Lavori socialmente utili per abusatori pentiti: si allarga l'esercito dei volontari per forza
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Si allarga l'esercito dei volontari per forza
Alcuni dei lavoratori «forzati» restano anche alla fine della pena
PAOLA ITALIANO
Sono 640 i torinesi sanzionati nel 2010 per guida sotto effetto di alcol o stupefacenti. Erano 709 due anni fa e 561 nel 2008. Da luglio 2010
il nuovo codice della strada vieta il consumo di alcol a chi guida per professione, neopatentati e chi ha meno di 21 anni; per gli altri il
limite è di 0,5 grammi al litro. Ma c'è un'alternativa all'arresto per chi ha più di 1,5 di tasso alcolemico: i lavori di pubblica utilità.
Si possono svolgere con gli enti pubblici territoriali e le organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato individuati attraverso
apposite convenzioni stipulate dal ministero della Giustizia o dal Presidente del tribunale.
Da volontari «forzati» - in cerca di una scappatoia per non avere la fedina penale sporca - a collaboratori impegnati, ben felici di
continuare a dare una mano. La nuova risorsa per molte associazioni di volontariato sono i guidatori sorpresi al volante in stato di
ebbrezza. Costretti ai lavori socialmente utili per evitare il carcere, alcuni di loro non si limitano a concludere le ore stabilite dal
giudice, ma decidono di continuare l'impegno.
Il fenomeno è in crescita costante da un anno a questa parte: da quando, cioè, sono previste misure alternative alla detenzione anche per gli automobilisti che hanno alzato troppo il gomito prima di mettersi al volante, provvedimento che ha creato un vero e proprio boom di richieste, visto l'inasprimento delle pene.
Luigi Bodini è un fioraio in pensione ed è ormai a pieno titolo nell'organico del Co.s.p.i. di Moncalieri, associazione di volontari di
protezione civile. Lui stesso cercò il presidente Marco De Michelis quando, sorpreso con un tasso alcolico superiore ai limiti di legge, capì
che l'unico modo per scampare a pene più serie era quello di prestare il servizio volontario. Fino ad allora, incontrava spesso De Michelis
alla bocciofila che entrambi frequentano. «Ci conoscevamo appena - dice oggi Boldini - e sapevo solo che lavorava in qualche associazione.
Quando ho avuto i miei guai, mi è venuto in mente che forse potevo rivolgermi a lui per scontare le ore di volontariato». Arrivato a febbraio
con l'intenzione di archiviare la pratica in fretta, non se n'è più andato.
«C'è chi svolge il servizio di malavoglia - spiega De Michelis - ed è chiaro che non vede l'ora di finire, chi se ne va e non torna più. Ma
c'è anche qualcuno che ritorna, solo ogni tanto oppure in pianta stabile, come Luigi. E meno male, perché da fare ce n'è sempre e trovare
nuovi volontari è più difficile da quando è sparito il servizio militare di leva, e quindi anche il servizio civile per gli obiettori».
Il Co.s.pi. è intervenuto nelle alluvioni in Piemonte del 1994 e del 2000, ma anche nel terremoto in Umbria del 1997 e in quello in Abruzzo
del 2009. Ma, oltre alle emergenze, c'è un parco mezzi di una ventina di veicoli che necessitano di manutenzione costante, dalle draghe alle
autoscale, per essere pronti all'uso. C'è poi l'attività ordinaria, fatta di servizi di sicurezza alle manifestazioni di piazza o di
rimozione di alveari. Nel capannone di frazione Tetti Piatti ci sono anche le ambulanze dell'associazione Croce San Giovanni, presieduta da
Liliana «Yogi» Borgogno, e anche per dare una mano nel trasporto dei pazienti il personale non è mai abbastanza e nuovi volontari sono sempre benvenuti.
La nuova linfa sono i volontari «forzati». Il Co.s.pi. è una delle associazioni, una trentina circa, che hanno preso parte agli incontri di
luglio organizzati dal centro di servizio per il volontariato Idea Solidale con personale del tribunale di Torino per cercare di organizzare
in modo più sistematico l'accesso alle pene alternative e mettere ordine nella materia, con un elenco preciso dei gruppi che possono offrire
questo servizio. Il frutto degli incontri è un protocollo, ormai quasi pronto, in cui si precisano i criteri che le associazioni devono
seguire per avere l'affidamento dei nuovi volontari, e come si debbano comportare con loro: in che forma si eserciti, ad esempio, il
controllo sul comportamento del «condannato», per evitare che la possibilità data dalla legge non sia solo una scappatoia per furbetti
impenitenti, ma una reale «espiazione».
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)