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News di Alcologia

Lettera della associazione ALIA

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ALIA - consorzio di società scientifiche, associazioni e di singoli cittadini senza legami con soggetti commerciali per la promozione ed il consolidamento della cultura di prevenzione e riduzione dei rischi e dei danni causati dal consumo di bevande alcoliche.
Gentilissimi,
una serie di recenti evidenze rese pubbliche dal settore della produzione propongono una visione positiva o quanto meno non allarmante del fenomeno alcol in Italia. Donne, giovani, l'intera popolazione mostrerebbe secondo tali dati una tendenza complessivamente apprezzabile, di autoregolamentazione degli eccessi e non tale da destare preoccupazioni o necessità di intervento da parte dei decisori politici e degli organismi o istituzioni competenti. Sulla base di dette acquisizioni sembra consolidarsi la tendenza a ritenere non necessario il rigore nelle politiche su alcol e guida, sull'età minima legale e così via. Sembra, anzi, prevalente, un approccio orientato ad evitare il rafforzamento delle politiche di controllo sull'alcol che avrebbero, in particolare, lo svantaggio di provocare un impatto economico-finanziario negativo su uno dei prodotti leader della bilancia commerciale nazionale con significative ripercussione sulle aziende produttive e sull'indotto (marketing, distribuzione, ecc.).
Per chi opera nel settore della ricerca e della prevenzione sarebbe splendido potersi permettere il lusso di fare valutazioni così ottimistiche e, per coerenza, l'Alleanza Italiana Alcol - ALIA, preso atto di risultati così incoraggianti, potrebbe tranquillamente sciogliersi!
Ma l'Italia, purtroppo, ha oggi ben altri problemi in relazione all'alcol.
Da anni ISTAT, Istituto Superiore di Sanità e INRAN registrano livelli crescenti di consumi a rischio di alcol. Le indagini e le elaborazioni decennali sui dati ufficiali relativi a più di 60.000 individui hanno dimostrato che nessuna fascia di età è immune dal rischio alcol correlato che rappresenta la prima causa di morte tra i giovani, minori inclusi, e tra le principali cause di morbilità degli ultra65enni.
Le valutazioni dell'Osservatorio Nazionale Alcol dell'ISS dimostrano senza ombra di dubbio che ogni generazione ha in Italia le sue bevande di maggior rischio. Il vino, ad esempio, è la bevanda che in assoluto è maggiormente responsabile del rischio alcol correlato negli ultra65enni e gli adulti; la birra e gli aperitivi alcolici, i breezer, gli alcopops per i minori e gli adolescenti; i superalcolici, invece, rappresentano i prodotti per i quali si registrano i massimi investimenti pubblicitari e che contribuiscono in un ottica di policonsumo frequentissima tra i bevitori al consumo rischioso e dannoso di alcol che caratterizza il modello seguito da circa 9 milioni di italiani di tutte le età, di cui 1.500.000 giovani.
Basta leggere, infatti, la Relazione al Parlamento del Ministro del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali o i continui richiami della Consulta Nazionale Alcol o la Relazione annuale sulle Tossicodipendenze per farsi un idea un po' più articolata rispetto a quella suscitata dalle ricerche condotte o commissionate dal mondo della produzione che hanno, peraltro la macroscopica evidenza della "non tracciabilità" dei dati o delle metodologia utilizzate per redigere gli studi suddetti.
Difficilmente queste ricerche sono rese integralmente di pubblico dominio sui siti web come si conviene a ricerche di interesse pubblico che si propongono di rappresentare affidabili elementi di giudizio per le politiche sull'alcol in Italia. I dati contenuti, ad esempio, non si esprimono e non danno valutazioni, come si dovrebbe, sull'incremento esponenziale del fenomeno alcoldipendenza e dei ricoveri ospedalieri alcol correlati, degli oltre 25.000 morti l'anno e dell'elevato carico di malattia alcolcorrelata in Italia.
Non è possibile formulare alcun giudizio sulla validità di tali studi di settore in quanto presentati ad una ristretta e selezionata platea di invitati, con singolare esclusione dei rappresentanti del settore che si interessano di prevenzione e promozione della salute, sottraendo qualunque possibilità di contraddittorio che contraddistingue le modalità proprie di interazione nella comunità scientifica, per definizione indipendente.

Sarebbe splendido anche per chi si occupa di salute potersi permettere il lusso di godere per poche ore dell'attenzione e della sensibilità contemporanea di tutti i Ministri che svolgono un ruolo centrale nel processo di decision-making. E' chiaro, perché ne siamo convinti, che, comunque, come già avvenuto in precedenza in analoghe circostanze, i rappresentanti delle istituzioni sapranno manifestare l'indipendenza di giudizio e la coerenza indispensabili per portare avanti con convinzione gli impegnativi programmi governativi come "Guadagnare salute" e il Piano Nazionale Alcol e Salute che richiamano la necessità e l'urgenza, soprattutto per i più fragili, i più vulnerabili come i giovani, i minori e gli adolescenti, le donne, gli anziani di una indispensabile ed esplicita valorizzazione delle risorse e delle competenze dell'intero settore di tutela di salute pubblica che ispira il proprio mandato e la propria vocazione ad un approccio che l'OMS privilegia come contributo virtuosamente ed opportunamente lontano da interessi commerciali nell'interesse centrale del diritto alla salute e al benessere della persona.
Minimizzare l'impatto della terza causa di disabilità, mortalità prematura e malattia cronica non giova e, soprattutto, non contribuisce a ridurre gli elevati costi tangibili ed intangibili delle patologie e dei problemi alcol correlati che vede nelle giovani generazioni il target di popolazione in cui il germe della dipendenza alcolica comincia già da oggi a far intravedere ulteriori tristi primati di cui la società non sente oggettivamente la necessità.
L'abuso, il consumo rischioso e dannoso di alcol è esperienza quotidiana, comune, non un fenomeno di nicchia da svelare con i sondaggi: è, piuttosto, un fenomeno da monitorizzare e contrastare.
Bere è un piacere e allo stesso tempo una responsabilità che necessita di una educazione, di una cultura tutta da costruire in Italia. E' necessario un enorme sforzo collettivo che deve poter recuperare quanto di buono può esistere nel concetto e nel modello della moderazione, accuratamente definita, socialmente privilegiata, virtuosamente praticata.
Compromessi, rispetto ad un approccio di costante integrazione di norme e di programmi di prevenzione, non ve ne sono e non ve ne possono essere se si persegue come finalità il benessere della collettività.
Il coinvolgimento familiare è centrale ma è un coinvolgimento che và sostenuto da politiche adeguate e che possano, in futuro, far brillare l'Italia per l'impegno, per i progetti, per i risultati e per una cultura del bere affrancata dagli eccessi.
Questa è una lunga strada, complessa: sicuramente una valutazione semplicistica del problema non favorisce la vera sicurezza dei cittadini.
Siamo disponibili ad un confronto dove si possano mettere in evidenza le diverse opinioni ma, alla fine deve emergere l'obiettivo della salute pubblica.
Si può, ad esempio, discutere sull'uso dei termini (come ha anche sottolineato il Ministro Zaia) e sul concetto di limite, ignoto anche alla maggior parte di quanti esprimono opinioni rispettabilissime, ma non basate sull'evidenza scientifica.
A nostro avviso sarebbe utile, tanto per utilizzare alcune valutazioni del ministro, cambiare il concetto di "guida in stato di ebbrezza" con quello di "stato di inabilitazione alla guida", assai più appropriato e non sottoposto a resistenze culturali.
"Essere ebbro" è altro dal concetto di "individuo a rischio" per sé stesso e per gli altri; la maggioranza della popolazione non si identifica, giustamente, con lo stereotipo dell'ubriaco, ma si indigna rispetto agli effetti che fanno dell'alcol il killer numero uno dei giovani italiani.
E' indispensabile e urgente, a parere di tutte le componenti che confluiscono in ALIA, introdurre il concetto di abilità fisica e psichica alla guida, concetto maggiormente utile, chiaro ed accettabile anche per le campagne di prevenzione che è indispensabile accompagnino l'introduzione di nuove norme specifiche. Concetto più appropriato ma che ha la sicura conseguenza di sostenere che non si deve guidare quando si consuma alcol, in quanto è evidenza la ridotta capacità di azione e concentrazione.
Per questa ed altre considerazioni riteniamo che si debba affrontare la problematica con soluzioni strutturali che devono tener conto della complessità del nostro sistema: non si tratta di avviare crociate contro i produttori o gli esercenti, non si tratta di imporre stili di vita bensì di agire secondo il principio di precauzione. Occorre assumere un approccio di valorizzazione e di costante esercizio delle competenze e delle responsabilità superando la logica delle convenienze e fornendo alternative valide, capaci di dare un rinnovata prospettiva ad uno stile e ad un modello del bere che sappia interpretare le esigenze della collettività di standard di salute e sicurezza più elevati.
Per queste ragioni vorremmo poter analizzare e discutere insieme dei risultati di ogni ricerca scientifica, senza preclusione e per formulare proposte percorribili basate sulla necessità di
raggiungere più elevati livelli di protezione per gli italiani e le italiane. La nostra disponibilità, in tal senso, è totale
Spetta ai decisori politici assicurare la governance del sistema: non sempre, anche in tempi di crisi, appare conveniente sottovalutare i costi che derivano dalla sottovalutazione dei rischi connessi all'uso o al consumo dannoso e rischioso di bevande alcoliche, tutte, nessuna esclusa.
Cordiali saluti
Firenze, 19 maggio 2009
Per l'associazione Prof. Valentino Patussi