Lotta all’abuso di alcol. C’è bisogno di formazione
Lotta all’abuso di alcol. C’è bisogno di formazione
Gentile Direttore,
innanzitutto voglio complimentarmi con la testata per l’interessante articolo pubblicato il 14.05.2021 sull’alcool (Aumentano i consumi e tra i giovani è ormai cronico il binge drinking e con pandemia boom home delivery) in occasione della Relazione Alcool 2020 del Ministero. All’esaustivo articolo voglio solo aggiungere la sindrome alcool fetale (FAS), su cui è complicato fornire dati epidemiologici e quindi dare cifre verosimili, poiché non esistono ricerche attendibili che misurano prevalenza e incidenza. E qui la prima osservazione, è possibile che in un paese che si colloca tra i primi del mondo non siamo in grado di avere un sistema di sorveglianza della sindrome e come al solito dobbiamo ricorrere ad altri paesi europei e agli Stati Uniti, dove si stima una percentuale che varia 0.4 e 1,8 ogni 1000 nati vivi. Già questo la dice lunga, di come è gestito il problema alcool in Italia.
Spese queste poche parole sulla FAS e come detto che l’articolo descrive ampiamente i vari problemi, voglio concentrarmi sulla citata legge 125 del marzo 2001, pubblicata il 8-04-2001 che nell’occasione viene citata dal nostro Ministro della Salute.
Credo che poche leggi, si possono paragonare alla testé citata per mancata applicabilità. Se facciamo una disamina della legge, ci rendiamo conto che a distanza di 20 anni dei 16 articoli della legge, pochissimi hanno trovato applicazione e per non essere negativo cito che la legge prevede ogni anno la pubblicazione della Relazione da cui prende spunto l’articolo di Quotidiano Sanità e il nostro.
E’ vero che la legge introdotta il 08. 04.2001, ha dovuto fare i conti con la modifica Costituzionale del titolo V sopravvenuta di lì a pochi mesi (08/11/2001), che demandava alle regioni l’organizzazione della Sanità e ritengo che la mancata applicazione sia in larga parte dovuta proprio a tale fattore. Ogni Regione si è organizzata (o meglio dire non si è) in modo diverso e i risultati, sotto gli occhi di tutti, come sottolineato dall’articolo su quotidiano sanità.
Un paese civile fa le leggi e la fa rispettare, ma purtroppo, nel nostro paese spesso accade che le dinamiche con cui si fanno le cose sfuggono a qualsiasi logica. Per fare un esempio su tutti, della inapplicabilità, mi riferisco all’anno 2016, dove noi come Società Scientifica ci imbarcammo in un’impresa impossibile (che poi si è rilevata tale).
Inviammo una lettera a tutti gli Atenei italiani (nelle persone dei Presidenti dei Corsi di Laurea), dove chiedevamo di applicare l’art. 5 comma 1 della legge 125, che prevede di inserire l’Alcologia nei vari insegnamenti Universitari, considerato che l’attuale ordinamento è molto carente perché così come strutturato non è efficace, in quanto la disciplina necessita di un trattamento a parte, data la sua molteplice problematicità. Riteniamo che questa sia una battaglia di civiltà e di scienza.
Ricordo che alle nostre ripetute sollecitazioni, ben pochi Atenei, risposero dando la Loro disponibilità. L’Università di Trieste nella persona del Prof. Carretta, l’Università di Bari "Aldo Moro" nella persona del Prof. Antonio Moschetta e l’Università di Firenze nella persona del Prof. Prisco diedero massima disponibilità. Poi ci fu consigliato di rivolgerci all’allora Presidente del CUN e fortunatamente, (ma non credo che l’avverbio sia opportuno), all’epoca per fatalità ricevemmo come SITD un invito dall’On. Gian Luigi Gigli ad un Convegno alla Camera dei Deputati "Cinque anni di riforma universitaria: considerazioni e proposte", quale occasione era più propizia per perorare la nostra iniziativa.
Purtroppo, devo dire con rammarico e delusione, il Presidente del CUN liquidò la richiesta asserendo che l’insegnamento di Alcologia era previsto nell’esame di Psichiatria (MED25). Ma le cose non stanno esattamente così e infatti da una nostra ricerca risulta che laddove la sensibilità è maggiore, l’insegnamento è inserito con una disparità sconcertante. Infatti, in alcuni Atenei è collocata in Med/25, in altri Med/26, Med/05, Med/38 e così via. Noi riteniamo che la formazione durante il corso di Laurea sia molto importante e infatti numerosi dati della letteratura internazionale riportano, per esempio, che i medici di medicina generale possono svolgere un ruolo importante nel prevenire la dipendenza da alcool (Fleming et al., 2002). Essi possono intercettare una fascia di pazienti a rischio e indirizzarli ai Dipartimenti delle Dipendenze (Unità di Alcologia e Ser. D.).
In questo particolare target la diagnosi e il trattamento precoce del consumo eccessivo di alcool rappresenta un momento molto importante. Tale intervento può interrompere il circuito progressivo di questi soggetti verso la dipendenza e l’alcolismo cronico. Ciò oltre a migliorare lo stato di salute individuale e il benessere delle famiglie, produce (Stella et al., 2016), un notevole risparmio dei costi.
(...omissis...)
Luigi Stella MD, PhD
Presidente Nazionale Società
Italiana Tossicodipendenze (SITD)
Bibliografia
Fleming MF, Mundt MP, French MT, Manwell LB, Stauffacher EA, Barry KL. Brief physician advice for problem drinkers: long-term efficacy and benefit-cost analysis.
Alcohol Clin Exp Res.;26 (1):36-43, 2002.
National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA). Helping Patients Who Drink Too Much, 2005.
Stella L., Armenante C., Di Donato L., D’Ambra A., Loffreda A., Papilio C., Rinaldini, V., Guarino G., Leone A., Scala G., Guida F., Marabese I, De Cicco D., Sorrentino M. G., Montesano F.; de Novellis V. Collaborazione con i Medici di Medicina Generale (MMMG) nel trattamento del disturbo da uso di alcool Medicina delle Dipendenze, Italian Journal of the Addiction, 24, 40, 2016.
copia integrale del testo si può trovare al seguente link: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=95627
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)