La voglia di farla finita dopo il ritiro di patente: l'alcol sempre di mezzo
La voglia di farla finita dopo il ritiro di patente: l’alcol sempre di mezzo
La difficoltà di aiutare chi è a rischio
Dal 1997 registrati 26 suicidi, 16 legati all'alcol. Nel 2010 6 casi
Di Lorenzo Borselli
Un altro giovane si è tolto la vita dopo aver subito il ritiro di patente: è il sesto suicidio del 2010. Dunque, il
campanellino d'allarme che l'Asaps ha deciso di suonare sul numero 140 della sua rivista ufficiale Il Centauro (giugno 2010)
dimostra che ancora una volta si era visto giusto. Non diciamo questo per semplice piaggeria, ma perché la piega che sta
prendendo questa moda, fin tropo diffusa, di considerare l'alcol solo un problema stradale, non ci piace affatto. Vediamo la
cronaca: a Trento, un ragazzo di 24 anni che la stampa locale definisce "normale, una vita normale", viene fermato dai
Carabinieri la sera del suo stesso compleanno, che aveva festeggiato con gli amici. I militari lo fanno soffiare
nell'etilometro e il responso è chiaro: ebbrezza, con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l. Patente ritirata, auto
affidata al soccorso stradale e denuncia a piede libero. Non vuole che nessuno lo vada a prendere: scrive un biglietto di
scuse ai familiari, lo mette nel portafogli e poi lascia tutto in una cassetta della posta. Poi aspetta il treno 104 della
ferrovia Trento-Malé e si lancia sotto il locomotore. La stampa locale esprime dubbi sulle ragioni di questo drammatico
gesto, ma poi si legge - tra le righe - che in passato altre due volte era incorso nella stessa sanzione. Non vogliamo
esprimere certezze, ma solo il ragionevole dubbio che l'alcol, per questa ennesima vittima della strada, sia stato il vero
killer. Avere un problema di alcolismo, non vuol dire necessariamente essere un barbone, che vive ai margini della società,
dormendo sotto i cartoni sulle panchine della stazione o nei garage di un supermercato. No. Significa spesso capire di avere
un problema di alcolismo solo quando scopri che quel piacere nel trangugiare un bicchiere dopo l'altro è divenuta dipendenza.
E, badate, essere sorpreso tre volte in 6 anni di patente, ha il suo peso. Dal 1997 l'Asaps ha osservato ben 26 suicidi
successivi al ritiro di patente, con un'impennata degli ultimi due anni (6 episodi nel solo 2010), da quando cioè la guerra
alla trasgressione stradale si è fatta più dura o da quando, se volete, è iniziato il processo collettivo di trasformazione
della coscienza dell'italiano sulla strada: in 16 casi il ritiro di patente era legato all'ebbrezza alcolica, nessuno alla
velocità. In 3 casi le motivazioni sono ascrivibili a patologie psichiatriche, all'uso di droga e alla bocciatura in sede di
conseguimento di patente. 2 gli eventi collegabili al rimorso per quanto accaduto. Quello che vogliamo dire, con la serenità
di chi ritiene l'etilometro un'arma formidabile al servizio della collettività, è che - forse - è necessario aggiustare il
tiro. Perché crediamo sia ingiusto considerare una persona che guida in stato di ebbrezza un criminale tout court. È ovvio
che chi ha problemi di dipendenza debba essere seguito e curato e indotto a ripensare il futuro che lo aspetta, da persona
privata del diritto di condurre un veicolo, come ad un percorso terapeutico. Di fronte ad un'ebbrezza contestata, si deve far
capire che si è operato nella salvaguardia stessa della persona, la quale, però, è troppo spesso trattata come un delinquente
comune, soggetta a tutte le onte di un processo penale, ai percorsi infernali necessari al recupero della patente, senza che,
però, si risolva il problema principale: il bicchiere sempre pieno. Chiamatelo calice o boccale, la sostanza non cambia.
Ultimamente ci è capitato di leggere, in alcuni souvenir di una zona famosa nel mondo per la produzione di una bevanda
alcolica (non vogliamo dire né di quale bevanda si tratti né di quale luogo) questa frase "l'alcol uccide lentamente: beh, io
non ho alcuna fretta". Si vede che questo ragazzo non la pensava così. E, per piacere, non tirate in ballo l'etilometro.
(ASAPS)