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Le folli notti della movida italiana

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Le folli notti della movida italiana


Il divertimento divide il Paese. I comitati di 40 città italiane si sono riuniti in un coordinamento per chiedere la fine di uno svago che regole e orari faticano a tenere sotto controllo. L'esaperazione dei residenti nei quartieri dove è diventato impossibile dormire è alle stelle, ma i giovani rivendicano il diritto a vivere la città anche di notte. Nel vuoto di proposte e nella giungla di divieti e limiti, l'Italia si scopre con locali inadatti ma dai prezzi esorbitanti, centri storici degradati e pesanti spese per ripulire le montagne di bottiglie e rifiuti


Torino, balli e bevute dove regnava il riposo

di GABRIELE GUCCIONE
TORINO - Una notte di molti anni fa, un professore universitario, ospite in casa di Gianni Agnelli, notò dalla collina le grandi chiazze di buio che si allargavano sul reticolato di strade sotto il suo sguardo: "Sono le nove e la città sembra già addormentata" osservò. "Lascia che riposino" ammonì paterno l'Avvocato. In quella Torino "spenta" le famiglie rispettabili cenavano alla sette di sera: era la città fabbrica dei 130mila operai Fiat che smontavano e rimontavano senza sosta il turno alla catena di montaggio. Sui banconi dei bar cittadini non risuonava ancora il tonfo sordo degli "shottini" e quella parola spagnola non si sapeva cosa stesse a significare.


Movida armata. "Movida", per i comitati dei residenti sul piede di guerra c'è solo quella che hanno chiamato "malamovida". È l'oggetto del contendere tra il novello "popolo della notte", quello della città alla rincorsa di una nuova vocazione meno "grigia", e il popolo ridesto di quella Torino del "lascia che riposino", nel momento in cui la Fiat si appresta ogni giorno a diventare un ricordo. Alla fine in Comune e in Prefettura ci si è dovuti inventare la "ronda della movida" per proclamare una tregua, seppure armata, tra i contendenti, quelli che vogliono il silenzio del riposo e quelli che che vogliono le urla della festa. Ha fatto la sua comparsa nelle notti dell'ultimo fine settimana, per le strade del quartiere San Salvario, cuore pulsante delle notti torinesi. È il cosiddetto "pattuglione": polizia, carabinieri, guardia di finanza e vigili urbani a caccia fino all'alba dei "cattivi" della movida, tra urlatori e schiamazzatori. Esercenti, residenti, politici e amministratori hanno accettato la tregua. A marzo era stato addirittura l'arcivescovo Cesare Nosiglia a invocarla, dopo una capatina ai locali del sabato sera: "Il diritto al riposo va rispettato" aveva detto dal pulpito.


Dalla Mole la crociata. E forse non è un caso che dalla Torino dell'understatement sabaudo che si coniuga nell'espressione dialettale "esageruma nen" ("non esageriamo") sia partita la crociata contro la movida. Ad averla predicata per anni, dal suo balcone con vista, da un lato sulla Mole, dall'altro sulla gozzoviglia delle notti di piazza Vittorio, altra zona infuocata della "Torino da bere", è stata l'ex libraia Simonetta Chierici. "Ho visto fiumane di folla urlante, schiamazzante, presa a bottigliate, ragazzi crollare per terra e presi a calci fino alle 3, alle 4 del mattino" denuncia come in un urlo ginsbergheriano. "È la degenerazione, un male". Da questa capo popolo con un passato da intellettuale militante di sinistra, che più di quattro anni fa ha cominciato a registrare dall'alto e ad annotare sul taccuino le malefatte della movida, aggiornando un bollettino spedito ad ogni notte fonda via mail a migliaia di condannati alla veglia forzata, si è sparso per lo Stivale il verbo antimovida ed è nato a febbraio il Coordinamento nazionale dei comitati antimovida selvaggia che riunisce rappresentanti di 25 città diverse. Hanno pure fatto appello al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché si opponga alla depenalizzazione del reato di disturbo della quiete pubblica.


"Qui sotto no, piuttosto in carcere". Torino è la città dove la movida è costata un'inchiesta della magistratura, innescata dalle denunce dei residenti, all'ex sindaco e oggi presidente della Regione, Sergio Chiamparino. Alla fine le accuse di aver favorito i locali notturni dei Murazzi, i vecchi depositi delle barche in riva al Po, per non aver riscosso i salati affitti che questi dovevano al Comune, è stata archiviata dagli stessi pm. Per un ex assessore e per i massimi dirigenti comunali di allora i magistrati hanno chiesto invece il rinvio a giudizio per abuso d'ufficio e, ormai da due anni, hanno decretato la chiusura dei locali, spegnendo la culla dove la città cominciò a sognare la sua movida e provocando, per contro, la deportazione del popolo della notte in altri quartieri. San Salvario e Vanchiglia si sono congestionati, e i locali moltiplicati senza fine. L'amministrazione comunale ha cercato di bloccare le nuova aperture, ma ha dovuto arrendersi di fronte alle liberalizzazioni. Si cercano soluzioni alternative adesso, come quella proposta da Confesercenti di spostare la movida in zone periferiche o in fabbriche abbandonate, per esempio - è una delle ipotesi  -  all'interno delle ex carceri "Nuove", dove il rumore non darebbe fastidio a nessuno.


Incentivi al trasloco. Non potrà accadere dall'oggi al domani, ma intanto il Comune, stabilendo un limite all'apertura di nuovi locali sotto i 50 metri quadri (contro il rischio che la gente si accalchi per strada), ha previsto incentivi e sconti per quei gestori che vorranno aprire nuove attività in zone meno battute, ad esempio all'interno della Galleria Umberto I e a Porta Palazzo, lontano dalle orecchie dei residenti. "Saremmo favorevoli - ammette la leader antimovida Chierici - ma per i locali è sempre questione di soldi e i soldi si fanno nelle piazze centrali, non in periferia". È dell'altra settimana la testimonianza choc di un farmacista di San Salvario, che ha denunciato lo strapotere nelle zone di movida dei pusher, ormai pronti a farsi avanti per offrire protezione ai negozianti. Incontrandolo il sindaco Piero Fassino ha promesso agli antimovida che firmerà un'ordinanza, avversata dai commercianti, per chiudere i locali un'ora prima, alle 2 anziché alle 3. È solo l'ultimo atto della contesa. "Dobbiamo garantire il diritto al riposo - ha detto - È una nostra responsabilità". Lascia che riposino.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2014/07/10/news/la_movida_della_discordia-91218876/#torino,


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)