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La verità sul vino: dossier di introduzione al dibattito

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Un calice di rosso mantiene giovani? Resta un'ipotesi, tutta da dimostrare


La notizia sembrava una di quelle cui brindare, nel vero senso dalle parola: il resveratrolo, contenuto nel vino rosso, è un potente antiossidante e combatte l'invecchiamento. Finalmente: qualcosa di buono che fa pure bene. E gli studi su salute e resveratrolo si sono moltiplicati nel tempo (i primi risalgono alla fine degli anni '80), ma tra tutti, per gli straordinari risultati positivi che avevano raggiunto, sono emersi quelli di Dipak Das, dell'Università del Connecticut. Poi, mentre il boom resveratrolo raggiungeva il culmine, e uscivano sul mercato integratori e perfino cosmetici a base di questo polifenolo, cominciarono i primi sospetti. Nel 2009, un anonimo accusò Das di aver falsificato i risultati dei suoi studi. L'Università stessa promosse una rigorosa revisione. Risultato: il ricercatore aveva davvero taroccato i dati. Ma, allora il resveratrolo non serve a niente? Dopotutto, Das non era l'unico a studiarne gli effetti: le pubblicazioni scientifiche sono più di 5 mila, Das è responsabile di un centinaio. E se qualcosa di vero nelle presunte proprietà benefiche del resveratrolo ci fosse, basterebbe bere un paio di bicchieri di vino rosso per farne scorta? Chiarisce Renato Bruni, ricercatore in biologia farmaceutica al Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell'Università di Parma: «Attualmente non sono disponibili studi inequivocabili a favore dell'uso del resveratrolo per allungare le prospettive di vita o per prevenire malattie nell'uomo. Ma non ci sono neppure dati contrari sufficienti a sostenere il contrario. Semplicemente, nessuno ha ancora fatto queste ricerche su un numero sufficientemente vasto di persone e per un periodo di tempo abbastanza prolungato».


Anni e anni a parlare di resveratrolo e non si è arrivati a niente? «Molti riscontri positivi sugli effetti di questa sostanza derivano da lavori su colture cellulari o animali, ma il "trasferimento" all'uomo di questi risultati non è automatico. I primi studi clinici - molto più costosi - sono iniziati solo nel 2010. In particolare, nel 2011 è partita un'indagine che durerà 5 anni, finanziata da un'agenzia governativa danese. Lo studio valuterà, in 100 persone, gli effetti del resveratrolo sulle complicanze del sovrappeso. In Spagna si è già conclusa una piccola ricerca - su meno di 100 soggetti - che ha dato risultati positivi: il resveratrolo sembra diminuire gli stati infiammatori nelle patologie cardiovascolari in chi è in cura farmacologica. In un altro piccolo studio, in India, il resveratrolo ha ridotto l'ipertensione e si è visto che ha un ruolo positivo nel controllo della glicemia nel diabete di tipo 2. Stiamo comunque parlando non di un ruolo protettivo sulla popolazione sana in generale, ma di un possibile utilizzo in persone malate».


Resta in sospeso l'altra questione: basta un bicchiere di vino rosso per garantirsi adeguate quantità di resveratrolo? «Assolutamente no. Questa sostanza è stata associata al vino rosso anche per questioni di marketing, ma per assumerne una quantità comparabile a quella suggerita dagli studi seri bisognerebbe bere diversi litri di vino ogni giorno (cosa, ovviamente, da non fare). Tanto è vero che il resveratrolo presente negli integratori è ricavato da una pianta giapponese che ne contiene molto di più del vino o da estratti concentrati ottenuti dalle bucce d'uva rossa».
Daniela Natali


Poco ma buono e all'età giusta Le regole per il vino a tavola
Ma non c'è una «dose» che sia valida per tutti


Bere un po' di vino fa bene o fa male? Domanda delicata ma necessaria, vista la mole di ricerche spesso contraddittorie sul tema: durante l'ultimo congresso della Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare, ad esempio, è stato presentato uno studio italiano secondo cui anche un consumo moderato di alcol potrebbe avere effetti negativi sul cuore di persone con fattori di rischio cardiovascolare; nello stesso periodo sull'European Heart Journal è uscita una ricerca Usa che, al contrario, dimostra come chi sopravvive a un infarto e beve un pochino di vino con regolarità abbia una mortalità più bassa.


La ricerca italiana, condotta da Maria Grazia Modena, docente di cardiologia all'Università di Modena-Reggio Emilia, ha coinvolto 300 uomini e donne che dovevano sottoporsi a una coronarografia perché avevano sintomi cardiaci o fattori di rischio cardiovascolare importanti; indagando il loro consumo di vino, la cardiologa ha scoperto che berne un paio di bicchieri al giorno può aumentare di circa il 15% il rischio di danni alle coronarie. «Si tratta di emiliani, cioè persone che non seguono proprio da vicino i dettami la dieta mediterranea - specifica Modena -. Detto ciò, l'effetto negativo si ha specie in chi ha fattori di rischio cardiovascolare come ipertensione, diabete, fumo, obesità: in questi soggetti, che già hanno una probabilità alta di danni coronarici, l'alcol pare diventare un fattore che moltiplica il rischio di lesioni ai vasi cardiaci. I dati perciò impongono cautela, indicando che le dosi da non superare sono probabilmente un po' inferiori al previsto: nel nostro caso gli effetti deleteri si sono osservati già con 20-30 grammi di alcol anziché con i 40 che l'Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di non superare. Del resto è noto che l'alcol ad alte dosi è dannoso su fegato, vasi e cuore: i risultati del nostro studio confermano che è bene non esagerare, specie se si è avanti con gli anni, si fuma, si soffre di pressione alta, diabete o si ha il colesterolo alto».


Di tutt'altro tenore i dati dello studio americano, in cui sono stati seguiti per 20 anni duemila uomini che avevano avuto un infarto: chi beveva un paio di bicchieri di alcolici al giorno ha visto ridursi del 14% la mortalità generale e del 42% quella per cause cardiovascolari rispetto agli astemi, con effetti più consistenti in chi era un bevitore moderato già prima dell'infarto.
Nei primi mesi del prossimo anno dovrebbe essere pubblicato un documento "di consenso" delle Società scientifiche italiane sulle conseguenze di un consumo moderato di alcol. Nel frattempo però come orientarsi? Quali sono i veri effetti del vino sul cuore?
«Intanto va chiarito che per consumo moderato si intende non superiore ai 40 grammi di alcol al giorno per l'uomo (circa 3 bicchieri di vino) e ai 20-25 nelle donne (2 bicchieri) - spiega Andrea Poli, direttore scientifico della Nutrition Foundation of Italy -. Gli studi indicano che entro questi limiti si possono avere effetti cardiovascolari favorevoli: l'azione dell'etanolo presente negli alcolici dipende per il 60% dall'aumento del colesterolo "buono" HDL, per un 30% dalla riduzione dell'aggregazione delle piastrine e quindi della formazione di trombi e per un 10% dal miglior controllo della glicemia. Esiste una chiara relazione tra dose consumata e risposta osservata ma i dati arrivano da studi di "osservazione" e mai di intervento, per cui è complicato avere la certezza assoluta di un effetto positivo: il profilo cardiovascolare migliore potrebbe in parte dipendere dal fatto che un bevitore moderato è, in media, una persona con un buon stile di vita. Inoltre va detto che l'alcol tende ad aumentare il rischio di ictus emorragici».


Allora, il paradosso francese, secondo cui oltralpe la bassa incidenza di malattie delle coronarie a dispetto del consumo di molti grassi si avrebbe proprio grazie al vino, è una leggenda? «Non esistono prove reali e seguendo lo stesso ragionamento potremmo dire che chi non ama il vino campa di più: i giapponesi, che non lo bevono, hanno l'aspettativa di vita più alta del mondo» interviene Andrea Ghiselli, ricercatore del Centro Ricerche in Agricoltura. «Valutando i dati sulla mortalità in generale, per bilanciare i possibili effetti positivi cardiovascolari con quelli negativi dell'alcol, vediamo che si ottiene una curva a "J": i bevitori moderati muoiono meno degli astemi, i bevitori medi come chi non tocca alcol, i forti bevitori muoiono più di chi non beve - riprende Poli -. Il minimo di mortalità, circa il 20% in meno rispetto agli astemi, si ha per un drink alcolico al giorno: con questa dose evidentemente si ottiene il massimo dai possibili effetti cardiovascolari positivi senza risentire troppo dei danni da alcol».
«Le curve di mortalità vanno valutate anche per età e sesso: negli uomini fino ai 35 anni, ad esempio, il minimo di mortalità si ha con un consumo di alcol pari a zero - riprende Ghiselli -. A 50-60 anni cresce la probabilità di eventi cardiovascolari, così il massimo della "protezione" si ha nell'uomo con 1 bicchiere di vino al giorno, nella donna con 3 alla settimana. Questo perché non tutti siamo uguali di fronte all'alcol».


«Non esiste una raccomandazione univoca, valida per tutti - conferma Poli -. Un uomo con una storia familiare di eventi cardiovascolari che ama concedersi un po' di alcol può farlo, restando nei limiti consigliati (e forse, se astemio, dovrebbe considerarne il consumo); a una donna con familiarità per il tumore al seno raccomanderei invece forse di evitarlo, per mettersi al riparo dall'incremento di rischio di cancro indotto dall'alcol (vedi sotto) che nel suo caso potrebbe "pesare" di più». Così, se in passato molti si sono spinti a dire che il vino fa bene senza troppi distinguo, oggi pare arrivato il momento di una maggiore consapevolezza: «Dovremmo togliere il vino dalla piramide alimentare perché l'alcol, stando anche alla definizione della Federazione delle Società Italiane di Nutrizione, non è un nutriente vero e proprio ma solo un elemento di interesse nutrizionale - osserva Ghiselli -. Bisogna dissetarsi con l'acqua e poi, se piace il vino per esaltare il sapore di certi cibi, meglio berne un bicchiere di quello buono piuttosto che tre di un prodotto scadente».
«Chi è astemio non ha nessun motivo medico per iniziare a bere vino - conferma Carla Favaro, nutrizionista dell'Università di Milano Bicocca -. Anche perché non dobbiamo sottovalutare le calorie che introduciamo attraverso l'alcol: in un bicchiere di vino ce ne sono circa 90 e negli Stati Uniti gli alcolici sono al quinto posto fra gli elementi responsabili di sovrappeso e obesità che, a loro volta, favoriscono lo sviluppo di malattie cardiovascolari e tumori».
«Rinunciare a due bicchieri di vino al giorno significa tagliare circa 1400 calorie alla settimana. In un mese vuol dire perdere quasi un chilo di peso, con un effetto sul rischio cardiovascolare molto più consistente rispetto a quello, ipotetico, del bicchiere di vino» conclude Ghiselli.
Elena Meli

 

Conta la quantità di etanolo, non il tipo di bevanda alcolica
Certezze sul no assoluto durante gravidanza e allattamento


Sgombriamo il campo dagli equivoci : «Gli effetti del vino, nel bene e nel male, dipendono dall'etanolo e non da altri ingredienti. Attribuire presunte virtù del vino al resveratrolo, che peraltro si trova in quantità ben maggiori altrove, è insensato così come dire che il vino rosso è meglio del bianco. Vino, birra, superalcolici agiscono tutti allo stesso modo». Il nutrizionista Andrea Ghiselli, ricercatore del Centro Ricerche in Agricoltura, è netto: «In Italia si parla di vino perché fa parte delle nostre tradizioni, ma per gli effetti sulla salute ciò che conta è l'alcol e poco altro. Certo, esistono differenze: il vino, e in parte la birra, vengono considerati "alimenti" con cui si accompagna un pasto, per cui già in partenza l'atteggiamento è in genere di maggior moderazione - continua Ghiselli -. Il consumo di vino, rispetto a quello di birra, si associa di solito a un ceto sociale più elevato: ciò però non significa che il vino sia "meglio", ma solo che chi lo preferisce è in media più attento alla salute. I superalcolici, infine, provocano lesioni maggiori alla bocca e all'esofago, perché in poco liquido si concentra molto alcol e ciò può danneggiare i tessuti durante il passaggio verso lo stomaco. Fatte salve queste distinzioni, però, conta la dose di etanolo». Uno studio pubblicato sulla rivista BMJ Open, tuttavia, sottolinea che gli effetti dipendono anche da come, quando e chi beve: l'alcol fuori dai pasti viene assorbito più velocemente e quindi "dà alla testa" con maggior facilità; bere molto tutto insieme è più pericoloso di un consumo minimo ma costante. E poi, soprattutto, c'è molta differenza se a bere un bicchiere di vino è un adulto, un ragazzino o un anziano. Fra gli over 65, ad esempio, il consumo di alcolici è leggermente in crescita stando agli ultimi dati ISTAT, ma gli anziani dovrebbero andarci piano: il loro fegato è meno capace di smaltire l'alcol e sono più probabili interazioni con i farmaci. «In alcune condizioni poi il livello accettabile di alcol dovrebbe essere pari a zero» osserva Andrea Poli, direttore della Nutrition Foundation of Italy. «Non dovrebbero bere infatti le donne durante gravidanza e allattamento e i minori di 18 anni». L'invito è stato accolto nei giorni scorsi anche in un emendamento al decreto Sanità, che stabilisce il divieto di vendere alcolici ai minorenni.
«Non deve bere chiunque debba guidare o utilizzare macchinari rischiosi. La fase più pericolosa non è infatti l'ubriachezza manifesta: basta poco alcol per avere una riduzione delle capacità visive e dei riflessi, che può mettere a repentaglio la sicurezza propria e altrui - aggiunge Ghiselli -. Anche assumere farmaci o essere sovrappeso sono condizioni in cui gli alcolici andrebbero sconsigliati, per le possibili interazioni e per le calorie che apportano. Di fatto quindi sono poche le persone che potrebbero davvero permettersi di bere». «La convinzione purtroppo radicata ma più pericolosa - continua Ghiselli - è che un bicchierino di vino in gravidanza non faccia male. L'alcol si distribuisce subito nel liquido amniotico: è come mettere sotto spirito il feto, con conseguenze che possono essere molto negative per il suo sviluppo cerebrale».


Altra categoria a rischio, i giovanissimi: nel nostro Paese 2 under 15 su 5 hanno già assaggiato un bicchiere di vino perché spesso il primo oste è un genitore, che portando in tavola la bottiglia non disdegna di darne un sorso ai figli. «La nostra cultura è permeata dall'idea che il vino sia un prodotto sacro della terra - interviene Enrico Baraldi, medico e autore assieme ad Alessandro Sbarbada dei libri "Vino e bufale" e "La casta del vino" -. Bisognerebbe aumentare l'informazione, spiegare che gli incidenti sul lavoro o in auto sono spesso legati al bere, che l'alcol è cancerogeno. In Francia sulle bottiglie di alcolici c'è il simbolo che indica il divieto di consumo alle donne incinte, da noi no, perché?».


Va detto che le abitudini degli italiani sono per fortuna cambiate negli ultimi 30-40 anni, come spiega l'epidemiologo Carlo La Vecchia: «L'Italia fino agli anni '70 era fra i Paesi europei dove si beveva di più, oggi è fra i più "moderati". È successo dopo lo scandalo del vino al metanolo, ma anche per il cambiamento degli stili di vita: oggi nessuno o quasi può permettersi di bere a pranzo, così si beve meno, scegliendo prodotti di miglior qualità». Non sembra quindi necessario buttarsi sul proibizionismo, anche perché la storia insegna che spesso ottiene l'effetto opposto a quello desiderato. «La strategia giusta è la corretta informazione: non esaltare troppo i presunti benefici né tacere i rischi connessi al bere, per quanto con moderazione. Io stesso non sono astemio: bevo poco vino ma lo scelgo molto buono, perché credo valga la pena "spendere" un po' della mia salute solo se in cambio ho un grande piacere. Dopo, però, non guido mai» conclude Baraldi.
E. M.

 

Più alto il rischio di tumore alla mammella


Una recente revisione italiana su oltre 100 studi e più di 120 mila donne ha confermato che l'alcol aumenta il pericolo di tumore al seno. Con 1 bicchiere di alcolico al giorno il rischio sale del 5%, con 3 aumenta del 50%; l'effetto è consistente specie per i tumori al seno sensibili agli estrogeni, nei quali l'azione negativa dell'alcol è 2 volte più evidente. Carlo La Vecchia, dell'Istituto Mario Negri di Milano e coordinatore della ricerca, spiega: «Dando per buono l'ipotetico effetto positivo del consumo moderato di alcol sul rischio cardiovascolare, questo inizia a manifestarsi soltanto nelle donne di età superiore ai 55, 60 anni; prima di quell'età si può dire che le donne non traggono vantaggi dagli alcolici, anzi». L'alcol etilico ha effetti pro-tumorali diretti anche e soprattutto sui tessuti della bocca e delle prime vie digestive: specie i superalcolici, che in poco liquido concentrano una gran quantità di alcol, facilitano la comparsa di tumori a bocca ed esofago. «Il tumore del cavo orale è un pericolo soprattutto per chi fuma, per cui in questi soggetti sarebbe opportuna un pò di cautela supplementare con le bevande alcoliche - dice La Vecchia -. Detto questo, l'incremento della probabilità di tumore è relativamente basso se ci si mantiene al di sotto di un consumo pari a 1 bicchiere di vino al giorno nelle donne, 2 negli uomini: queste dosi sembrano prive di rischi considerevoli per la salute». «L'etanolo è implicato in circa 12 tumori e 60 patologie, il 10% della spesa ospedaliera è dovuto all'alcol - interviene Enrico Baraldi, coautore dei libri "Vino e bufale" e "La casta del vino" -. Per di più nell'organismo viene trasformato in acetaldeide, un composto tossico: prodotti alimentari che la contengano in quantità simile a quanta se ne produce dopo un paio di bicchieri di vino non sarebbero vendibili in Paesi come il Regno Unito. L'etanolo è, dopo la nicotina, il secondo cancerogeno per importanza che è possibile evitare».
E. M.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)