Lo “Stato” di ebbrezza: sbagliati gli sconti sulle patenti
Lo �Stato� di ebbrezza: sbagliati gli sconti sulle patenti
Nel Veneto ci sono persone a cui è stata ritirata la patente per aver guidato a quasi duecento all'ora e che hanno nondimeno dichiarato che un paio di bicchieri prima di guidare non sono pericolosi. Anzi fanno parte della tradizione locale. Che va rispettata, al contrario delle leggi nazionali che invece ci si sforza di rendere tolleranti, lasche e in definitiva poco rispettate. Infatti è stata appena approvata la norma secondo la quale chi ha subito il ritiro della patente, può comunque guidare per tre ore al giorno. Molti veneti concordano e sono perciò ben rappresentati in Regione e in Parlamento. Propagandando queste idee di tolleranza per se stessi e intolleranza per tutti gli altri, si acquisisce il consenso degli ignoranti e si procede verso l'inciviltà. I giornali non cessano di riportare su persone uccise da guidatori ubriachi o che guidano a velocità eccessive. Né si spende una parola di tolleranza e nemmeno di pietà per gli «assassini» che (soprattutto se stranieri) si vorrebbero mandare alla forca senza processo. Anche se non avevano alcuna intenzione di fare danni, ma hanno avuto la sfortuna che la loro stupidità, ignoranza, superficialità - e magari anche la cultura veneta «che un paio di bicchieri e magari tre in fondo fa parte della tradizione» - li ha messi nella condizione di uccidere innocenti. Se fossimo in un paese serio, con una vera cultura della legalità e del rischio, sarebbe opportuno considerare le attenuanti di coloro che per loro sfortuna e stupidità uccidono alla guida, ma allo stesso tempo punire con pari severità i potenziali assassini più fortunati, ma né meno ubriachi o veloci che vengono fermati in tempo. La mancanza di cultura del rischio e della legalità comporta che, non solo per essi ci sia tolleranza, ma addirittura si facciano delle leggi o delle estemporanee dichiarazioni che vanificano anni sensibilizzazione ai rischi della strada. Ieri sera, dopo aver cenato sono rientrato a casa guidando cinque chilometri. Avevo bevuto non più di due bicchieri, ma temevo che non avrei passato, sia pure di un nulla, il test se mi avessero fermato.
Poiché sono conscio dei rischi che corro se guido anche avendo bevuto anche un solo bicchiere, ho guidato lentamente facendo grande attenzione per due motivi: l'uno per non incorrere in rischi per me e gli altri; l'altro più ipocrita, di non dare nell'occhio a un'eventuale pattuglia della stradale. Un poco mi vergogno di aver (forse) trasgredito la legge, ma il mio comportamento prudente alla guida è stato dovuto anche alla convinzione - trasmessami da anni di campagne contro i rischi stradali - che (forse) non ero in grado di guidare e che stavo correndo dei rischi. Questa lenta presa di coscienza dei rischi è vanificata quando qualcuno li sottovaluta pubblicamente, attenua le pene per i potenziali assassini (salvo poi inveire su quei pochi che senza volere davvero uccidono), preferisce vendere vino e tirare voti piuttosto che educare ai pericoli in nome di una deteriore tradizione di alcolismo. E si perpetrano ingiustizie nei casi eclatanti, tollerando i fortunati che hanno solo sfiorato le stragi.