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La storia di Giorgio
di Simonetta Venturin
Giorgio si è perso e non in un bicchiere d'acqua. Si è perso nell'alcol. La sua famiglia oggi è con lui, con lui combatte, trovando la forza

che Giorgio da solo non avrebbe. È una storia semplice, di quelle che sommano piccoli fatti e passo dopo passo, portano molto lontano. Fino

al baratro dell'alcolismo.
Giorgio è un ragazzino come tanti altri: va a scuola, è alle medie, non il più bravo ma va ben oltre la sufficienza. Fa quanto deve, quando

può evita: meglio gli amici. Ha tredici anni, in testa palloni e motorini: chi non è così a quell'età? Poi arriva la pizza della licenza

media: ci vanno tutti alla pizzeria del paese. Giorgio torna con la prima bevuta di birra. Una bravata condivisa da qualcun altro. Si prende

una strigliata. Con qualche giorno di vacanza trascorso blindato in casa tutto è scordato.
Alle superiori continua con la media del sette, qualche volta chiede più soldi, ma sta crescendo, è normale. La mamma confessa: "Lo annusavo temendo le sigarette e magari qualche altro fumo. Ma Giorgio non fumava e io stavo tranquilla". Invece, Giorgio si fa più di qualche birra e comincia ad andare in marina. Al parco tra ragazzi girano bottiglie di vodka lemon... Non lo scoprono, è il primo a rincasare: i suoi hanno un'attività e tornano dopo le otto di sera. Lui ha il tempo di smaltire. Se ciondola lo si crede sfinito per la fine dell'anno scolastico.
Alla cena della maturità esagera tanto, lo rifà a qualche festa, poi quasi ogni sabato sera: ogni uscita una sbronza. Capita che lo

riaccompagnino a casa, neanche si regge. Domeniche bruciate sul divano a ronfare.
Da quando va all'università non lo si controlla più: non torna a casa tutti i fine settimana. Lo vedono magro, nervoso, irascibile. Passano i

mesi e sul libretto non compaiono voti. È intrattabile: lui dice perché studia senza riuscire a concludere niente.
I suoi hanno paura di perderlo questo ragazzo. Ma hanno anche una gran rabbia che monta dentro. E al tempo stesso una incredulità di fondo, che ancora tenta di assolverlo.
Torna l'estate e il bubbone scoppia: Giorgio non fa che dormire di giorno per uscire tutte le sere, tornare all'alba. Passa quasi un altro

anno di lotte e tensioni. Niente funziona più.
Il padre gioca la carta dei soldi: "Ti taglio i viveri se non cambi". E lui cambia: lascia l'università e cerca un lavoretto. È la tragedia:

alla seconda settimana lo perde. Non rispetta l'orario, arriva in visibile stato di alterazione. Torna a casa, riesce la sera. Poi una notte

chiamano dall'ospedale: lo hanno trovato lungo una strada, sfatto. Le analisi scrivono la realtà nero su bianco.
Comincia un percorso forzato: psicologo, astinenza. Anche Giorgio ha preso paura. E soprattutto si vergogna da morire, in paese e con i suoi.

Ci prova davvero, ma non funziona subito.
Ci vogliono un bel po' di false partenze prima di trovare la strada. La trova in una realtà apparentemente semplice, come quella degli

incontri che l'Acat tiene in paese. E invece è una realtà grande: uomini, donne, ragazzi come lui, imbarazzati come lui, fragili come lui.

Nessuno ha tutta la forza necessaria, ma messe insieme le loro fragili volontà non si sommano, si moltiplicano.
I suoi sono chiamati in causa. Non è questione di cura, ma di cultura: tutta la famiglia deve imparare un nuovo stile di vita. "Dicevamo:

stasera si va a scuola" spiega la mamma, sorridendo adesso che il mostro pare domato.
E così tutto è cambiato: il mobile bar ora è un porta riviste, non c'è un goccio d'alcol in tutta la casa, niente brasati al vino rosso,

scaloppine al marsala e risotti sfumati col vino bianco, basta anche con l'aceto di vino.
Tutto si impara. "In casa bevevamo il vino prodotto da mio padre - racconta la mamma -, che come tanti aveva una vignetta per noi di

famiglia. Era il suo passatempo. Abbiamo spiegato che il vino in tavola non si porta più, non si tiene in casa neanche per gli ospiti. Vino e

alcolici per noi non esistono più".
Il nonno è stato grande: senza far proclami ha tolto la vigna, ha cambiato l'abitudine di una vita. Niente spumanti ai compleanni, niente

brindisi di mezzanotte. Neanche quando Giorgio non c'è. Nessun alcolico neppure alle tavolate di famiglia con i parenti, neanche alla sagra

del paese, alle feste di nozze, alla cresima degli altri nipoti. Niente alcol: e da quel niente la vita sta rifiorendo.

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)