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Loro bevono, noi li ignoriamo: il dramma dell'alcol venduto ai ragazzini

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Loro bevono, noi li ignoriamo
L'alcol venduto ai ragazzini è un problema sempre più urgente. Ma nessuno sembra in grado di fissare delle regole
di Fabrizio Brancoli


«Prima i ragazzi di 13 anni vivevano di peluche e figurine, ora vivono di sesso e alcol». Lo leggo su twitter, è il messaggio scritto da un ragazzino che si fa chiamare Papumme e che ha appena terminato la terza media. Ha tredici anni, pure lui. Si è fatto fotografare con un pupazzo giallo, ha i capelli scarruffati come un mare in tempesta.


Prima di archiviare quelle parole come insignificanti - tentazione sempre in agguato - leggo il suo mini profilo sullo schermo del mio computer. Sul social network conta 1.058 followers: vuol dire che quando scrive una cosa, è come se parlasse in un piccolo palasport pieno di gente o in 2-3 chiese delle nostre città, anch'esse piene, all'omelia di Natale. Non è il caso di fare i fenomeni e di ignorare Papumme.


Il messaggio sull'alcol e sulle figurine non è uno scoop: è una constatazione semplice e lineare. Bevono, fanno sesso, fumano, non necessariamente in quest'ordine; soprattutto bevono. È qualcosa che tutti gli adulti sanno, ma spesso senza volerlo sapere. In Italia l'impatto minorile con l'alcol avviene prima che in ogni altro paese europeo (11-13 anni, con quote significative) ed è in continua crescita la percentuale degli adolescenti (si chiamano ancora così, vero?) che beve con regolarità; secondo una relazione del Ministero della Sanità illustrata alle Camere, in un anno, siamo passati dal 44 al 54%. Quindi gli ex bambini che si ubriacano - o che bevono rischiando di ubriacarsi, cosa che in questo contesto non fa grande differenza - hanno la maggioranza assoluta, ora. A me pare un dato spaventoso.


E sul sito del ministero, nelle stesse pagine che raccontano questa emergenza sociale, si legge che l'Italia è uno dei pochi paesi del mondo a non aver vietato la vendita di alcolici a chi ha meno di 16 o 18 anni. Altri paladini del liberismo alcolico minorile sono Albania, Armenia, Guinea Bissau, Togo, Serbia, Cambogia.


Siccome tutti sono stati figli e molti sono genitori, la cosiddetta società, in qualche sua parte, ha tentato di armarsi contro questa urgenza: molti supermercati di grande distribuzione, per esempio, rifiutano lodevolmente di vendere alcol ai ragazzini. Hanno deciso di farsi da soli il divieto, visto che lo Stato, che pure per altri versi appare così moralista, bigotto e condizionato dal cattolicesimo, non provvedeva. Ma non può bastare.


Mi chiedo: che cosa ci è successo? Perché non siamo in grado di fissare una regola semplice, come quella che vieta di vendere vodka e whisky a un quattordicenne? Ci penso, e si fanno strada alcune possibili risposte; ma nessuna mi piace. Che si tratti di pressioni lobbistiche legate al commercio di bottiglie e lattine, oppure di pigrizia istituzionale, di burocrazia parlamentare o di cadute di governi, conclusioni anticipate delle legislature, business dei locali notturni, nessuna mi piace. Nessuna.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)