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Le soglie di consumo alcolico

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 Le soglie di consumo alcolico


Da giovanissimi il nostro organismo non è in grado di digerire l’alcol perché manca l’ADH (alcol deidrogenasi), l’enzima che permette la metabolizzazione dell’alcol in circolo nell’organismo e la cui efficacia si manifesta completamente solo intorno ai 21 anni. Quindi, fino a 21 anni non si deve bere. Dopo questa età vale invece la regola 0-1-2: per portare a zero un bicchiere di bevande alcoliche bisogna attendere almeno 2 ore. Ma cosa sono le soglie di consumo alcolico?


In base alle evidenze disponibili, non è possibile definire una soglia di consumo alcolico sicuro né tanto meno raccomandabile a livello di popolazione. Dal punto di vista della sanità pubblica, è opportuno cercare di stabilire soglie di consumo, differenziate per categorie e modalità di assunzione, che comportino un impatto sulla salute non sfavorevole o comunque modesto. Le ricerche epidemiologiche ed i sistemi di sorveglianza possono così calibrare i propri strumenti di indagine (questionari, piani di analisi, elaborazioni statistiche) al fine di studiare e monitorare, in modo il più possibile contestualizzato, i comportamenti che costituiscono un maggior rischio per la salute.


Un modello valido di questo approccio sono le Australian guidelines to reduce health risks from drinking alcohol, elaborate da una commissione multidisciplinare, che ha definito tali soglie usando come criterio principale la probabilità di morte nell’arco della vita, dovuta al consumo alcolico. La commissione ha giudicato accettabile un valore inferiore all’1%, argomentando che la soglia è stata posta ad un livello relativamente elevato, perché si tratta di un comportamento scelto volontariamente dalle persone, e non imposto dall’esterno. Per fare un paragone, il rischio cumulativo di morire in un incidente del traffico per un guidatore che percorre circa 15.000 Km all’anno negli USA è stato calcolato intorno all’1,5%. Si può aggiungere che altre componenti nutrizionali, presenti nell’alimentazione quotidiana nei paesi sviluppati (grassi saturi, carni rossi e conservate, ecc.), provocano per esposizione cronica l’insorgenza di malattie cardiovascolari e tumori, a partire da quantità giornaliere molto limitate, per cui anche livelli di consumo modesti comportano un apprezzabile rischio per la salute.Poiché la completa abolizione dalla dieta di tali alimenti appare irrealistica, si pone anche per essi il problema di una definizione di soglie di rischio.

 
Il concetto di rischio accettabile serve, quindi, a formulare indicazioni di massima per il comportamento delle persone, rendendole più consapevoli dei rischi che corrono, tenendo presente che a livello individuale le probabilità di subire effetti dannosi, a parità di consumo,  possono variare anche molto e che le persone possono avere una diversa percezione della gravità delle conseguenze dei propri comportamenti sulla salute. Ai fini della sorveglianza, questa variabilità individuale ha minore importanza, perché l’obiettivo non è misurare accuratamente l’entità complessiva del rischio, bensì ottenere una stima (anche approssimativa, ma riproducibile e confrontabile) della diffusione dei comportamenti a maggior rischio nella popolazione. La commissione australiana riconosce esplicitamente aspetti opinabili nelle procedure adottate per la valutazione del rischio, ad esempio l’aver escluso dai calcoli il possibile effetto protettivo di un consumo alcolico moderato sulla mortalità.


Per alcune situazioni, le soglie di consumo sono state stabilite adottando criteri diversi dalla probabilità di morte della persona che assume alcol, ad esempio il rischio di provocare danni a terzi ed alla società (più difficili da quantificare), o il rischio complessivo di eventi sfavorevoli (lesioni, ospedalizzazione, ecc.) indipendentemente dalla mortalità. A tal proposito, va ribadito che ogni decisione su una materia così complessa deve necessariamente basarsi su un compromesso tra esigenze e considerazioni contrastanti ed ha perciò una componente di discrezionalità. Il pregio di queste linee guida è che la procedura di elaborazione è documentata, razionale e trasparente, per cui le raccomandazioni possono essere analizzate, criticate ed eventualmente rielaborate per adattarle ad altri contesti. Le conclusioni a cui giungono le LLGG australiane sono in gran parte sovrapponibili a quelle di altre istituzioni sanitarie (ad es. CDC) anche se non del tutto coincidenti, ad esempio riguardo alle soglie per definire il consumo a rischio nei due sessi. A tal proposito si può osservare che la scelta dei valori soglia da adottare per un sistema di sorveglianza, come Passi, deve tener conto anche della confrontabilità dei risultati, con altri paesi e con i dati raccolti in passato.


Per ulteriori informazioni: http://www.epicentro.iss.it/passi/rapporto2011/indicatori%20alcol/IndicatoriAlcol2011_sezI.pdf


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)