La condivisione passa attraverso una presa di coscienza

specifica : pochi sono coscienti che il bere a qualsiasi livello di consumo (ma lo dice l'OMS da tempo che NON esiste un bere privo di

rischi) costituisce un comportamento di rischio per la Salute personale e collettiva. Per cui occorre organizzare l'aggiornamento e la

formazione per larghe fasce di popolazione e sfruttare ove esistono le esperienze ultratrentennali dei Club Alcologici Territoriali che da

anni sono molto avanti su questo problema.
Un'ultima notazione : in questa situazione di discontrollo ci sono responsabilità sia dei decisori politici che di chi si occupa

istituzionalmente della Salute collettiva ; i decisori politici per esempio hanno destinato euro 0 (zero) alle dipendenze nei Piani di Zona

di recente circolati circa il Distretto 16 (anno 2011-2013); nelle nostre ASP siciliane, infine, nessuno ha finora ritenuto utile

centralizzare gli sforzi per contrastare il fenomeno (nonostante un'auspicata creazione di una unita operativa di alcologia provinciale

proposta da un recente decreto dell'Assessorato Regionale alla Sanità) cosa che - a costo praticamente zero - potrebbe migliorare la

situazione attuale proponendo una serie di azioni di sistema tra cui quelle emerse nei tavoli tematici della 328 di Catania per le Dipendenze

(ma che non hanno avuto accoglimento e non hanno ricevuto, almeno finora, nessun finanziamento). Quindi cerchiamo di non essere ipocriti e stracciarci le vesti se i giovani bevono tanto e fanno danni... e ricordiamoci che se è vero dalle statistiche e dai rapporti sull'Alcol dell'ultima relazione al Parlamento che i ragazzi italiani sono i più precoci bevitori d'Europa (agli undici anni il primo bicchiere mediamente ) l'uso sociale , accettato, tradizionale, ecc. inizia non al pub, ma nelle famiglie che sconoscono la pericolosità di perpetuare luoghi comuni e tradizioni ormai obsolete e prive di supporto scientifico. Aspetto repliche per essere smentito.
dr. Giuseppe La Rocca
psichiatra - membro direttivo sezione Sicilia SITD e servitore-insegnante CAT " Rinascita " di Catania


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)