Le droghe si possono dominare? Dibattito aperto
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Le droghe si possono dominare? Dibattito aperto
Grazia Zuffa
Pubblichiamo uno stralcio del libro "Cocaina. Il consumo controllato" (Edizioni Gruppo Abele). L'autrice, psicologa e
psicoterapeuta, componente del Comitato scientifico sulle dipendenze presso il Ministero della Solidarietà sociale e del
Comitato nazionale di Bioetica, offre una prospettiva teorica alternativa al "farmacocentrismo".
Per capire come e perché alcuni consumatori avevano perso il controllo sull'uso di droga, avrei dovuto affrontare la
questione fondamentale del perché e di come molti altri riescono a raggiungerlo e a mantenerlo»: con queste parole Norman
Zinberg spiegava negli anni Ottanta le ragioni che lo spingevano ad intraprendere gli studi sull'uso "controllato", inteso
come non intensivo e non dipendente di droghe illegali. Lo psichiatra statunitense, docente all'università di Harvard, aveva
l'idea che si potessero (e si dovessero) studiare i consumi di droghe illegali partendo dal punto di vista con cui si guarda
all'uso della più popolare sostanza psicoattiva legale, l'alcol. Nelle società occidentali, è sotto gli occhi di tutti che la
maggioranza dei consumatori di alcol usa le bevande "in maniera controllata", così come è sotto gli occhi di tutti il fatto
che una minoranza di consumatori adotta modelli meno controllati, se non intensivi e "dipendenti". L'originalità di Norman
Zinberg è di accostarsi allo studio del consumo di droga senza pregiudizialmente associarlo alla dipendenza, ipotizzando che
anche per le droghe illegali, come per l'alcol, esista una larga varietà di modelli di consumo fra gli individui e fra i
gruppi sociali; e che non esista un solo percorso di sviluppo del consumo nel tempo, la progressione o escalation verso la
dipendenza (con il progressivo aumento delle dosi e della frequenza). Un modo, quello di Zinberg, di "equiparare droghe
legali e illegali", come si usa dire oggi.
Forme di autocontrollo
Era allora (e in gran parte lo è ancora) una prospettiva inusuale, poiché nella nostra cultura la parola "droga" richiama il
termine dipendenza. In quanto sostanze psicotrope capaci di indurre dipendenza, le droghe sono considerate sostanze
"incontrollabili". Dunque, i termini "droga" e "controllo" sono difficili da conciliare, se per controllo s'intende la
capacità dei consumatori di "dominare" le droghe. Piuttosto, è ben radicata l'idea contraria: è la droga ad impossessarsi
della vita dell'individuo fino a dominarlo, facendogli compiere azioni che non vorrebbe compiere oppure spingendolo a
trascurare compiti cui invece vorrebbe adempiere. La droga attenta al libero arbitrio, o - come si dice - induce una
"malattia della volontà": supporre che chi usa droghe possa esercitare forme di autocontrollo sul proprio consumo si presenta
perciò come una contraddizione in termini.
Come è evidente, l'immagine sociale dell'alcol e delle droghe illegali è profondamente differente: il consumo controllato di
alcol così come i meccanismi di controllo informale che la maggioranza dei bevitori esercita sono socialmente visibili. Ad
esempio, la regola (denominata anche "prescrizione sociale") di non bere durante le ore di lavoro o nel corso di un'attività
impegnativa è alla portata di tutti ed è universalmente ritenuta valida. È anche profondamente interiorizzata, tanto che chi
non vi si attiene è consapevole di mettere in atto una trasgressione. Detto altrimenti, esiste un sapere diffuso sull'alcol:
intendendo con ciò la conoscenza sui vari tipi di bevande, sulle quantità e le occasioni appropriate per bere; e, di
converso, la conoscenza sui tipi di bevande particolarmente rischiosi, sulle quantità eccessive, sulle occasioni
inappropriate per il bere.
Questo sapere sociale alimenta la credenza che i rischi dell'alcol non necessariamente si traducano in danni, almeno non per
tutti; gli individui che decidono di iniziare la carriera di consumatore di alcol condividono questa credenza e nutrono l'
aspettativa di controllare il proprio consumo di alcol. Quanto sin qui detto può essere tradotto in termini teorici. Il
consumo di droghe, alla pari di quello di alcol, non può essere spiegato solo con le caratteristiche chimiche delle sostanze
psicoattive. Entrano in gioco variabili psicologiche, come le credenze e le aspettative dei consumatori circa gli effetti
delle sostanze e circa la loro capacità/incapacità di usarle senza che queste compromettano e interferiscano con la
quotidianità; e variabili sociali e ambientali, quali i rituali e le "regole d'uso"(il cosiddetto setting). I rituali possono
essere definiti come le modalità di utilizzo "socialmente raccomandate". I rituali, insieme alle prescrizioni o regole d'uso
sociali, rappresentano una sorta di "guida" all'uso più sicuro delle sostanze.
Ai tempi di Zinberg, la ricerca (così come l'immagine sociale) delle droghe era (e lo è tuttora) viziata di
"farmacocentrismo": intendendo con ciò l'eccessiva enfasi sulle caratteristiche chimiche delle sostanze, trascurando altre
componenti, come la psicologia del consumatore, ma soprattutto il setting, con i suoi controlli sociali. Da qui lo sforzo di
riequilibrare la prospettiva teorica, concentrandosi sui rituali e le regole d'uso; e di sviluppare la ricerca, cercando di
individuare campioni di consumatori "non intensivi" e "non dipendenti", per capire quali forme di controllo siano in grado di
sviluppare e quanto siano efficaci.
L'ipotesi eretica
Da allora, le ricerche sul consumo controllato si sono sviluppate, nonostante l'ipotesi "eretica" di partenza. In
particolare, esiste una larga letteratura sull'uso di cocaina con studi condotti in diversi paesi, dagli Stati Uniti, all'
Olanda, al Belgio, di recente anche in Italia: questi mostrano i meccanismi di regolazione sociale e di autoregolazione che
la gran parte dei consumatori mettono in atto per far sì che la sostanza non comprometta le attività quotidiane che danno
senso alla loro vita. A volte il percorso non è lineare, e alcuni attraversano periodi di consumo più intensivo e di
diminuito controllo: ma, come molte altre attività umane, anche l'uso "non interferente" di droga è frutto di un processo di
apprendimento. Sulla scia di Howard Becker e del suo famoso Come si diventa consumatore di marjuana, gli studi mostrano "come
si diventa consumatori controllati di cocaina".
Esistono però anche oggi importanti differenze fra l'alcol e le droghe illegali: a parte quella più macroscopica dal punto di
vista della salute (la scarsa o nulla sicurezza delle droghe vendute sul mercato clandestino), si osserva che i controlli che
i consumatori mettono in atto sulle droghe illegali sono socialmente invisibili, perché "invisibili" sono i consumatori
stessi, che hanno tutto da perdere dal venire allo scoperto se non vogliono incappare nello stigma del "drogato"(oltre che
nelle sanzioni previste dalla legge). Sono certamente più visibili i consumatori problematici che si rivolgono ai servizi
per le dipendenze: spesso solo la gravità dei problemi li spinge a fare il passo, quando ritengono che la designazione di
"affetto da dipendenza" sia diventata il male minore. Ciò comporta una maggiore difficoltà per il ricercatore che voglia
cogliere i consumatori nel loro setting (o ambiente) naturale.
Al tempo stesso, aumenta, o dovrebbe aumentare, l'interesse a studiare questo spaccato "sommerso" del consumo per le
conoscenze preziose che offre. Ad esempio, si potrebbe scoprire come circola il "sapere" sulle droghe illegali, considerato
che non può avere cittadinanza nella cultura ufficiale in ragione della proibizione; come si potrebbero confrontare le
peculiarità dei controlli delle droghe, che fanno parte di una cultura "sotterranea", rispetto a quelli dell'alcol, che
appartengono alla cultura "ufficiale". Con ogni evidenza, questa ricerca apre un campo promettente di applicazione nel campo
della sanità pubblica: chi, nonostante la proibizione, decide comunque di usare droghe, quali opportunità ha di accedere alle
conoscenze utili per un uso meno rischioso e più controllato?
Ancora, si può ipotizzare un'influenza negativa sulla psicologia del consumatore dell'immagine sociale delle droghe quali
sostanze "incontrollabili": se è vero, com'è vero, che la convinzione del consumatore di "dominare" la sostanza predice la
sua effettiva capacità di tenere il consumo sotto controllo (e viceversa). Sono temi di cruciale interesse per coloro che
operano nell'ambito delle dipendenze, tanto per sfatare il mito che la ricerca sui modelli d'uso di droga nei setting
naturali sia di solo interesse dei sociologi.