Lettera ricevuta dalla Pubblica Informazione dell'Al-Anon
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Sono una figlia adulta di alcolista.
Oggi mia madre è sobria da diversi anni, però, ho trascorso gran parte della mia vita da "orfana" perché a lei non interessava nulla al di fuori dell'alcool.
La lunga convivenza con l'alcolismo ha portato nel mio cuore tanta rabbia, astio, rancore, vergogna, impotenza tanto che l'unico sentimento reale di cui sono stata capace per tanti anni è stato odio, odio per la vita direi, per la mia vita, la quale è trascorsa, nel tempo, contando le bottiglie vuote bevute da mia madre, insultandola ed espiando colpe non mie.
Il famigliare dell'alcolista, infatti, si sente impotente, frustrato; le sue azioni e i suoi pensieri sono permeati sempre e soltanto dall'alcool: non si sa più cosa vuol dire stare in compagnia di amici perché si teme che l'alcolista possa rovinare la festa, si assumono responsabilità che non sono proprie per evitare guai peggiori, ci si nasconde davanti a tutto e a tutti perché si prova vergogna, non si può parlare con nessuno di quello che ci sta capitando perché si sa che troveremo solo derisione o pietismo.
Il giorno che ho augurato a mia madre di morire, ho capito di aver toccato veramente il fondo. Dovevo fare qualcosa ed ho incontrato Al-Anon.
Ho frequentato settimanalmente le riunioni, ho letto la ricca letteratura, ho condiviso con gli altri membri la mia esperienza.
Al-Anon mi ha insegnato a mettere in atto il programma di recupero basato sui Dodici Passi per ritrovare la serenità perduta.
Sarò sempre una figlia di alcolista, ma grazie Al-Anon, oggi, ho finalmente trovato gli strumenti non solo per sopravvivere, ma per vivere degnamente la vita come essa merita.